10 anni: il cielo a portata di mani!

Quando ci vogliono due mani per contare gli anni significa che è diventata una cosa seria. O quasi. 10 sembrano simili a nove o undici, ma in realtà non lo sono. Perché ti obbligano a fermarti un momento in più, a ricordare quello che ti sei buttato alle spalle prima di correre e riempire altre due mani. Perché la vita va sempre celebrata, ma in certi momenti in maniera più intensa di altri. Sarà per questo che ho voluto che Alice coi suoi dieci anni potesse toccare il cielo, o quasi, avvolta dalla coperta multicolor dell’autunno. Dopotutto sono convinta che il segreto sia cercare di vivere sempre coi piedi un po’ sospesi da terra, le braccia tese, quasi fossero ali. E ho voluto che il suo regalo di compleanno assomigliasse un po’ alla mia ricetta della felicità.

Ormai è diventata una tradizione di famiglia, tutta da imputare alla sottoscritta. I momenti da ricordare vanno celebrati con viaggi da ricordare, brevi o lunghi le circostanze li permettano.
E Alice, per i suoi dieci anni, mi aveva chiesto di stare in una casa nel bosco, un po’ come avevamo fatto un paio di anni fa. Niente feste particolari, solo del tempo da trascorrere noi cinque.

La ricerca non è stata semplice, anche perché le prime idee si sono scontrate con il tutto esaurito:-). Finché navigando mi sono imbattuta in un rifugio a 2000 metri, dove arrivare lenti con la funivia da Champoluc, immerso nel silenzio, arroccato fra una manciata di rascard, i tipici chalet valdostani dei walser, il popolo delle montagne.
A Cuneaz, 2049 s.l.m.

A fare da cornice la valle d’Ayas, a portata di sguardo le cime del Cervino e il ghiacciaio del Monte Rosa.

Il rifugio Aroula si è rivelato molto simile a una casa, panche all’esterno dove attardarsi per la merenda, giocando a dama, colorando, accarezzando i gatti e contemplando il paesaggio arrossato dal tramonto, un ristorante dalla cucina curata e i prodotti locali (per la  gioia dell’Alice di casa la cena è stata a base di fondue e raclette e di nuovo fondue al cioccolato) e un piccolo appartamento dove dormire, caratterizzato dal legno e ancora legno e piccole finestre dove perdere lo sguardo.

E’ stato incredibile svegliarsi la mattina dopo e sentirsi unici o quasi al mondo: la giornata era di quelle che non ti aspetti in ottobre, la luce calda, il cielo terso così azzurro che le cime e gli alberi e i prati parevano definito a matita, contorni netti e colori accesi.

Il passo lento (e le pause dei due più piccoli:-)) ci ha portato in un paio di ore fino al rifugio Belvedere, dopo aver fatto sosta al laghetto delle rane (pare che ce ne siano tante in estate).

E’ stata una camminata di niente, eppure tutto, o almeno a me è parso: pochissime persone, i sentieri che facevano da cassa di risonanza ai grilli, il Cervino che giocava a nascondino con le nuvole, e la “neve” sul Monte Rosa che spronava Edo e Lea ad andare avanti per “acchiapparla”:-).

Infine la merenda al Cre Fornè, vetrate attorno per sentirsi immersi nel paesaggio, come se fosse tutt’uno con il cielo e le nuvole.

Una di quelle giornate perfette che non sai nemmeno perché sono così perfette, alle quali arrendersi e concedersi respiro dopo respiro. Da questo punto di vista è quasi come se il regalo Alice lo avesse fatto a tutti noi. E poterne avere altri di simili regali varrebbe già una vita, forse due.

Lago Molveno di Alice Antonini

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Mi chiamo Alice, ho 9 anni (quasi dieci), oggi prendo il posto della mamma e vi racconto io i nostri due giorni al lago di Molveno.
Se vuoi vedere vette di montagne altissime che si riflettono sulla superficie di un lago dalle acque cristalline vai a Molveno. Il lago di Molveno è bellissimo sia d’estate che d’inverno. D’estate sono tante le camminate fra le quali scegliere, per i più avventurosi fino alle cime più alte.

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Perdersi nel ventre di Matera

Matera

 

Arrivo a Matera, una delle città più antiche al mondo, e spalanco gli occhi. Guardi e riguardi, ti perdi fra i vicoli, su quelle strade che diventano tetti e poi di nuovo strade e il cuore si ferma nel precipizio in cui giace la città. Aveva ragione Carlo Levi, “Chiunque veda Matera non può non restarne colpito, tanto è espressiva e toccante la sua dolente bellezza”. L’aspetto stupefacente è che Matera, indicata come “vergogna nazionale” nel dopoguerra, poi decretata Patrimonio dell’Umanità nel 1993 e scelta come Capitale Europea della Cultura 2019 , ha così tanti anni dalla sua parte da farti credere col suo abbraccio che il tempo, dopotutto, conti poco o nulla.

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Lanzarote: cosa vedere sulla Luna

 

Ho sempre pensato che la Luna fosse impossibile da raggiungere. Poi sono sbarcata a Lanzarote e ho capito che, dopotutto, la Luna non è così lontana. E’ stato sufficiente macinare una decina di chilometri da Playa Blanca verso le colline nere di pece, punteggiate di vigne e piante smeraldo per spalancare gli occhi e sentirmi catapultata in un altro pianeta. La cosa straordinaria? La vacanza, nata quasi per scommessa con Lui (ma vuoi vedere che le Canarie possono piacerci?) e presentata ai bimbi come un viaggio sulla Luna o quasi, si è rivelata sorprendente.

Perché Lanzarote, isola spagnola sperduta nell’Oceano Atlantico ma quasi a vista della costa africana marocchina, è la natura al suo massimo mentre il respiro che sa di vento e salsedine ti regala giornate silenziose di cieli tersi e libertà, estrema libertà. Mi è capitato di avvertire la stessa sensazione in Sud Africa, credo sia un connubio magico fra paesaggio, natura, oceano, vento e sguardo avvolto dall’infinito.
L’isola, scoperta dall’italiano Lanzerotto dal quale ha preso il nome e Riserva della Biosfera dal 1993, ci ha incantati con un gennaio di primavera (temperature che vanno dai 17 di minima ai 24 gradi di massima), appena atterrati (volo low cost di sole quattro ore).
E’ stato sorprendentemente piacevole coi bambini scoprirla perché gli spostamenti in auto sono sempre stati su distanze brevi e soprattutto perché valgono già di per sé il viaggio, mentre le visite per lo più si compiono a cielo aperto (o quasi). A tutto ciò aggiungiamo zone costiere che consentono di camminare e passeggiare a bordo mare, portandosi dietro un passeggino e fermandosi a fare una siesta a base di “papas arrugadas” e mojo, sangria (per noi) e polpo alla gallega, ovviamente “pieds dans l’eau”:-)

Cosa vedere una volta arrivati sulla Luna terrestre?

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  1. Sono Cesar Manrique

Ho sempre pensato che gli artisti e gli architetti migliori fossero quelli che sanno creare ciò di cui non sapevamo di aver bisogno e hanno la capacità di mettere tutto ciò in relazione con il contesto in cui vivono (soprattutto se sono architetti:-)).  Ecco perché ho adorato le creazioni di Manrique, artista nato a Lanzarote, dove ha vissuto l’ultima parte della sua vita. Si deve in buona parte anche a Manrique se Lanzarote non ha subito una speculazione edilizia selvaggia (c’è una legge che qui impone la costruzione di case bianche di una certa altezza) e se la natura, anche quella più selvaggia e aspra di pietra e roccia vulcanica, vive così intensamente con l’architettura. Andare a Lanzarote e non fare la sua conoscenza significa aver perso l’opportunità di entrare veramente in sintonia con questa isola. La cosa straordinaria? Non è mai stato così facile coinvolgere i bambini in un tour “artistico”.

2) Il giardino di Cactus
E’ stata la nostra prima tappa. E ha superato le mie aspettative. Manrique ha creato un giardino ad anfiteatro in un’antica cava di pietra a Guatize: al primo sguardo una grande voragine nera, punteggiata dal verde acceso delle piante grasse, alcune delle quali alzano i rami spinosi in modo bizzarro verso il cielo sgombro di nuvole. I bambini si sono aggirati nel labirinto, caratterizzato da linee curve e terrazzamenti con oltre 7000 fra piante endemiche e provenienti da altri paesi, fino a salire al Mulino bianco col tetto rosso, da dove godere di una vista incredibile. L’impressione (come del resto in altri luoghi di Manrique) è che tutto sia opera della natura con un intervento umano minimo e silenzioso.

3) Jameos de Agua
Nel nostro tour dedicato a Manrique siamo arrivati a Jameos de Agua: “jameos” sono le cavità del lungo tunnel lavico, creato oltre 4000 anni fa in seguito all’eruzione del Monte Corona. Questi enormi buchi naturali sono stati usati per anni come discarica: Manrique ha recuperato queste grotte sotteranee trasformandole in un Giardino botanico, un ristorante con piscina di un bianco accecante e un Auditorium per concerti di musica all’aperto. La discesa dal ristorante alla grotta, dove c’è un laghetto di acqua salata, è meravigliosa: alla bellezza del luogo si aggiunge la sorpresa dei granchi albini (unici al mondo) che abitano queste acque, punteggiandole di un bagliore luminoso come fossero un cielo stellato. Sorpresa finale il piccolo museo dove abbiamo assistito alla simulazione di un’eruzione vulcanica.

4) Mirador del Rio
E’ difficile scegliere fra i tanti panorami mozzafiato che l’isola regala, questo però è fra quelli che più mi ha sorpreso. Pare di essere completamente immersi nel paesaggio, sospesi a 500 metri di altezza fra cielo, mare e scogliera, quasi da poter afferrare con una mano la piccola isola Graciosa di fronte. E’ un luogo emozionante, dove non ci sono barriere allo sguardo sia internamente sia esternamente, perché la Fortezza recuperata da Manrique e trasformata in un Mirador (con un piccolo bar panoramico) è tutt’uno con la natura circostante. Dopo un giro alla terrazza esterna, sedete a uno dei tavoli o su uno dei divanetti con vista e concedetevi il tempo di stare semplicemente a guardare

 

 

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5) Cueva de Los Verdes

E’ stata, insieme al Vulcano, una delle tappe più emozionanti per i pupi al seguito. La Cueva è un tenebroso tunnel vulcanico creato dall’eruzione del Monte Corona: una guida ci ha accompagnato sottoterra lungo i due chilometri dei sette visitabili, raccontandoci come la Grotta abbia preso il nome dalla famiglia Verde che ne era proprietaria e qui si rifugiava per sfuggire alle incursione dei pirati. Ha illuminato le stalattiti e l’auditorio dove si tengono concerti di musica, sorprendendoci alla fine con quello che deve rimanere un segreto ben custodito (andateci per scoprirlo!).

6) Il Vulcano di Timanfaya
Avvicinandosi alla zona del Parco di Timanfaya l’impressione di essere in un luogo unico, poco terrestre, è forte: ci hanno lasciato a bocca aperta i colori, dal nero pece al rosso mattone, sparsi su colline sinuose, morbide, dove spiccano come diamanti cespugli verdi bassi e fiori dai gialli accesi, mentre accanto l’oceano borbotta. Siamo saliti fino alla montagna del Fuoco e una volta lasciata l’auto, abbiamo partecipato al tour in bus attraverso le dune vulcaniche. Prima però la dimostrazione della guida di fonte al ristorante “El Diablo” (anche questo una creazione architettonica di Manrique perfettamente inserita con le sue forme nere e allungate nel paesaggio): sotto lo sguardo attento dei bambini, la guida ha acceso un fuoco da pochi sterpi gettati in una buca di un paio di metri a mostrare come l’attività vulcanica sia ancora molto attiva, successivamente ha mostrato come una secchiata di acqua sul terreno sia sufficiente a far scaturire un potente geyser.

 

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Guardate che effetto a sorpresa!

 

7) Le Saline de Janubio
Sono il cielo col mare blu e la luce argentata a fare della scacchiera irregolare delle saline uno spettacolo naturale incredibile. I colori mutano con il trascorrere delle ore nella laguna di origine vulcanica, a ridosso del mare, 
dove il sale viene accantonato in grossi mucchi bianchi. Le saline de Janubio sono le più grandi di tutte le Canarie e ancora oggi si trova il sale in vendita nei negozi sparsi sull’isola. Ovviamente ho acquistato un paio di chili di fior di sale come souvenir:-)

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8)Mercato di Teguise
Teguise spunta dalla strada sulla collina: un mucchio di case bianche, dalle imposte verdi, che si accendono di suoni, voci e musica alla domenica, quando buona parte di chi visita l’isola viene qui per il mercato. Lo abbiamo fatto anche noi, perché adoro gironzolare fra le bancarelle dei mercati, curiosando fra formaggi, verdure e vini e fermandosi ad ascoltare i musicisti di strada. L’atmosfera è quella della festa: noi ci siamo fermati a mangiare tapas al tavolino all’aperto di un ristorante, circondati dal vociare allegro della gente.

 

9) Playa Papagayo
Lanzarote conta un centinaio di spiagge, da quelle di sabbia dorata a quelle di sabbia nera vulcanica. Tra le più belle, nella zona sud, le spiagge del Parco Naturale Los Ajiaches: ci si arriva percorrendo una strada sterrata (si paga un pedaggio di 3 euro) fino alle sette calette, incastonate fra le rocce con l’orizzonte puntato verso le dune di Fuerteventura, l’isola di fronte. Noi siamo tornati due volte e la seconda, a Playa Papagayo, mi ha regalato una perfetta giornata di “buon compleanno” (era il 10 gennaio!): ci siamo goduti il sole in spiaggia, abbiamo sperimentato il bagno nelle acque (gelide!) atlantiche e terminato con un pranzo con vista al chiringuito sulla scogliera.

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10) Il tramonto a El Golfo

Durante i nostri viaggi, negli anni, sono diventata una collezionista: di camere con vista e di tramonti. Le prime incorniciano una porzione di mondo, mettendo radici nella mia memoria, i secondi accendono i ricordi. A Lanzarote abbiamo collezionato ben tre perfetti tramonti: uno vicino a casa, dopo una passeggiata al faro, gli altri due a El Golfo, dove siamo tornati a distanza di due giorni perché ci è piaciuta l’atmosfera da paesino di pescatori dove mangiare paella o stufato di pesce a ridosso dell’infrangersi delle onde sulla spiaggia. Non mancate di fermarvi sulle scogliere di Los Hervideros lungo il tratto che porta a El Golfo: qui si incontrano mare e vulcano, mentre l’oceano si scatena con forza modellando le rocce. Il respiro si fa ampio e la vista spazia libera, leggera come se spiccare il volo fosse una cosa semplicissima.

 

11) La Geria, ovvero i vigneti del Vulcano
Ricordo il piacere dell’andare per cantine in Toscana, in Piemonte, in Sardegna e in Trentino: un’abitudine di casa. Ricordo la sensazione di sentirsi in Francia nelle Winelands sudafricane. Ma niente è paragonabile al passaggio attraverso La Geria, la zona vinicola di Lanzarote: sui declivi uno dopo l’altro si susseguono grossi anelli neri, separati da cerchi di pietra vulcanica, con un grosso diamante verde al centro. Sono le piante di vite, coltivate all’interno di una buca ricoperta di lava vulcanica e protette dal vento dal muretto a cerchio di pietre laviche. In questo modo gli abitanti sono riusciti a fare di Lanzarote una delle isole più produttive di vino, con tante aziende vinicole, disseminate sulla strada, dove fermarsi per una degustazione o un pranzo: noi abbiamo bevuto un ottimo malvasia secco alla Bodega Rubicon: http://bodegasrubicon.com.

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12) Museo del Campesino
Una bella tappa da fare coi bambini, soprattutto per via dei piccoli laboratori che si tengono in questo Museo dalle tante case bianche con imposte verdi che riproduce la Lanzarote agricola e rurale tradizionale. Indossati grembiule e cappello da chef, Alice e Lea si sono cimentate prima nella preparazione dei biscottini senza cottura a base di Gofio, la farina di cereali tostata, poi insieme a Edo hanno preparato il mojo rosso, che accompagna le “papas arrugadas”, ossia le patate rugose, aspetto ottenuto cuocendole in poca acqua con tanto sale. Ovvio che la preparazione è stata seguita dalla degustazione, con estremo fervore di tutti e tre: hanno spalmato il mojo rosso (piccante!) a piene dita sul pane sotto il nostro sguardo stupefatto!

13) Fondazione Manrique
Conquistati dall’artista più geniale di Lanzarote abbiamo voluto fare un salto anche alla Fondazione, un tempo abitazione di Manrique e oggi museo dedicato alla sua opera.
La casa è sorprendente, un po’ come entrare in un paese delle Meraviglie di cui Manrique è il Cappellaio Magico: l’artista ha ricavato i saloni nelle bolle d’aria create dalla lava vulcanica, i corridoi sono scavati come tunnel bianchi e luminosi, mentre un po’ dovunque grandi vetrate incorniciano il paesaggio esterno. A concludere una parte con opere di Manrique e Picasso, e un video che racconta la vita dell’uomo e la devozione dell’artista alla sua terra tanto amata.

14) Camminate, camminate e camminate
Era la nostra prima volta a Lanzarote e naturalmente, come è nella mia natura, ho voluto vedere il più possibile. Abbiamo di conseguenza privilegiato gli spostamenti in auto, concedendoci un paio di mezze giornate a piedi lungo i tratti costieri. Una mattina siamo partiti dal centro di Playa Blanca verso Marina  Rubicon, un pomeriggio siamo scesi invece a Puerto Calero: le passeggiate sono veramente piacevoli, col mare accanto, i bambini che possono correre liberamente e il vento in faccia. Sia Marina Rubicon sia Puerto Calero sono località tranquille affacciate sul porto affollato dove contare le barche.
Nel nostro peregrinare a Lanzarote abbiamo lasciato il cuore in un piccolo ristorantino, appena fuori da Arrecife, dove ci siamo fermati prima del volo di rientro. La vista dalle vetrate, i tavolino fuori a bordo mare, spruzzati di salsedine dalle onde valgono veramente il viaggio. Il nome? Casa Thomas.

15) Come ci vado
Noi abbiamo prenotato un volo low cost che in sole 4 ore dalle nebbie milanesi ci ha portato in piena primavera, a Lanzarote. Ho affittato un’auto da una compagnia locale (Cicar.com), con tariffe veramente vantaggiose (e copertura casco totale che ci è servita visto che nel garage dell’aereporto ci hanno tamponati!), ho prenotato una villa con piscina riscaldata (i bambini ci hanno pure fatto qualche tuffo pomeridiano) tramite un’agenzia inglese (molto diffuse perché sono tanti i turisti nordeuropei): si è rivelata un’ottima scelta per la sua incredibile vista mare e per la posizione defilata ma vicina a Playa Blanca.

 

Una volta a Karpathos, sempre a Karpathos

Il paesaggio è arido, quasi arso dal sole e sferzato dal vento che soffia implacabile sul mare punteggiato dalle vele colorate dei windsurf. Siamo appena scesi dal piccolo aereo che ci ha trasportati in poco meno di un’ora dal fascino medioevale e cosmopolita di Rodi alla solitudine fuori dal tempo di Karphatos. La prima impressione non è di incanto. E mai impressione si rivelerà più lontana dalla realtà. Perché una volta a Karpathos, sempre a Karphatos. Almeno col cuore.

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