Il chicchiericcio delle cicale si confonde con il blu, quello del cielo e quello del mare. L’auto si arrampica fra i campi che portano alla spiaggia. Su un lato della strada l’erba è stata ordinatamente raccolta in file apparentemente disodinate di covoni. Dopo l’ultimo si intravedono i morbidi contorni di una delle tante chiesette di cui è punteggiato il paessaggio. Anche quelle bianche e blu. Come le case. Come la bandiera, Galanolefci (in greco), “blu e bianco”, mare e libertà. E’ l’essenza di un paese, quasi scontata nella sua semplicità, facile da afferrare in poche occhiate. Amo questi colori, specialmente d’estate. E’ la Grecia. E noi siamo ad Antiparos, isola dalle dimensioni che ti stanno in testa nel giro di niente.

Campagnola, quieta e appartata. Un unico centro, Antiparos con il suo Kastro di origine veneziana e la spiaggia cittaina a pochi minuti: al porticciolo le taverne, e la via centrale, un’unica strada lastricata di bianco, pochi vicoli ai lati, sulla quale si affacciano i negozi e i colori accesi delle bouganville. 

Ci siamo arrivati dopo un viaggio faticoso: il passaggio a Myconos, il traghetto sbagliato e la fermata d’obbligo a Naxos, esaurita fortunatamente con una merenda a base di macaron e frappè, l’arrivo a Paros e la traghettata di poco più di cieci minuti per Antiparos.

La nostra sbadataggine è stata salvata dalla gentilezza della gente. Il capitano della nave ci ha trovato la coincidenza, un noleggiatore di auto ha telefonato al nostro “noleggiatore di auto” per farci portare la macchina visto il ritardo. E’ la Grecia.

Qui la dimensione del viaggio, i suoi tempi e i rumori sono quelli dei traghetti. Le file serenamente disordinate per la salita mentre altri discendono, l’attesa all’ombra bianca delle pensile di muratura, il rapido partire (e ce ne siamo accorti perché saliti sul traghetto sbagliato è stato impossibile ridiscendere coi nostri tre bambini e bagagli al seguito) e i contorni della prossima isola persi all’orizzonte.
Non amo i traghetti, ad eccezione che in Grecia. Lì per me lo spostarsi assumo tutto un altro fascino, un po’ come quando mi trovo al tabellone partenze in aereoporto.

Ad Antiparos le spiagge si contano su poco più di una mano, noi dormiamo a Soros Beach, una delle più belle, insieme a Livadia e per noi Apadima.
Alla punta estrema la spiaggia di Aghios Georgios, proprio di fronte a Despotiko, un’isoletta brulla dove le capre pascolano accanto agli scavi archeologici.
Ci andiamo nel corso della settimana: gli scavi, ci racconta un giovane archeologo italiano, sono iniziati da qualche anno, sponsorizzati da privati.
Si scava solo d’estate, per pochi mesi, quando le finanze lo permettono. E ci vorrà tempo prima di portarli a termine.
Despotiko era un luogo di culto: c’erano templi dedicato ad Apollo, ma anche abitazioni e sculture. Oggi ci si aggira intorno scrutando i resti e immaginando.

Da Despotiko la piccola imbarcazione ci porta a una grotta vicina per un bagno, al ritorno ci fermiamo alla taverna di Capitan Pipino: si affaccia a bordo mare, con gli immancabili polipi lasciati a seccare al sole.
Ancora una grotta, questa volta saliamo fra le colline, il panorama è senza fiato. Si entra ad ammirare le stalattiti nelle cave utilizzate un tempo come rifugio dagli abitanti dell’isola.
Scendiamo a mare, ci fermiamo ad Apadima. Riparata dal vento, attrezzata, perfetta coi bambini.
Segnatevi l’indirizzo per pranzo ma soprattutto cena. Noi ci torniamo due volte, la cucina del ristorante Nixon di Beach House e del suo chef (e blogger) Marko Rossi è deliziosa. Greca ovviamente ma con influenze esterne (vedi la ceviche, fantastica).
Per noi la migliore dell’isola insieme a quella di Soros Beach e Tageri.
Scegliamo l’immancabile tavolo bordo mare, particolare non da poco hanno il seggiolone. Lo so per la maggioranza conterebbe nulla, ma noi che da giorni non riusciamo a fare un pasto tranquillo perché Edo fermo se non vede la tavola non ci sta è un plus notevole:-).
Da non perdere ad Antiparos il tramonto. E’ un vero e proprio rito che si può consumare comodamente seduti a bere un aperitivo oppure liberi sulla spiaggia alla quale si arriva con una tranquilla passeggiata di meno di un chilometro dal paese.
Ci rispostiamo a Paros, questa volta per rimanerci una settimana. E’ un’isola dalle dimensioni maggiori, così tanti angoli e spiagge da rendere i giorni troppo pochi: lunghe distese di sabbia, mare tuchese e trasparente, come Kolymbithres (le sue rocce mi hanno ricordato la Maddalena!) e Golden Beach (paradiso per i Windsurf e infatti quando ci andiamo siamo pochi, ma veramente pochi al vento:-)) o Santa Maria (fondali bassi e digradanti dolcemente perfetti per i bambini, a pochi chilometri da Noussa, con la sua Chora fra le più belle delle Cicladi), piccole spiaggette solitarie da ricercare lungo la costa, spettacolare quella est, col suo susseguirsi di spiagge, campi e chiesette a vista sul mare fino al paesino di Piso Livadi, affollato di taverne sul porticciolo e la spiaggia di Longares, ombreggiata dalle tamerici.
Ci siamo spinti fino a sud e poi abbiamo risalito la costa che si allunga di fronte ad Antiparos: qui ci è piaciuta Aliki, con la sua atmosfera rilassata e il paesino fatto di poche taverne, alcune proprio sulla spiaggia.
Noi abbiamo dormito ad Ampelas, a qualche chilometro da Noussa, tratto di costa solitario:   un paio di taverne (entrambe pieds dans l’eau con panorama su Naxos, entrambe con una genuina e semplice cucina greca con pesce fresco), una piccola spiaggia attrezzata e le altre assolutamente libere e quasi deserte. E per chi voglia godersi la vista o il cielo stellato c’è una panchina, come se fosse lì da sempre, quasi abbandonata con noncuranza.
Ho adorato l’assoluto silenzio della zona (se si escludono grilli e cicale e beh i nostri pupi:-)), le gentilezza dello staff e la camera dove abbiamo dormito: una vera “room with a view” con vista che si confondeva dal mare al cielo. Segnatevi Stagones Villas.
Siamo stati a Noussa più volte. Il luogo è da cartolina, con la chiesa che si staglia nella parte alta, le taverne a bordo acqua, l’anima marinaresca della zona dove le reti dei pescatori si confondono con i tavolini bianchi e azzurri che affollano il porticciolo e i vicoli bianchi.
 La consapevolezza chesull’isola la vita è migliore soprattutto se ci rilassa in flip flops e si sorseggia un cocktail a base di gin (vedi foto:-)), mentre il mare è sempre lì. al di là delle imposte socchiuse.
Noi ci siamo sempre stati verso il tardo pomeriggio mai di sera e ci siamo concessi un aperitivo quando i locali erano ancora silenziosi.
Le fa da contrappunto, Parikia, il capoluogo dell’isola, dove arrivano i traghetti e si scambiano i viaggi, testimone un mulino. Qui il  è meno bello ma forse più autentico.
Merita una sosta a cena anche il paesino di Lefkes, uno di quei luoghi lontani dalla pazza folla dove tutto scorre come se il tempo fosse lento e delicato.
Siccome siamo di quelli che soffrono il mal di terra, è stato impossibile non concedersi un’uscita per esplorare la zona attorno a Paros. Siamo finiti fino a Koufonissi. Con Alice c’eravamo stati anni fa, me ne ero innamorata: un’isoletta da girare in bici, poche spiagge ma indimenticabili.
Questa vota l’abbiamo vista dal mare. Le oltre dieci ore in barca sono volate nonostante Edo abbia deciso di concedersi giusto un sonnellino di 45 minuti 45:-): abbiamo fatto tappa a Naxos, nella zona sud, sulla costa impervia le uniche presenza erano le capre e una deliziosa chiesetta sul mare, e poi alle grotte di Koufonissi nella baia di Xilobatis, e infine ad Antiparos.
Al ritorno d’obbligo la cena a Piso Livadi, da dove siamo partiti in una delle taverne del porticciolo.
Lungo la strada che da Ampelas ci portava verso la zona sud abbiamo fatto sosta più volte nella panetteria (ma ci trovate gelati e dolci di ogni tipo) migliore di Paros. Xilofournos. All’esterno abbiamo approfittato delle panchine per goderci un Freddocino noi, una spremuta fresca i bambini, accompagnati da gelato, pasticcini e baklava.
Ovviamente la maledizione traghetto accompagna anche la partenza. Non c’è posto sul primo di ritorno e trascorriamo quindi a Parikia un paio d’ore di più. Niente di male: ci sono i negozietti del centro:-).
A Mykonos trascorriamo una sera. L’abbiamo visitata anni fa, questa volta c’è giusto il tempo dell’immancabile approdo alla Piccola Venezia, Little Venice.
Coi suoi locali, lo scorcio dal lato dei mulini, con le onde che schiaffeggiano i vecchi edifici a picco, illuminati dal tramonto di fine giornata.
E la passeggiata fra i vicoli immacolati del centro, affollati di gente. Ceniamo lontani dalla confusione, in un locale, Amades, composto da qualche tavolino sulla strada e pochi all’interno. A fine strada una chiesetta, più in là la folla, i colori, quelli ricorrenti, bianco e blu.
Ricompongo i giorni, il blu e il bianco.  Assoluti e così incantati. E’ la Grecia. E dopotutto “on the island life is better”.