Pane al buttermilch o latticello


Succede sempre così quando ho qualcosa di nuovo, che sia nell’armadio, in cucina o nella libreria. E il latticello non è stato da meno. Ha rallegrato delle crepes alle patate, ha ammorbidito delle frittelle formaggio ed erba cipollina e ha costruito attorno a sé un pane alle mele “so d’autunno”. 

Ancora stamattina, ormai scomparso, l’aliciotta reclamava “latticello” invece di latte: devo proprio aver colpito il suo immaginario:-).
Il latticello altro non è che il residuo della burrificazione della panna, un siero più acido e meno ricco di lattosio rispetto al latte, con una notevole quantità di sali minerali basici (potassio e calcio, ad esempio), meno grassi e la capacità di rendere i dolci (ma non solo, vedi ad esempio il soda bread e le mie crepe) morbidi, morbidi.
Esiste la possibilità di produrlo anche by home: basta inacidire il latte con succo di limone o preparare una miscela di metà latte e metà yogurt, oppure ancora ottenerlo dalla panna, sbattendo ad oltranza fino a quando il burro si separa e vi resta un liquido (una sorta di latticello però meno acido rispetto a quello originale).
Nelle mie ricerche (a proposito guardate qui ) ho scoperto che si può ottenere anche da una base di latte tiepido e ¼ di latticello, lasciata riposare al caldo. La base poi si replica (un po’ come succede con lo yogurt fatto in casa): purtroppo per me era troppo tardi perché la mia bottiglia era già bella che terminata.

Mi è capitato di assaggiarlo la prima volta in Alto Adige in uno di quei masi che si trovano sui sentieri alpini. Ne fui conquistata (contribuì di sicuro anche la giornata di cammino sulle gambe:-)), tanto che settimana scorsa ne ho acquistata una bottiglia in uno di quei mercatini dei contadini nel Renon. E sul pane ci ho ragionato su per delle ore: ho dato un’occhiata al cake speziato di Alex  e ad un paio di lievitati di Adriano, ho ripensato ad un pane alle prugne mangiato a colazione a Collalbo (volevo qualcosa proprio da tuffare nel latte o spalmare di miele & co).
Ne è uscito una sorta di pane briochiato, di quelli a base di lievito di birra fresco, con all’interno una purea di mele e sopra chips sempre di mele. Bè la lievitazione è venuta perfetta, perfetta, infornato al momento giusto, “oh, come cresce” dal vetro del forno…peccato che mentre ero alle prese con la nanna dell’aliciotta, mi sono dimenticata del pane e del forno (ho detto no che sono di quelle che ogni tanto si distraggono:-)?
).

Il pane, latticello e mele, è formato 12 mesi: di zucchero non ce n’è se non sopra per l’effetto crosticina di cannella, e l’impasto è morbidoso proprio per pasticciare con il latte a colazione.

Ingredienti

500 gr di farina per treccia ( o Manitoba)
2 uova
2 mele renette o belle dolci
150 ml di latticello
½ bicchiere di succo di mela
2 cucchiai di sciroppo d’acero
1 cucchiaio di miele di bosco (o acacia)
cannella
1° gr di lievito di birra fresco
chips di mela per decorare
zucchero di canna per decorare


Procedimento
Sciogliete il lievito con qualche cucchiaio di latticello tiepido e un cucchiaino di miele. Mescolate a 1/5 di farina e a 100ml di latticello. Formate l’impasto e lasciate riposare per un’oretta. Nel frattempo sbucciate le mele e cuocetele con sciroppo d’acero e cannella (se necessario bagnate con succo di mela o acqua). Riprendete l’impasto: aggiungete le mele, 3/5 di farina e il succo di mela. Infine uova, il resto della farina e del latticello. Mettete nuovamente a lievitare in luogo caldo per un paio d’ore.
Prendete l’impasto che sarà triplicato e ponetelo in uno stampo da cake (attenzione al formato, che il mio era troppo piccolo e il pane si è alzato tanto, tanto). Spolverate la superficie con zucchero di canna e cannella, decorate con chips di mela. Ponete in forno caldo a 180° per 40 minuti.

Ein Maerchenherbst in Renon


Da bambina mi capitava di avvertire l’autunno nell’aria: lo sentivo l’odore di caldarroste misto a camino e foglie secche mentre mi godevo le ultime biciclettate pomeridiane. E poi tutti quei rossi, gialli vivi e marroni scuri secchi finivano tra le pagine dei libri, ad imperitura memoria:-).

Questa sensazione l’ho rivissuta forte giorni fa, vagabondando per "toerggelen".

Naturalmente Mr B. e io abbiamo apprezzato mosto d’uva (ma quanto è buono?? e soprattutto zero alcool che pare di bere quasi un succo di frutta), Alice ha preferito succo di mela Pinova:-). In comune per tutti e tre caldarroste sulle pendici del Renon.
Devo ammettere che erano anni che non mi capitava di vedere un foliage così spettacolare immerso in un paesaggio da fiaba (da qui, mi perdonino i puristi, il titolo del post). 

E’ andata avanti settimane con Mr B. che storpiava ‘sto benedetto "toerggelen" e Aliciotta che non vedeva l’ora di vedere il mitico trenino. E la sottoscritta che pensava e ripensava all’autunno che non c’era (o meglio non era) come ricordava.

Per tutti (ma soprattutto Mr B. che così quando vuole può ripassare) "torggelen" indica l’antico nome della pressa dell’uva e "toerggel" è dove ci si ferma tra un vagabondare e l’altro ad assaggiare vino e altre prelibatezze:-).

Lasciata Bolzano alle spalle, il "toerggelen" più autentico si consuma a Signato, a ridosso dei vigneti di Santa Maddalena. Noi ci siamo fermati in un’antica stube, di quelle tutte in legno e il soffitto altezza ottocento: al Signaterhof si respira l’atmosfera dei tradizionali masi e sui tavoli è facile individuare i resti di caldarroste e caraffe di mosto. 

Il Renon in realtà comincia appena cominciano a sparire i declivi di vigne e si affacciano le montagne. Si può decidere di percorrere uno dei tanti sentieri a piedi oppure scegliere di vedere la manciata di paesi che lo compongono dal finestrino del trenino che dal 1907 collega Collabo a Soprabolzano. Capitati sul vecchio trenino in legno stile inizio novecento, Alice non ha fatto altro che indicare dal finestrino quando non faceva su e giù dalla panchina in legno riscaldata (per la disperazione di Mr B. che la sottoscritta fotografava:-).
E’ incantevole vedersi scorrere l’autunno dal finestrino di un trenino che ha velocità di altri tempi: baite e masi immersi in macchie rosseggianti, pezzate e cavalli pigri, pigri sui prati ancora verdi e le montagne, dal Latemar allo Zittertal alle Dolomiti.
I tratti percorsi sono fin troppo brevi, ma appena scesi basta imboccare un sentiero per sentirsi immersi nel paesaggio da favola di cui dicevo facendo "ciak, croc" nei mucchi di foglie (Alice docet).

Se si punta verso la parte alta di Soprabolzano ( tragitto non così breve se la temperatura scende, scende e comincia a nevicare, ma non era autunno), si può fare una puntatina al Kaiserhof per gustarsi il piatto "Torggelen" e musica e vedere vicini vicini lama e cavalli. Mentre se si sale verso Costalovara, appropiatevi di una panchina e cercate di indovinare i mille riflessi degli alberi sul laghetto.

Percorrendo la strada panoramica verso Monte di Mezzo (non potete sbagliare perché il campanile rosso cipolla della chiesetta di santa Andrea vi farà da guida) si riescono ad nominare molte delle cime di fronte. E se si percorre un sentiero si arriva proprio di fronte alle Piramidi, quelle di terra del Renon. Facile capire come un tipo tanto difficile come Sigmud Freud qui si trovasse tranquillo, tranquillo:-).

Noi, Alice in spalla (di Mr B. si intende) abbiamo tentato anche la salita al corno, salvo tornare indietro per nevischio in aumento e pupa strillante:-).

Abbiamo accettato il consiglio di una coppia di autentici bolzanini (e che coppia!)  e con loro (e i loro racconti di tanti anni passati) ci siamo fermati in una baita (quella "rechts" guardando il Corno, mi ha detto Allina). Alice, con mia grande sorpresa, si è data alla carne, un’enorme Wienerschniztel (di questa taglia ne ho viste solo a Vienna): lo so, è un quasi fritto (si dovrebbe evitare fin quasi ai tre anni), ma era veramente eccezionale!.

E i souvenir della sottoscritta? Bè latticello fresco, fresco del contadino, mele e succhi Kohl con i quali ho già creato … (si vedrà:-)

Renon, mi piacerebbe ma non so… andateci, in autunno se avete voglia di foliage (e New England e Vermont sono troppo lontani) siete capitati nel posto giusto. …andateci, il trenino è per i bambini ma vi assicuro tornerete piccoli, piccoli, eccome… andateci e fermatevi a dormire all’albergo Tann, ai margini del bosco, avrete l’impressione di essere immersi nel profumo di pinus….andateci, se avete voglia di silenzi lunghi misti al lieve "ciakketare" delle foglie e anche per voi l’autunno non pareva più quello di una volta.

Consultate qui: www.renon.org o www.ritten.com

 

 

Questione di 2/3 di zucca…

 …e del taglio di Miss Cia che, biricchino, ha lasciato due fette arancio, arancio vicine, vicine e l’altra a ruzzolare sul tagliere. Come ogni giurin giuretta che si rispetti, delle mille e una zucca che volavano per l’aria, il cucchiaino da buon giocoliere ha combinato, semplificato ( stamane la sottoscritta andava veloce) e, bontà sua, si è sdoppiato.
 

Il risultato? Due ricette, una formato bebè 7 mesi, l’altra per mamma e papà. Tempo di cottura? Poco, poco, che la zucca io l’ho cotta al vapore mentre facevo esperimenti col latticello conquistato nel weekend (ergo, aspettatevi un on the road a base di buttermilch e kastagne in un prossimo post).
Unica concessione al tempo che non avevo un ventaglio bianco formaggio, tanto per stupire il Mr B. di casa. Perché non ne ho mai abbastanza di declinare la vellutata di zucca.


La vellutata di zucca per i bebè è uno di quei piatti inizio svezzamento che la gran parte dei soggetti pare apprezzare (sarà per il sapore dolce, dolce o per il colore arancio, arancio?)
P.S. Per curiosità di zucche, carrozze e "fa bene perché, e per come" leggete qui.

La zucca nel piattino
Ingredienti

1 fetta piccola di zucca

1 cucchiaino di olio EVO

1 foglia di alloro
1 cucchiaino di parmigiano

1 cucchiaio di robiola

Procedimento

Cuocere la zucca a vapore, mettendo nell’acqua la foglia di alloro.

Una volta pronte passarla al mixer con qualche cucchiaiata di acqua di cottura, olio e parmigiano. Servire col cucchiaio di robiola al centro.

 
La zucca nel piatto (con ventaglio al seguito)
Ingredienti

1 fetta di zucca bella grossa
1 scalogno piccolo

Olio EVO

1 bicchiere scarso di latte o panna fresca per addensare

un paio di amaretti

100-150 gr di parmigiano Reggiano

Brodo vegetale

Alloro




Procedimento

Tagliare lo scalogno sottile e rosolarlo con l’olio dolcemente: unire la zucca (che avrete già cotto) e un paio di foglie di alloro (che poi eliminerete). Aggiungere il brodo e il latte (o panna), salare e far cuocere una decina di minuti.
Passare al mixer ottenendo una crema vellutata. Nel frattempo far fondere il parmigiano in una padella antiaderente, appena fuso mettere su una tazzina o cupoletta per dare la forma alla cialda. Servire la vellutata con il ventaglio di parmigiano e un amaretto sbriciolato.

Mille e una zucca


E’ stata Alice a ricordarmelo senza dover scomodare Cenerentola, il salice di Leonardo o Jack-o’-Lantern. Di ritorno dal nido, mentre io tagliavo verdure piccole, piccole, l’aliciotta ha cominciato a nominare zucche, anzi pumpkin (o come dice lei "papki") protagoniste dei giochi del mattino. 
E finalmente mi sono decisa a fare questo post: le ricette, una buona serie, erano da settimane già lì belle pronte con tanto di foto scattate nell’orto dei nonni in una mattina di sole di inizio ottobre. Con la sottoscritta in estasi contemplativa e molto, molto entusiasta per questi esemplari rugosi, rugosi, dall’arancione al verde scuro, appena bagnati di rugiada “so di orto”.

Chissà perché avevo lasciato indietro, quasi fosse una novella cinderella, quella che per me è una delle verdure superlilloves dell’autunno. Non c’è nulla che mi consoli e mi riscaldi meglio di una vellutata di zucca (bè sì c’è anche la zuppa al vino e cannella, ma direi che non è per niente formato baby).
Tanto più che nella dieta di Alice ha fatto capolino nei primi mesi dello svezzamento. Ho testato tante combinazioni per capire di che zucca fosse la pupa: accoppiata con patate, vellutata con un formaggio leggero, leggero, profumata con alloro, combinata con le mele (nei dolci è fantastica anche con cannella e cioccolato per mamma e papà:-). Devo ammettere che l’arancione zucca che sia potage o risottato è diventato  un lilloves.

Al gioco della zucca ha voluto partecipare anche Miss Cia che, sapendo delle numerose varianti in mio possesso, si è munita di coltello grosso, grosso, e ha proceduto al taglio. E visto l’innamoramento col soggetto ha imposto niente ricetta, ci si pensa domani.
E per i bebè? Bè la zucca si può introdurre già a partire dal 7° mese, dalla sua ha il vantaggio di essere veramente poco calorica (solo 15 calorie ogni 100 grammi di polpa), di contenere tanta vitamina A e betacarotene e di avere effetti miracolosi sugli intestini più pigri:-).
Oltre alla polpa, provate i semi debitamente essicati: per il formato bebè 12-18 funziona come snack spezza fame e "tienilo occupato".
P.S. Di sicuro i più conoscono leggende di lanterne (avete presente Halloween, no?) e carrozze fatate che si trasformano in zucche e lasciano scarpette da ballo per la via:-). Provate a leggere qui, che di zucche ne ha parlato pure Leonardo.

 

La tarte dei due anni


E così, inaspettatamente ho smesso di contare i mesi e gli anni sono diventati due. Sulla strada ho trovato "du lait et des framboises", a ricordarmi quello che è da poco passato ( a me pare solo ieri) e quello che è oggi, l’Aliciotta che afferra veloce, veloce i lamponi a mano libera.
E’ strano a ripensarci come c’è stato un tempo dove contavo i giorni e poi le settimane e come parevano non passare mai, poi i mesi hanno preso a correre e a mettersi in bell’ordine negli anni (troppa saggezza da lunedì?). 

La giornata di ieri è stata di quelle domeniche lunghe lunghe, che cominciano lente, lente.  La colazione a base di latte in tazza (che il biberon ormai fa capolino di rado), il primo soffio sulle candeline e Pippi che si cala in mongolfiera nel nostro salotto (naturalmente in formato pezza 40 cm) per la soddisfazione dell’Aliciotta.

E poi è continuata in giardino in un pomeriggio che sapeva di sole d’autunno, bolle di sapone e bimbi che corrono. 

Il dolce è nato per caso, sfogliando un libro di cucina che mi ha affascinato per la suggestione che è in grado di creare fra ricette, viaggi e mondi che l’autrice ha vissuto. La ricetta in "Falling cloudberries" di Tessa Kiros (perché il titolo in inglese è così tanto più bello della versione italiana "Ricette di famiglia"?) mi ha colpito perché ero alla ricerca di qualcosa di evocativo, semplice e che sapesse di latte. 

E credo di non aver mai creato un dolce (e forse un piatto) così evocativo, altro che madeilene proustiane. Sarà che ci sono i primi ricordi di mia figlia, sarà che il latte ha ancora un potere così consolatorio, sarà che ci ho tuffato i lamponi, rosso vivace di oggi, sarà che a Miss Cia ho consegnato parole in francese da porre sulla fotografia scattata all’Aliciotta (che in italiano proprio no, non mi suonavano per questa ricetta).

Et voilà "une tarte du lait et des framboises", di quelle dove la frolla appena lievitata si scioglie in un abbraccio nella crema di latte puntellata di rosso.

Ho alleggerito la ricetta di Kiros, passato subito la crema in forno con la pasta frolla (per paura che non tenesse e meno male:-) e annegato i lamponi. Una parte di lamponi si può lasciare da parte e preparare un succo fresco con arancia fresca, una manciata di mirtilli e qualche cucchiaio di acqua.

P.S. La tarte è formato 24 mesi, se eliminate i lamponi può funzionare anche per il formato 18:-).

Ingredienti (per otto persone)

Pasta

100 gr di burro a tocchetti

80 gr di zucchero

1 uovo sbattuto

250 di farina per dolci

1 cucchiaino di lievito in polvere

scorza di limone

 

Per il ripieno

500 ml di latte

50 gr di burro

2 uova

60 gr di zucchero

30 gr di maizena

1 stecca di vaniglia

200 gr di lamponi

Procedimento

Mescolare burro e farina con un cucchiaio di legno. Aggiungere al composto morbido la farina, la scorza di limone e il lievito. Incorporare l’uovo e mescolare con le mani. Mettere la pasta in una pellicola e porre in frigorifero per un’oretta. Nel frattempo preparare la crema. Sciogliere il burro nel latte su fuoco medio. Aprire la stecca di vaniglia e mettterne metà nel latte. 

Nel frattempo sbattere i tuorli con lo zucchero e aggiungere l’amido. Montare gli albumi a neve ben soda.

Passare il latte caldo al colino per eliminare i semini di vaniglia, e cominciare ad aggiungerne una cucchiaiata ai tuorli: mescola subito prima che impazziscano. A questo punto aggiungere anche il resto del latte e incorporare gli albumi. 

Lava i lamponi e riscalda il forno a 180°.

Riprendere la pasta, stenderla con il mattarello e porla in uno stampo da crostata. Versare la crema sulla crostata, tuffare i lamponi (se vuoi puoi spolverare con dello zucchero di canna) e passare in forno caldo per 40 minuti.

 

 

My fishburger

Premessa, diamo a Mr B. quello che è di Mr B.. L’idea di acquistare lo strumento è stata sua. Ricordate una domenica di agosto al -1 della Rinascente? Bè è stato lui ad adocchiarlo, suggerendo un acquisto sugellato dalla prospettiva di spadellare hamburger chez nous: "Alice non gradisce la fettina? Proviamo con l’hamburger".

Per la serie faccio parte anche io delle mamme "che camuffano (avete presente polpette&co."?).

In realtà l’hamburger, a distanza di due mesi, non è stato ancora impiattato o impaninato (vedi Mac’), in compenso, indubbiamente affascinata dal fantastico strumento, ho iniziato ad inventarmi variazioni fishburgers. Che passati in padella, con quelle belle righette incise è un piacere vederli. Utilità? Pari allo zero, visto che con l’aliciotta funziona persino la spigola al sale semplice, semplice, veloce, veloce. Nonostante questo la catena fishburgers  ha imposto il suo ritmo serrato (succede sempre così, c’è stato il tempo cake, quello soufflè, e poi il gelato e mousse, a voi non succede?): ho sperimentato con tonno, pesce spada (evitarlo per il bebè fino ai 24 mesi, mi raccomando), merluzzo e salmone. Io ad inventare, Mr B. al taglio del pesce al coltelo (che tritarlo non mi piace proprio) e dopotutto è lui il "chirurgo" di casa, io ad assemblare e impastare, Mr B. allo "sbattimento finale"(guardate la foto dello strumento e capirete). E Alice? La pupa si diverte oltremodo a fare il tutto a pezzettini (ricordate non tritiamo, quindi è un piacere ricavarne microburgerini) e a ricompattare poi in bocca. 

 


 

Sul burgermotiv sono in poleposition tonno e salmone, quest’ultimo però vanta la resa migliore con patate, aneto (che io adoro) e salsina di accompagnamento bianca&verde.

 

Il formato del fishburger è dai 12 mesi in poi. Il salmone è un pesce ricchissimo di acidi grassi Omega 3, in grado di aumentare le difese immunitarie e far bene al sistema circolatorio e nervoso. la sua cottura ideale? Al vapore o bollito in acqua (sotto i 100°). Se vi riesce, nel senso che riuscite a trovarlo (io ce l’ho fatto solo per l’affumicato), acquistate salmone selvaggio invece che di acquacoltura.

 

Ingredienti (per tre)

400 gr di filetto di salmone
2 patate medie bollite
aneto fresco
finocchietto fresco
1 barattolo di yogurt bianco

1 lime
 

 

Per mamma e papà
Pepe al limone
Capperi
Senape in grani

 

Procedimento

Spellate il salmone, tagliatelo (con tanta pazienza) al coltello e mischiate con le patate schiacciate. Condite i pezzetti di salmone con olio Evo (un cucchiaino non di più che il salmone è già grasso:-), il succo di 1/2 lime, aneto a pezzetti. Lasciate riposare per almeno una mezz’oretta. 

Intanto preparate la salsa: mischiate lo yogurt con il finocchietto fresco tritato. Nella versione adulti potete aggiungere pepe al limone, senape in grani e un cucchiaino di capperi.

Formate con l’impasto i fishburger, magari con il magico strumento (in questo caso, fate attenzione  a centrare l’obiettivo con forza). Ungete una padella con olio, scaldate e cuocete il burger. In alternativa pote fare dei mini fishburger e cuocere nel cestello a vapore (ci guadagnate in Omega 3). Servite con la salsa allo yogurt.