Oho so girlish! Biscotti per mami

Ultimamente le settimane mi scorrono fra le dita veloci, veloci. Oggi Miss Lea è una pupa di due mesi, ma la sottoscritta ha un tale affollamento di idee e progetti per la testa che fatica a distinguere le otto settimane che sono passate. Se potessi esperimere un desiderio per la prossima festa (sì, pure la mia che ormai sono bis:-)) è di avere la possibilità di andare lenta, accarezzare i momenti senza la sensazione di non riuscire pienamente a fotografarli. Ci ho pensato negli ultimi sette giorni, trascorsi all’isola, con la prima immersione di mare e l’ebbrezza di sentirmi l’estate addosso. 

Ho adorato il cielo così terso, un azzurro che non vedevo da tempo, le spiagge deserte e i fiori sparsi ovunque. E poi le corse di Alice dietro ai gabbiani e il battesimo di Lea con l’acqua di mare. Gli aperitivi in terrazzo a quattro (ognuno ovviamente a modo suo) e una totale atmosfera "pink", perché ormai siamo in tre e Lui a resistere, ogni tanto:-). 

Nella mia lista "girlish" un’abbuffata di fragole, sarde doc, tra le variazioni quelle di Arborea hanno scalato la nostra personalissima classifica.

I fiori "fuchssssia", come li chiama Alice, disseminati tra terra e mare, in questa stagione, a La Maddalena.

Il loro sfondo migliore? Ovviamente dipinto di blu.

Ho ricominciato a fotografare, con Lea posizionata nel marsupio. Era impossibile resistere all’assalto di luce.

Il ritmo lento, cadenzato solo dall’andare  e venire dei traghetti, mi ha aiutato a concentrarmi su cose piccole, quasi banali, che poi però il ricordo rende uniche, speciali. 

Possono essere incontri fortuiti, sorprendenti agli occhi di chi trova per la prima volta. Come la stella e Alice.

Oppure di chi si ritrova, come la sottoscritta e il gabbiano, sempre in bilico fra terra e aria, veloce a volare sotto le gocce di pioggia. 

L’occhio si ritrova a osservare particolari che nella fretta avrebbe degnato di uno sguardo veloce. E ritrova gli stessi giorno dopo giorno, felice di tanta abitudine. 

Saranno queste sensazioni, i colori, o forse le due pupe, per la festa che verrà ho sfornato biscotti che a vederli paiono più per la casa delle bambole che per la tazza di tè delle cinque.

Sono pink, sono girlish e hanno il profumo delle rose.

La ricetta si ispira molto, ma molto, alla lontana ai biscotti di Reims, per via del colore rosa. Il mio infatti è un impasto dalla consistenza della frolla, per via del fatto che volevo poterli ritagliare alla forma di vestitino. Ho utilizzato olio al posto del burro, per un risultato più leggero.

Per il colore rosa, oltre a metterci dello sciroppo di rose, ho usato dello zucchero rosa acquistato mesi fa nel weekend parigino, aromatizzato alla vaniglia.

Infine ho trasformato i biscotti in una sorta di "pink lolli pops" con degli stecchi di legno.

Il risultato? So chic!

Ingredienti

150 g di farina

100 g di farina di riso

50 g di farina di mandorle

120 g di zucchero rosa (oppure zucchero bianco e colorante rosa naturale, ad esempio alla barbabietola)

semi di vaniglia

1 pizzico di cremor tartaro e lievito

1 uovo e 1 tuorlo

2 cucchiai di sciroppo alla rosa

80 ml di olio di mais o semi delicato

 

Procediemento

Mescolate insieme gli ingredienti secchi, unite l’uovo e il tuorlo, quindi l’olio e lo sciroppo di rosa. Dovete ottenere un composto omogeneo, lavorabile a mano. Avvolgete la palla in una pellicola e posizionate in frigo per 20 minuti. Ritirate e stendete, quindi ritagliate i biscotti. Posizionate delicatamente all’interno del biscotto uno stecco di legno, partite dal centro della base e arriva quasi al centro. 

Cuocete in forno a 175° per 10-15 minuti. Decorate con una glassa a base di zucchero a velo, un goccio di limone e un goccio di acqua e, se a disposizione, con penne colorate alimentari.  

 

 

La tatin del dì di festa

E’ diventata la tatin della domenica, del tutto simile nella parte superiore al dolce rovesciato, morbido e soffice invece per l’impasto. Una sorta di ibrido, facile, facile da fare, studiato su misura per Alice. Il primo esperimento è stato solitario, in uno di quei risvegli di prima mattina, causa "panza" (a proposito pare che qui qualcuno proprio non ne voglia sapere di essere puntuale).
Volevo preparare un dolce, subito pronto per la colazione di Lui e la pupa, da mangiare tiepido e dalla consistenza "tortosa" che all’Aliciotta piace sempre. 

Ho avuto ragione, per di più nelle divagazioni successive mi ha sempre accompagnato la pupa nella preparazione. E così è nata la nostra "tatin eretica".

 

Che cosa apprezzo? La rapidità di esecuzione e la bellezza luminosa appena

sfornata, subito e senza compromessi di tempo. 

In questo periodo in cui non ho molta voglia di trascorrere lungo tempo ai fornelli, un must rimane però quello del dolce. Una sorta di coccola per me e per gli altri. E il bello è che potete modificarla in due o tre ingredienti pur mantenendo la base, senza grosse difficoltà.

Io ho utilizzato frutta di stagione: pere e mele, cambiando poi le note abbinate, una volta gocce di cioccolato fondente e cannella, un’altra volta uvetta, chiodi di garafono, anice e pinoli. E infine quella della foto, dove ho aromatizzato la copertura di pere, affettate finemente,  con una granella composta da scorza di limone, mandorle e zucchero. 

Il risultato è stato coccoloso ma al contempo fresco, per via del limone, molto più primaverile e meno invernale rispetto alle altre versioni.

Per l’impasto niente burro o latte, ma olio di semi di mais spremuto a freddo e yogurt bianco intero. Ho montato gli albumi a neve, per ottenere un impasto soffice, e utilizzato un mix di farina 00, amido di mais e farina integrale.

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Unico appunto rispetto alle altre versioni, la lucidatura zuccherosa ha perso un pochetto della sua bellezza a causa della granella di mandorle che al prossimo giro inserirei solo nell’impasto.

 

Ingredienti

2oo g di farina 00

100 g di amido di mais

50 g di farina integrale

3 uova

70 ml di olio di semi delicato

1 barattolo scarso di yogurt naturale

130 g di zucchero (circa 50 g sono per il fondo della copertura)

2 pere 

la scorza grattugiata fine di un limone

2 cucchiai di granella di mandorle

vaniglia liquida o in polvere

1 bustina di lievito

una noce di burro

 

Procedimento

Imburrate una tortiera da 18-20. Mescolate 50 g di zucchero di canna circa con la scorza di limone e la granella di mandorle. Mettete questo composto sul fondo della tortiera, creando uno strato. Ora affettate le pere molto finemente, l’ideale è con una mandolina giapponese. Posizionatele su tutto il fondo, salendo anche di un centimetro lungo i bordi. Spruzzate con succo di limone.

Ora l’impasto. Montate gli albumi a neve ben ferma e teneteli da parte. Sbattete i tuorli con lo zucchero restante, quindi unite olio, yogurt e un cucchiaino di succo di limone e la vaniglia. Ora gli albumi molto delicatamente.

Stemperate insieme farine, maizena e lievito e unite al composto girando e amalgamando.

Trasferite il composto nella tortiera e cuocete in forno a 175° per 30 minuti circa.

Fate raffreddare una decina di minuti quindi rovesciate la torta su un piatto da portata e servite.

I finanzieri e la mademoiselle

La richiesta è stata immediata. Assaggiato, riassaggiato, preteso lo scambio, e quando ne restava poco meno della metà: "Mamma, lo rifacciamo a casa?". 

Individuiamo i protagonisti dell’amore a prima vista. I finanzieri e la mademoiselle (sì, beh la pupa, qualche settimana in terra francese:-)).

Lo so, la forma dei finanzieri (la nostra, ma anche quella assaggiata oltralpe) non è ortodossa. Pare più un muffin, cresciuto pochino. Però non avendo né gli stampi da financiers (che li fanno assomigliare a piccoli lingotti) nè il tempo, in questi giorni di procurarmeli, e soprattutto avendoli mangiati simili ai nostri, ecco li ho preparati così. E giusto perché oggi è il primo giorno d’autunno (quest’anno non sbaglio:-)) io li ho profumati all’uva fragola.

La passione di Alice è nata a Rouen, alla fine del nostro viaggio fra Normandia e Bretagna un mesetto fa (cavolo, di già, e io non ho ancora scaricato foto, etc…). Passeggiando siamo incappati in una piccola pasticceria/sala da tè che era uno spettacolo. Lui ci ha aspettato fuori (pensate, avevamo finito di fare colazione da meno di mezz’ora:-)).

Bene, io e lei non abbiamo resistito. Entrate la pupa ha scelto un brownie, identificandolo come qualcosa che aveva già assaggiato con molto piacere, io per un financier dalla forma tonda e non rettangolare come prevederebbe la tradizione. 

Bene, era fantastico: aromatizzato al tè verde con mirtilli. Ingenuamente ho fatto assaggiare alla pupa, bene ha preteso lo scambio. E mi sono ritrovata con un brownie al posto di un finanziere.

Lo scorso venerdì li ho infornati a casa, ovviamente conservando la base ma modificando il resto.

E l’innamoramento è stato lo stesso, considerato che all’uscita dell’asilo Alice è stata in grado di mangiarne due e un pezzo (sì, io quasi non ci credevo:-)).

Sarà che questi dolcetti, pare nati nel distretto economico e finanziario di Parigi, sono proprio perfetti per l’ora del tè, sarà il profumo di uva fragola, ma di sicuro entrano fra i lil’loves dell’Aliciotta.

Del perché sia dovuta passare una settimana dal cucinamento al passaggio al Cucchiaino, e del per come presento memorie gastronomiche da viaggio senza mostrare foto on the road, beh ve lo racconto la prossima volta. Giurin giuretta che lo faccio:-).

piesse: intanto buon inizio autunno! io oggi sono totalmente immersa in questa luce tiepida di fine settembre.

 

La ricetta.

Ingredienti

3 albumi

60 g di farina di mandorle

40 g di farina 00

60 g di zucchero a velo

70 g di burro

una ventina di acini di uva fragola

 

Procedimento

Mescolate lo zucchero con le due farine, sbattete gli albumi a forchetta, non dovete montarli troppo, uniteli al resto e mescolate. Ora preparate il burro noisette. 

Fatelo sciogliere sul fuoco dolce, portate a ebollizione, si formerà in superficie una patina biancastra, che caramellizza depositandosi sul fondo. In questo modo otterrete il burro noisette, nocciola che darà ai vostri financiers un aroma particolare. Mi raccomando il burro non deve bruciare o fumare!

Ora passatelo al setaccio, e unitelo al composto lavorandolo fino a quando ben spumoso. Lasciate riposare in frigo per un paio d’ore. Riprendete l’impasto, riempite i vostri stampini (io ho usato dei pirottini di carta che ho appoggiato in uno stampo da muffin), decorate con l’acino di uva fragola e cuocete in forno caldo a 175° per 15 minuti circa. Una volta pronti spolverate con pioggia di zucchero a velo.

 

 

Rosso ciliegia. Le clafoutis aux cerises che sa di frangipane

C’era una volta una bambina che amava guardare dalla finestra, soprattutto in primavera quando il grosso ciliegio si riempiva di fiori bianchi che si trasformavano in un attimo in frutti rossi. Nella cesta, durante la raccolta, cercava i frutti gemelli, quelli capaci di rimanere attaccati allo stesso picciolo. E una volta trovati, venivano appoggiati alle orecchie solo per farli traballare. Per anni

aveva dimenticato la danza dei frutti rossi fino a quando arrivò un’altra bambina, appassionata di rossi e noccioli. E il gioco ricominciò.

Alzi la mano chi non ha mai giocato con le ciliegie. Sarà per quell’albero che avevano i miei quando ero piccola ho sempre amato quei fiori bianchi e poi i frutti più come "adornaorecchio" che come golosità estiva.
Anzi, a dirvela tutta non sono mai stata appassionata di ciliegie. A differenza di fragole, lamponi, mirtilli e anguria. Una delle ragione, e qui riderete, è che mia madre mi ha instaurato una accesa diffidenza nel mangiarne a piene mani se non dopo l’apertura a metà, e ancora oggi le guardo un pochetto in ansia. E mangiare le ciliegie aprendole proprio non ci sta:-).

Quest’anno però la passione per tutto ciò che è rosso ha contagiato anche le ciliegie. Ecco, non capisco ma sto facendo collezione di rosso: dalle scarpe al vestito estivo alle fragole alle, beh, ciliegie. E stamattina ci ho pure pasticciato con gli effetti fotografici dell’i-Pad e, non pensavo mai di dirlo, ma da un certo punto di vista è talmente immediato da farti dimenticare diaframma, obiettivo e Canon:-). Tempo per il tutto? 1 minuto.


Tornando alla "red passion" Alice segue, che ancor di più dell’anno passato e di quello ancora precedente, pare essere impazzita per tutto ciò che è frutta. Impazzita significa proprio impazzita, basti pensare che il bento box (e qui dovrei aprire un capitolo, ma ci farò prima o poi un post) pomeridiano vanta due livelli riempiti da quantità considerevoli di frutti di stagione. Gli altri guardano e tu dici: "Uhm, sì, beh, ama la frutta…".
Ecco, la stagione. Quest’anno ha inteso stagione e mi domanda, quando arrivano le fragole, quando il melone e quando l’anguria.

Domenica, invitate da Mr B. al mare (lui in realtà era lì per lavoro:-)), sulla via di casa ho comprato le ciliegie. Non erano nostrane, che eravamo in Toscana e le ciliegie erano di Vignola, però divine:-).

Era una vita, che sulla mia lista di "quello che voglio assolutamente fare" c’era la parola "clafoutis", uno di quei dolci francesi che si fanno veramente in dieci minuti, dieci. Poi siccome è anche da tempo che mi saltella nella mente il frangipane (pronunciate lentamente la parola e ditemi se non ne siete anche voi già appassionati), ma dopotutto il clafoutis vantava la precedenza, ho deciso la mia piccola modifica. 

Le ciliegie sono state passate in padella con un concentrato speciale di vaniglia: arriva dall’isola di Saint. Marteen, un regalo di un’amica da un luogo dove con Mr B. abbiamo trascorso l’ultima vacanza senza la pupa.

E il latte tradizionale della ricetta è stato sostituito da latte di mandorla, giusto un ricordo del frangipane vero.

Dato poi che le ciliegie erano veramente tante, ho recuperato del succo di sambuco, acquistato in Alto Adige ormai un anno fa, e allungandolo con poca acqua ho riempito il porta cubetti di ghiaccio, mettendoci poi al centro una ciliegia. Diciamo ciliegia sotto zero o quasi. Alice si è divertita a ciucciarle mentre scivolavano tra le sue dita. Secondo me, un’ottima idea da tuffare nei prossimi aperitivi, che ne dite?

 

Infine la ricetta del clafoutis, che naturalmente potete interpretare con la frutta che preferite (ma anche la verdura, in versione salata, e qui prometto esperimento), anche se la ricetta superclassica è proprio quella con le ciliegie. Tra l’altro un modo per proporre ai più piccoli la frutta in versione dolce (potete eventualmente provare anche con albicocche e mele per i pupi dai 12 mesi, cercando di limitare il più possibile lo zucchero).

Et voilà, Madames et Monsieurs le clafoutis aux cerises!

 

Ingredienti

Una ventina di ciliegie

2 uova

60 gr di zucchero di canna (io ne ho messo meno rispetto alla ricetta classica)

1/2 tazza di latte di mandorla (divagazione della sottoscritta)

50 gr di farina

vaniglia

granella di mandorle
scorzetta di limone  (idem, divagazione)
burro per la pirofila (o carta da forno)

 

Procedimento

Lavate le ciliegie (potete aprirle e togliere il nocciolo, soprattutto se il bambino è piccolo, io le ho volute lasciare intere come nella ricetta tradizionale), passatele in padella un minuto con un cucchiaio di zucchero e un cucchiaino di vaniglia liquida. Sbattete le uova lungamente con lo zucchero (devono venirvi ben montate, che è una torta non una frittata al forno:-)), aggiungete il latte di mandorla, la farina e la scorzetta di limone. 

Disponete le ciliegie in piccole tegliette monodose o in una pirofila imburrata, riempite quindi con il composto. Spolverate con mandorle a granella e quindi infornate per 30 minuti circa a 180°.

 

Souvenir della mia infanzia

Qualcosa che ti porti dietro e basta poco per riportare in superficie momenti e sensazioni lontane. E’ un ricordo, sì, ma anche qualcosa di più.  "S-o-u-v-e-n-i-r": ricordo per i più, venir su, riemergere lento, a galla. Basta aprire quel "petit pot" e tutta l’infanzia ti assale, nostalgica e profumata. Oggi, dopo una settimana sull’isola con la pupa, mi è presa la voglia di sugo, quello alle erbe di ogni sorta, uno dei primi esperimenti preparati da sola. Credo fosse attorno ai 9 anni. C’era quel giornale, molto anni ’80, con una ricetta semplice, semplice: bastava raccogliere le erbe, meglio se di tante varietà, unirle ai pomodori e cucinare dolcemente. E mi sono ritrovata bambina, o quasi:-).

Ovvio, il sugo al pomodoro (spesso fresco, sempre in primavera-estate) lo faccio non dico un giorno sì e uno no, ma poco ci manca. Alice lo adora. Di solito però è una versione molto semplice (non che questa di oggi sia complicata), a base di cipollotto sottile, basilico, olio e un pizzico di sale. 

Non avevo mai ritrovato la ricetta della mia infanzia, quella che solo a raccogliere tutte quelle erbe aromatiche diverse era un divertimento.  Senza contare la soddisfazione di essere stata la maga del vasetto. 

 

Il souvenir è emerso qualche giorno fa. Avevo preparato pasta e pomodorini per un pic-nic sotto i pini di Caprera (se mai capitaste da quelle parti, vi prego andateci). L’evento era stato annunciato fin dal giorno prima ai bambini (uhm, non sono diventati due, è che sono stata con la pupa e un suo amichetto con mamma, in vacanza o simil tale:-)). Non so come ma mentre contemplavo luce, pini e pupa-elfo saltellante mi sono ricordata proprio di quel benedetto sugo:-).  Come dire che il barattolo ha messo in fila pini marittimi, mare cobalto, un gabbiano in equilibrio (meno precario del mio) e il sugo di erbe e pomodoro.

 

Oggi ho saccheggiato la piantagione del terrazzino e ho ritrovato il mio vasetto.  Sono finite in bella grazia: basilico, menta, salvia, timo limonato, maggiorana, origano fresco, un’ombra di coriandolo, e un paio di foglie di sedano verde (sì quelle che di solito eliminate).

 

Ho lavato tutte le erbe, affettato sottilmente foglioline e cipollotto, rosalato in olio EVO con uno spicchio di aglio intero, unito circa 500gr di pomodorini pachino. Il tutto ha giocato sul fuoco 20 minuti, ho quindi aggiunto un pizzico di sale e poi ho passato al colino. E riempito il mio vasetto. 

E poi? Beh, da piccola io ci facevo la scarpetta prima che finisse sugli spaghetti e voi?

Ovvio che il sugo fresco è perfetto per i bebè dai 12 mesi, potete anche congelare in parte come provvista per l’inverno che verrà.

 

Uova ripiene “ingabbiate”… Easter time!

Ho sempre pensato alle uova decorate (quelle vere!) come a questione troppo lunga ed elaborata per la sottoscritta. E così è, infatti. Ma si sa che quando mi viene un’idea è impossibile che non mi cimenti. Aggiungeteci che è arrivato in soccorso un vecchio aggeggio di svuotamento uova scovato a casa dei nonni della pupa e lì con un sorriso, ho detto "Che vuoi che sarà mai fare due ovetti decorati?". Naturale che in una faccenda simile ho coinvolto Miss Cia e la sua gabbietta (puramente decorativa, siamo persone strane, lo so). Risultato? Divertimento a parte, le uova ripiene sono finite "ingabbiate" (e io mi sono innamorata della gabbietta e vorrei averne una da posizionare in casa, e all’occorrenza in tavola).

Cominciamo dall’inizio. L’asparagina.

Ci ho girato intorno con la storia dei bruscandolied erbe selvatiche: quando l’ho adocchiata al mercato l’ho immediatamente comprata. E una frittata sarebbe stata la scelta più ovvia e sensata. Beh, no. Nella mia testa era lì l’asparagina dentro gli ovetti, che più primaverile e pasquale non si può!

L’aspiro uova, non è faccenda per pupi.

Mi sono messa a svuotare le uova ben lontana da Alice: in realtà io avrei anche coinvolto la pupa (che la faccenda mi pareva parecchio divertente, almeno la parte di svuotamento) ma Mr B. si è rifiutato (probabilmente non voleva mangiare uova per una settimana:-)).

Come funziona? Si pratica un piccolo buchino con siringa con ago (o semplice spillo) nella parte sottostante l’uovo ben lavato, quindi si svuota dell’interno con una sorta di pompetta aspirante (che a dirlo, lo so, fa ridere).
Lo voglio fare anche io e non ho la pompetta, che faccio? Basta fare due forellini, soffiare in uno e l’interno uscirà dall’altra parte (in questo caso lavate almeno tre volte le uova:-)): un po’ come fa questo signore qui(grazioso, no?:-)). 

Ricordate poi di lasciare a bagno le uova svuotate in acqua e limone per qualche ora.

I pois e la gabbietta.

Io sono definitivamente e irrimediabilmente "cromopatica". L’inverno? Bianco!. L’autunno? Aranciomarrone. La primavera? Verde. E Pasqua? Assolutamente vedo giallo. Banale? Ebbene sì.

Ecco una parte di uova sono state imbottite, l’altra sono finite a pois. E tutte hanno preso il posto del pulcino, in gabbia… Meravigliosamente pasquale!

E il bebè? 

ça va sans dire che amerà l’effetto, attenzione solo al pericolo "distruggo con una manata:-)". 

piesse: nella ricetta utilizzo solo i tuorli perché gli albumi finiranno nella seconda ricetta di umore giallopasquale!

 

Ingredienti (per tre e uovo decorato segnaposto)

6 uova svuotate e passate in acqua e limone

6 tuorli

una manciata di asparagina

una decina di fave bollite
1 foglia di basilico

cipollotto

olio evo

(eventuale sale e pepe per mamma&papà)

 

Procedimento

Decorate tre uova con i colori ad acqua come preferite, rompete le altre altre nella parte superiore, ricavando un guscio a metà per contenere.

Lavate l’asparagina e togliete la parte finale più dura del gambo. Tagliate a pezzetti piccoli, lasciate da parte le punte e fate stufare in una padella con olio e cipollotto affettato. Aggiungete un mestolo di acqua o brodo vegetale se necessario. Verso fine cottura unite le punte di asparagina e la foglia di basilico. Sbattete leggermente i tuorli e cucinateli in padella con l’asparagina, mescolando a forchetta (un po’ come quando preparate le uova strapazzate).

Riempite i gusci con il ripieno e servite. Sale e pepe sulle uova di mamma&papà!.