Di stelle alpine e fiori di campo. Arrivederci a settembre…

Luglio è passato veloce, tra le prime vacanze e i bagliori di estate assoluta. I giorni sono corsi, come ormai sanno fare mio malgrado. Tra le mani le prime manciate di ricordi, quelli della montagna, che odorano ancora di fiori di campo mentre nelle orecchie ho, ora, la voce forte e calda delle cicale. Davanti settimane sull’isola tra i primi “bagni” della pupa piccola e le nuotate di quella più grande, ormai in stile libero:-).

Come non mai, tra i sentieri, in montagna, fiori e fiori e ancora fiori. Il profumo dell’erba, verde smeraldo, punteggiata da viola, gialli e bianchi. Da ammirare e cogliere. E far mazzetto e sistemare fra i capelli. Per la gioia delle bambine.
Quest’anno abbiamo vissuto un’intera settimana in quota, in una casa nei prati, affacciata sulle montagne dell’Alta Val Badia, di fronte la cime del Sassongher.  Con noi amici, per la gioia di Alice in compagnia di una delle amiche del cuore. Come dire, tutto più semplice perché due bambine=gioco= annullamento= – 2 (o quasi:-)). 
 
Ci siamo dati un taccuino di marcia a misura di pupi, quelli a piedi e quelli nello zaino, sulle spalle. E nonostante i capricci del tempo, abbiamo potuto segnare diverse croci sui sentieri che volevamo percorrere. Fino ad arrivare oltre i 2000 metri.
Paesaggi che riconciliano con gli animi più irrequieti, lontani dalla folla. Serate così fresche che a volte non pensi nemmeno possa essere anche lì estate. La soddisfazione di far fatica, gambe in spalla, ognuno con il suo peso più o meno maggiore, la scorta di acqua e qualcosa da mangiare sul plaid disteso sull’erba. Ed enormi poltrone, che sanno di legno, sulle quali alzare gambe e occhi al cielo, e contemplare cime in ogni punto.
Tutto sa di aria, che entra nella testa, nelle orecchie, negli occhi. Chiara, leggera e dolce. 
Sono ritmi che nulla hanno a che vedere con quelli del mare, dove sono ora e la quantità di gente sulla spiaggia, vicino al mio asciugamano aumenta in maniera esponenziale al crescere dei giorni sul calendario.
 
Come al solito, a stupirmi, là la quantità di attività proposte per i più piccoli: sentieri didattici dove raccogliere timbri attraverso il riconoscimento di impronte di animali, malghe nelle quali i bambini di città capiscono che il latte non lo produce l’omino del banco frigo e si stupiscono della facilità di produzione di panna e burro, fermate in alta quota dove non mancano mai giochi all’aperto o pennarelli per colorare se la pioggia arriva improvvisa. 
Poi si ritorna all’aperto, con i verdi che sono ancora più verdi.
Il ladino, a inframmezzare le lingue nazionali, italiano e tedesco. E cene, in posti tanto belli e d’atmosfera quanto cordiali con le famiglie.
Tra tutti segnatevi L’Murin Osteria, gemella della Stua de Michil de l’Hotel La Perla: noi ci siamo andati per cena con 4 bambine, arrivati c’erano già pennarelli e fogli per disegnare e occupare l’attesa dei piatti, in un ambiente da favola e una cucina, informale e di una manciata di proposte, di chiara appartenenza all’altro ristorante stellato dell’albergo. E ci siamo sentiti completamente a nostro agio, nonostante la confusione che ci abbiamo portato.
A proposito qui ho fatto merenda (anzi abbiamo, visto che Alice lo ha adorato:-)) uno degli strudel migliori della mia vita, rigorosamente di stagione, ripieno di albicocche con una morbida pasta sucrè. 
 
Con gli anni mi sto accorgendo che sto sviluppando una passione sempre più accentuata per la montagna d’estate e il mare d’inverno, sarà mai che sto invecchiando o sviluppando un’intolleranza via via maggiore alla folla?:-) 
 
La ricetta di oggi è in perfetto spirito del post, come dire sconsigliata a chi si trova ad altitudini poco sopra il livello del mare o nella calura della città. In questo caso, archiviate e mettete da parte per i primi freddi autunnali. Ne vale la pena!
Da accompagnare con Weizen per i grandi e birra dei piccoli per i pupi (ovvero succo di mele 100%)
 
piesse: arrivederci a settembre! (mi pare un po’ di essere ritornata ali tempi della scuola con queste vacanze lunghe, lunghe quest’anno!)
 
Ingredienti (per 5-6)
500 g di pasta colorata (io ho usato il formato stelle alpine, so cute:-))
 2 patate grosse
2 mele
1 cipollotto
150 g di formaggio tipo latteria saporito
150 g di speck cotto (assomiglia a un prosciutto cotto affumicato ma poco affumicato e più dolce, perfetto per i più piccoli, in alternativa usate prosciutto cotto)

qualche cucchiaio di latte o panna fresca e brodo vegetale
olio EVO

burro (magari di malga:-))
sale, rosmarino

 
 

Procedimento
Pelate le patate e sbucciate le mele. Grattugiate tutto a julienne, affettate il cipollotto e fatelo dorare in una grossa padella con un cucchiaio abbondante di olio. Aggiungete patate e mele, mescolate, profumate con il rosmarino e bagnate con brodo vegetale se si asciuga troppo. Portate a cottura, aggiustate di sale. Mantecate il condimento con latte o panna e una bella noce di burro. Ora bollite la pasta, e passatela al dente in padella. Servite con una buona grattugiata di formaggio a scaglie. 


Per info sull’Alta Val Badia
www.altabadia.org

Oho so girlish! Biscotti per mami

Ultimamente le settimane mi scorrono fra le dita veloci, veloci. Oggi Miss Lea è una pupa di due mesi, ma la sottoscritta ha un tale affollamento di idee e progetti per la testa che fatica a distinguere le otto settimane che sono passate. Se potessi esperimere un desiderio per la prossima festa (sì, pure la mia che ormai sono bis:-)) è di avere la possibilità di andare lenta, accarezzare i momenti senza la sensazione di non riuscire pienamente a fotografarli. Ci ho pensato negli ultimi sette giorni, trascorsi all’isola, con la prima immersione di mare e l’ebbrezza di sentirmi l’estate addosso. 

Ho adorato il cielo così terso, un azzurro che non vedevo da tempo, le spiagge deserte e i fiori sparsi ovunque. E poi le corse di Alice dietro ai gabbiani e il battesimo di Lea con l’acqua di mare. Gli aperitivi in terrazzo a quattro (ognuno ovviamente a modo suo) e una totale atmosfera "pink", perché ormai siamo in tre e Lui a resistere, ogni tanto:-). 

Nella mia lista "girlish" un’abbuffata di fragole, sarde doc, tra le variazioni quelle di Arborea hanno scalato la nostra personalissima classifica.

I fiori "fuchssssia", come li chiama Alice, disseminati tra terra e mare, in questa stagione, a La Maddalena.

Il loro sfondo migliore? Ovviamente dipinto di blu.

Ho ricominciato a fotografare, con Lea posizionata nel marsupio. Era impossibile resistere all’assalto di luce.

Il ritmo lento, cadenzato solo dall’andare  e venire dei traghetti, mi ha aiutato a concentrarmi su cose piccole, quasi banali, che poi però il ricordo rende uniche, speciali. 

Possono essere incontri fortuiti, sorprendenti agli occhi di chi trova per la prima volta. Come la stella e Alice.

Oppure di chi si ritrova, come la sottoscritta e il gabbiano, sempre in bilico fra terra e aria, veloce a volare sotto le gocce di pioggia. 

L’occhio si ritrova a osservare particolari che nella fretta avrebbe degnato di uno sguardo veloce. E ritrova gli stessi giorno dopo giorno, felice di tanta abitudine. 

Saranno queste sensazioni, i colori, o forse le due pupe, per la festa che verrà ho sfornato biscotti che a vederli paiono più per la casa delle bambole che per la tazza di tè delle cinque.

Sono pink, sono girlish e hanno il profumo delle rose.

La ricetta si ispira molto, ma molto, alla lontana ai biscotti di Reims, per via del colore rosa. Il mio infatti è un impasto dalla consistenza della frolla, per via del fatto che volevo poterli ritagliare alla forma di vestitino. Ho utilizzato olio al posto del burro, per un risultato più leggero.

Per il colore rosa, oltre a metterci dello sciroppo di rose, ho usato dello zucchero rosa acquistato mesi fa nel weekend parigino, aromatizzato alla vaniglia.

Infine ho trasformato i biscotti in una sorta di "pink lolli pops" con degli stecchi di legno.

Il risultato? So chic!

Ingredienti

150 g di farina

100 g di farina di riso

50 g di farina di mandorle

120 g di zucchero rosa (oppure zucchero bianco e colorante rosa naturale, ad esempio alla barbabietola)

semi di vaniglia

1 pizzico di cremor tartaro e lievito

1 uovo e 1 tuorlo

2 cucchiai di sciroppo alla rosa

80 ml di olio di mais o semi delicato

 

Procediemento

Mescolate insieme gli ingredienti secchi, unite l’uovo e il tuorlo, quindi l’olio e lo sciroppo di rosa. Dovete ottenere un composto omogeneo, lavorabile a mano. Avvolgete la palla in una pellicola e posizionate in frigo per 20 minuti. Ritirate e stendete, quindi ritagliate i biscotti. Posizionate delicatamente all’interno del biscotto uno stecco di legno, partite dal centro della base e arriva quasi al centro. 

Cuocete in forno a 175° per 10-15 minuti. Decorate con una glassa a base di zucchero a velo, un goccio di limone e un goccio di acqua e, se a disposizione, con penne colorate alimentari.  

 

 

La galette, pas complète…

Sì, sono di quelle organizzate (o almeno qualcuno mi descrive così:-)), che ha sempre ricordato ogni cosa a memoria, pur appuntandosela sulla Moleskine del momento (tempo ante pupa), che poteva passare da un progetto all’altro e dare l’impressine di farcela senza troppa fatica, decisa, beh, sì, e convinta sull’obiettivo. Sono anche quella che rimane sul treno non perché ignori la fermata ma semplicemente perché troppo presa dalla lettura, sono quella che è stata capace di presentarsi alle 5 di mattina senza passaporto prima di un viaggio di lavoro importante e organizzato nei particolari (uhm, sono partita grazie a Lui che ha fatto to&back a una velocità su cui è meglio soprassedere), e sono quella che a volte dice sì ma è su Marte. 

Prendete questa personcina, shackerate, mettete insieme circa 600 foto scattate con diligenza e maniacalità, una sera tarda, tanta stanchezza, il pensiero su almeno un paio di altre questioni e un Mac che nell’ultimo periodo imita la sua padrona. Bene, ora capirete perché vi racconto di un viaggio in Normandia e Bretagna con una manciata di poche foto. 

Il mio dito, per nulla collegato alla parte corretta del cervello, leggero e sbarazzino ha schiacciato elimina (esempio di autodistruzione da oca del villaggio) e via tilt del Mac e foto bye-bye (eccetto poche sopravvissute degli ultimi due giorni).  Poi ho pianto, o quasi.
Niente ninfee immortalate in ogni possibile angolatura (credetemi bellissimo il giardino di Moneta Giverny e simpatica la giapponese che ci ha voluto fotografare, ovviamente con la mia reflex), niente Honfleur o Saint Malo, e nessun ricordo di quell’andare sotto la pioggia (bardati con superimpermeabili) per le vie del Mont Saint Michel su fino e dentro all’abbazia, noi e pochi altri a sera tarda (ecco, se capitate da quelle parti scegliete la sera per addentrarvi, spettacolare e tenetevi lontani dalla pazza folla del giorno). Nemmeno un’immagine a dimostrare che sì, lì piove, piove, raggio di sole, e ripiove, piove e pioviggina, ma che ti può capitare di finire in un paese che condivide il nome con un formaggio (oui, le Camembert). E poi le secche che lasciano le barche in precario equilibrio mentre tu cerchi di in
dovinare cosa si nasconda in quel miscuglio di terra e sabbia. E la pupa, deliziosa con in testa le righe bianche e blu, caratteristiche dei tessuti di queste parti.

Bene, inutile dire senza mostrare:-). Vi lascio giusto l’impressione dei paesaggi di luce,vento e mare di quella parte della Francia dove tanti paesini paiono usciti dalle pagine di una Madame Bovary o da un racconto di fari, naufragi e tempeste.

 

E la cucina? Personalmente un pochetto pesantuccia negli assemblaggi, ma deliziosa negli elementi base, della serie a volte meglio una galette e sidro (proprio come un vero bretone!), piuttosto che cozze, far breton o baguette con camembert ( o livarot, il preferito di Alice!) che affrontare più portate pensando di sopravvivere:-). 

Tornata a casa, vi ho già detto dei financiers, ma c’è stata anche la gallette, una crepe a base di farina di grano saraceno, completata con quello che più aggrada, benchè la tradizione raccomandi per “une galette complète prosciutto, formaggio e uovo al tegamino nel bel mezzo. 

 

Solitamente viene ripiegata ricavando così quattro lati e creando l’effetto sorpresa per il ripieno interno (almeno per Alice).
All’inizio non ne sono rimasta granché entusiasta, ma era dovuto al fatto che non era preparata a regola d’arte. A Dinan, dall’atmosfera intensamente medioevale con le tipiche case a graticcio, ce ne siamo innamorati in uno di quei locali che offrono solo ed esclusivamente galette e sidro, servito nelle scodelle basse bianche con bordatura rossa. 

Ecco la ricetta. Danno il meglio in versione salata, in quella dolce meglio le classiche crepes. La ripiegatura le trasforma in bauletti dei segreti o di caccia al tesoro o annua sa e indovina, perfetti per incuriosire la pupa:-).
La nostra versione non è “complète”, considerato che ho eliminato l’uovo e inserito all’interno gli ultimi pomodorini di stagione dell’orto dei nonni. 

piesse. Comunicazione di servizio:-). Se avete voglia dire la vostra su quel passeggino troppo pesante, su quel libro che ha risolto la nanna del vostro pupo o sul vostro/i blog preferiti (uhm, uno a caso? Il Cucchiaino… va beh, va beh…) fatevi un giro su Mums up!

 

Ingredienti

200 g di farina di grano saraceno fine

1 uovo 
50 ml di acqua fredda
sale

prosciutto, formaggio (emmental o camembert…) e pomodorini

 

 

Procedimento

Mescolate la farina con l’uovo, aggiungete quindi acqua e sale. Girate con una frusta o una forchetta per amalgamare, quindi lasciate riposare per una mezz’oretta. Ungete una padella con del burro, riscaldate e versate un cucchiaio abboandante di pastella. Aspettate un paio di minuti e voltate dall’altra parte con una spatola. Inserite nel mezzo del formaggio per l’ultimo minuto, passate su un piatto e ripiegate i bordi.

La grandine nel bosco

Mi sono ricordata l’altra sera, a due giorni dalla partenza di oggi. Erano rimaste dimenticati foto e racconto della montagna di un mese fa. Quattro giorni sparso che, dopo le ultime settimane di un’estate talmente strana per la sottoscritta che passerà a memoria familiare, mi pare ormai un lontanissimo ricordo. Talmente lontano che dire preciso è ormai impossibile, risulta più semplice raccogliere un’impressione sola, quella che, a quanto sembra, è rimasta vivida anche per la pupa.  Ossia di "quella fata che imparava a liberarsi delle tristezza". 

Tradotto per tutti: "Come ti trasformo la passeggiata nel bosco (e convinco la pupa a camminare e camminare)". 

 

"La nostra fata non sapeva quello che tutte le fate conoscono da sempre. Bisogna saper liberarsi dalla tristezza per poter ridere di nuovo e correre sulla scia delle farfalle. Passò giorni e giorni a vagare da sola e più passava il tempo più aumentava il grigio e scomparivano i colori. Stanca, passò le finestre bordate di verde, seguì la traccia lasciata dalle radici di una grande quercia e camminò.

Accarezzò con la punta delle dita l’acqua che cadeva dalla fonte, tic-toc, fino a quando arrivò al punto giusto. Era come essere arrivata a casa.

Lì erano passati i folletti, si intravedevano le tracce ambrate e collose sulla corteccia del tronco: lei non lo sapeva, ma i piccoli abitanti del bosco arrivavano in cima appoggiando punta dopo punta. 

Si fermò e si sedette. C’era una farfalla dai colori simili a una coccinella.

Era quasi sera. E lei finalmente pianse. Lacrima dopo lacrima, e ogni volta che una lacrima cadeva a terra si trasformava in una piccola nocciola di ghiaccio, simili a perle trasparenti che un folletto avrebbe anche potuto infilare su fili di erba. La fata capì e finalmente sorrise: un sorriso pieno che sciolse il nodo che l’aveva tenta legata. Si riposò e il giorno dopo se ne andò: salutò le sue lacrime di ghiaccio, sapendo che ora avrebbe trovata casa ovunque". 

Uhm, liberamente tratto da una passeggiata nel bosco dopo la tempesta notturna in quel di Luson, Alto Adige.

 A prova di verità: albicocche e mele, fiori e farfalle e l’immancabile cartello pocco italiano molto svizzero:-).

 

Per chi volesse ripercorrere il sentiero delle nocciole di ghiaccio: 
http://www.luesen.com/main.php?page=news_it

e un posto molto kidsfriendly (considerando che l’Alto Adige lo è già di sua natura):
Hotel Luesnerhof 

 

piesse: come già detto, oggi si parte, in giro per Bretagna e Normandia e poi sull’isola (sì, finalmente le nostre vacanze:-)).

Fregula, piselli e pesto di piattoni

Dopo giorni passati qui sull’isola a contare le gocce di pioggia (nemmeno fossimo in pieno inverno), le folate di vento subito dopo e nel frattempo a starnutire (la sottoscritta, fortunatamente la pupa scampata) e maledire la connessione ballerina (considerato che questa è una vacanza non vacanza, qui qualcuno ha solo trasferito Mac&burattini), finalmente oggi splende il sole. E al mercato ho trovato fave, piselli e piattoni, giusto a capire che è primavera, mica tempo di brodi e vellutate calde, calde.

Alice ha festeggiato: abbiamo sgranato e lei, ammetto, è ormai più brava di me (non fosse altro che si applica con estrema pazienza e accanimento al pseudo gioco).Stamattina, salutato il sole, ho deciso che era finalmente tempo di pic-nic e l’avanzo di fregula sarda è finito a far compagnia a piselli e pesto verde di piattoni e ricotta salata grattuggiata (ve li ricordate i p-i-a-t-t-o-n-i?).
Ora in versione fredda. 

 

Eccoli a giocare con la luce, un raggio sì e uno no. 

Per lo scatto il mare ha fatto solo da forma e non ingrediente, tanto per giocare considerato che qui piatti, ciotole&co sono ridotte all’essenziale.
Tempo e pioggia a parte, il mare in questa stagione è tutt’uno con quello che c’è a terra, con i fucsia e i gialli accesi dei fiori, le macchie bianche dei cespugli, e quei gabbiani che un po’ volano, tenendosi quasi fermi in aria (quanto invidio questo equilibrio!) e appoggiandosi poi lievi su una roccia. 
 
piesse: naturalmente potete sostituire la fregula con altri chicchi di grano, da orzo a farro a riso a ditali di pasta. Da 12 mesi in poi.
 
Ingredienti (per tre, dividete per quattro per un bebè)
 
200 gr di fregula
1/2 kg di piselli freschi (da sgranare), oppure 150 gr di piselli surgelati
200 gr di piattoni verdi
ricotta da grattuggiare
olio extravergine d’oliva
1 cucchiaio di pinoli
2-3 foglie di basilico
(eventuale sale per mamma&papà, poco poco per il bebè)
 
Procedimento
Cuocere al vapore piselli e piattoni (circa 20 minuti). Una volta pronti frullare i piattoni con un cucchiaio di olio extravergine, i pinoli, il basilico e un eventuale cucchiaio di acqua di cottura. Lessare la fregula in acqua (ci vorranno dieci minuti circa dal bollore). Scolare, raffreddare con acqua fredda e condire con un cucchiaino di olio, unire i piselli e quindi amalgamare col pesto. Spolverare con la ricotta salata grattuggiata e impacchettare per il pic-nic oppure impiattare a forma secondo fantasia.

Mercati, vini e gourmet. Sudafrica III.

Pensa a un mercato un po’ radical/etno chic, cornice vecchio vittoriana di un biscottificio in disuso, un po’ yuppie ma anche tanto bio e posizionalo all’estremo sud del continente africano. Bene avrai la sensazione strana di essere dalle parti di Londra (vi ricordate il Borough Market?) piuttosto che nella terra dei leoni e della terra rossa.  Aggiungici la possibilità, in poco più di mezz’ora di auto, di fermarti per un bicchiere di Merlot in una cantina dall’architettura franco-ugonotta e ti parrà di non aver mai lasciato l’Europa. 

Devo dire che è stata in assoluto la prima volta che mi è capitato qualcosa del genere all’interno dei confini africani. Bello o brutto? Non saprei, certo della serie "questo non me l’aspettavo".

Naturale che  fra i tre episodi sudafricani questo parla poco di un continente, più dello sforzo di trapiantare la vecchia Europa molto, molto lontano. O forse racconta del Continente visto che la sua storia è anche questa, soprattutto in Sudafrica dove la presenza "bianca" è ancora fortissima, non in termini di numeri quanto di influenza. 

Sono nate così le cittadine di Stellenbosh e Franschhoek e tutta la zona delle Winelands: i francesi, ugonotti, hanno approfittato di condizioni climatiche e territoriali favorevoli per dare vita a tutta una serie di coltivazioni di uva che oggi producono degli ottimi vini. E la vista della scritta Merlot, a migliaia di chilometri da casa nostra, beh è veramente strana:-).

Andiamo con ordine. Durante i giorni trascorsi a Cape Town (già lunghissimamente documentati) non poteva mancare per la sottoscritta il passaggio all’Old Biscuit Mill Market, nel quartiere emergente di Woodstock, un esempio di vecchio edificio industriale rilanciato da due imprenditori locali grazie alla creazione di questo mercato. 
E’ una tappa obbligata (e oltremodo affollata) per molti abitanti della Mother City il sabato mattina: a metà strada fra un mercato vintage e di design e uno invece di prodotti biologici e gourmet da comprare o sperimentare in loco.

Si trovano formaggi locali (a esempio Goat Cheese o il Cheddar nostrano), baguette e falafel, hamburger e ostriche, biltong e cupcake, smoothies e paella, sushi e olive greche e persino prosciutto di parma (ma prodotto rigorosamente locale). Poi vino, magari abbinato alla pizza.

I lunghi tavoloni al centro dei due padiglioni sono strapieni di gente, bottiglie e chiacchiere, c’è un allegro mix di generazioni, meno di colori. 

Ovviamente noi abbiamo sperimentato in loco (uhm, soprattutto la pupa!), oltre a conquistare due o tre cestini di fragole, mirtilli e gooseberries (che non sono altro che alchechengi ma senza foglie) e formaggi per il pic-nic del giorno dopo.

E’ soprattutto però dietro le varie postazioni che si leggono i volti più diversi, compreso qualcuno che indossa cappello e perle.

 

Mi ha ricordato il Borough Market, anche se là avevo trovato il posto un’immagine concentrata di Londra, qui invece c’è molta distanza fra quello che trovi anche solo appena fuori, nelle strade di Woodstock e ciò che vedi tra le bancarelle. Certo è un tentativo fantastico di promozione del territorio con prodotti bio e soprattutto locali.

Ho vissuto la sua vivace atmosfera come un mercato "europeo" più che sudafricano o africano, ovvio che proprio questa caratteristica lo rende perfetto da girare come turisti, molto più di altri mercati "africani" visti in passato, dove ho osato poche volte mangiare senza troppe attenzioni ma che mi avevano conquistato come viaggiatrice:-).

Dall’Old Biscuit Mill Market alle terre del vino il passaggio è stato veramente breve. La netta sensazione era di essersi persi fra le campagne francesi, con edifici candidi dai profili caratteristici, fermarsi nelle cantine è fantastico perché le degustazioni si tengono sotto pergolati, con giardini, vigneti e colline attorno, musicisti e opere d’arte in certi casi. Un’attenzione tutta francese al contesto con vini discreti (puntualizzazione di Mr B.).

Sono veramente luoghi perfetti per fermarsi e degustare i vini con tanto di pupo, considerato che di solito ci sono giardini, fontana o prato dove scorazzare liberamente.

Chi vuol vivere fino in fondo l’atmosfera bucolica può chiedere di farsi preparare un bel cesto da pic-nic con del bianco ben ghiacciato.

 

Io devo dire che al terzo giro di cantina ho iniziato a sentirmi perfettamente integrata nel contesto:-).

Franschhoek è tra le fermate più belle, una manciata di case, tutte bianche, per lo più cottage dalle imposte in legno e dal tetto scuro, giardini da campagna anglo-francese, decine di ristoranti "gourmet" fra i quali scegliere, piccole gallerie d’arte e negozi dal sapore provenzale.

 

Due giorni qui, ti danno l’impressione di essere temporaneamente volato in qualche regione vinicola francese, con tanto di bollicine, nel bel mezzo di un viaggio nel continente africano. Di certo un modo per capire quanto il Sudafrica sia proprio quell’arcobaleno e mosaico di cui in tanti hanno detto.

 

Amo il vino, mi piacciono i mercati, vorrei…

Old Biscuit Mill Market

Franschhoek

Il cottage dove abbiamo dormito (di un’italiana): atmosfera idilliaca in una vecchia missione dell’800

Cantine da non perdere: La Grande Provence, Moreson (un punto in più per giardino e fontana da parte di Alice!), La Motte e tante altre…