Gelatine di frutta, che confusione:-)


Questo post era lì che riposava da tempo, mentre la sottoscritta era poco convinta del risultato della ricetta. Poi, l’altra settimana, in pasticceria mi è stato svelato l’arcano. Incominciamo però dall’inizio che sto già facendo confusione. Ecco, le caramelle. 


Finora le abbiamo evitate con abilità con qualche rara eccezione (mi spiegate perché in ogni dove, non c’è adulto che non offra caramelle ai bambini:-)?che mamma noiosa!). Risultato? Bè Alice distingue una frittata da un’omelette ma non una gommosa da confetto ricoperto .
Poi alla sottoscritta è venuta l’idea. Perché non fare delle splendide gelè homemade di frutta? Colorate quanto basta, di forme divertenti e morbide, morbide. Che dopotutto era stata una mania estiva quella delle gelatine (vedi ad esempio i bicchierini nella serie fingerfood…)

Era lì l’idea che frullava quando qualche domenica fa andiamo con una coppia di amici al monastero di Torba (vicino a Varese) per una di quelle giornate Fai con ville&co. aperti.

E lì mentre fotografo (e Mr B. e pupa si danno alla degustazione libera per assenza di figura materna) mi metto a chiacchierare con una simpatica cioccolataia piemontese che sul banco ha in bella fila vasi pieni di gelatine di frutta. Ne sono rimasta conquistata, pareva di aver fatto un salto indietro nel tempo con queste tavole sottili, sottili di cioccolata e le gelatine che loro chiamano polpa di frutta o “cotognata”.

 

Ho scoperto che le gelè vantano storia antica: le nobildonne, oltre che a menestrelli e cavalieri, si dedicavano anche alla preparazione di marmellate, sciroppi e per l’appunto gelatine che poi servivano su tappeti di foglie d’alloro fresche (e qui la mia fantasia "figurativa" già si emozionava).

Detto fatto. Lunedì, armata di vari tipi di frutta (sono una che ama esagerare) mi accingo, nel mio castello, a cuocere, filtrare, passare e pazientare (le caramelle hanno bisogno di un bel riposo).
Problema? Ho voluto utilizzare l’agar-agar, che tante soddisfazioni mi aveva dato quest’estate, invece della pectina.
Risultato? Sapore favoloso (a detta di Mr B. e dalla faccia di Alice), resa molliccia.

Veniamo a come andrebbero fatte (si ringrazia l’amico pasticcere della Centrale per gentile concessione del suo sapere).

Bè l’ideale sarebbe utilizzare purea concentrata di frutta (non il succo), o comunque frutta fresca cotta una bella mezz’oretta (il tempo dipende comunque dal tipo e dal grado di maturazione della frutta), debitamente passata al colino per ottenere il nettare.

Di che cosa non si può ssolutamente fare a meno? Della pectina, che potete acquistare già bella e pronta oppure ottenere abbastanza semplicemente a casa.
La pectina è contenuta nella buccia della mela acerba: “Basta –mi è stato spiegato dal pasticcere (ma trovate la spiegazione anche qui) – far cuocere la scorza di mela con poca acqua per una mezz’ora, passare al colino e aggiungere il succo a quei frutti che non contengono pectina (ad esempio i lamponi che ho usato io).
Stesso procedimento, utilizzando il succo di limone, per  la frutta poco acida (vedi le pere, pure queste finite nelle mie caramelle con la cannella): in questo caso però si può anche utilizzare lo sciroppo di glucosio (si trova in farmacia).

Avrete quindi tre soggetti da amalgamare: purea, zucchero, pectina ed eventualmente correttore di acidità (limone o sciroppo di glucosio). Prima però munitevi di termometro (il pasticcere mi ha detto che quello per gli arrosti in mio possesso era perfetto).

Quantità di zucchero? Per me il meno possible, amo sentire il sapore della frutta:-). Diciamo 20:80.
Ergo, esempio: 160 gr di polpa di frutta, 40 gr di zucchero, circa 10-15 gr di pectina e 150 ml di sciroppo di glucosio o acido. Una volta sciolto lo zucchero a freddo aggiungete la pectina e quindi lo sciroppo di glucosio o il correttore di acidità. Mettete sul fuoco fino a quando la temperatura sale a 106° .
Spegnete e fate raffredare immediatamente in un contenitore freddo (ad esempio con ghiaccio).

Visto che però sono ostinata, vi lascio anche la versione con agar-agar. Il procedimento che ho scovato è pressoché identico: si elimina sciroppo di glucosio, per la pectina si aggiungono semplicemente le bucce di mela (che poi eliminerete) al composto di zucchero e polpa di frutta. Si amalgamano due cucchiaini di agar-agar con due, tre cucchiai di acqua tiepida: si scioglie il tutto sul fuoco per qualche minuto e poi si toglie. E poi via con le formine in frigo per qualche ora!

La sottoscritta, chiaramente, deve ritentare l’esperimento, se qualcuno si cimenta prego votare il procedimento “the best”.

P.S. Il formato delle gelèe è 12 mesi (mi raccomando non esagerate con lo zucchero!). I tipi di frutta, bè anche quelli dipendono dal formato:-). Personalmente ho utilizzato: uva fragola (da folli masochisti), pera (+cannella), lime&mapo, lamponi e mirtilli (da evitare per soggetti sotto i 24 mesi).

Ripiesse. Lo so, oggi la ricetta è proprio strana e tanto raccontata, perdonate se ho fatto giusto un po’ di confusione.

 

Stracciatella a modo mio

Devo imparare a stare zitta (la mamma quante volte ha tentato di spiegarmelo) e invece pure stavolta ci sono cascata. Una settimana fa, a cena con una coppia di amici, mentre dò l’assalto ad una serie di assaggi indiani, tutta beata spiego che l’aliciotta sono due mesi di fila che va al nido tutta felice. E soprattutto non ha fatto nemmeno uno starnuto (bè tanto per esagerare, no?). 

Sette giorni dopo, la febbre ha piantato tende e burattini (si dice?) e pare proprio che qui ci stia alla grande. Ho provato a combatterla con echinacea, biscotti – mai perdere il buon umore, n’est-ce pas?-,  yogurt probiotici (l’ho letto proprio l’altro giorno che aiutano, ma tanto), frutta come se piovesse e, of course, sciroppi, sciroppi, sciroppi: mai visto una pupa prendere e invocare tanto volentieri "ttachiperina". 
Stanotte, tra un colpo di tosse e uno starnuto (che malata è pure la sottoscritta), ho pure dato addosso a Mr B. che dopotutto mica è un pediatra ma un medico ridotto all’osso. E ho preteso che sì, il pediatra doveva venire anche da noi e dare un’occhiata alla nostra aliciotta. Verdetto: pazientare, passerà.

E intanto? La cucina è pressoché chiusa, ad eccezione dei suddetti biscotti e di pastine, zuppette e brodini, perché non c’è proprio nulla di più confortante.
Rettifica, registrata oggi alle 12.30: una mozzarella fiordilatte fresca, fresca ha battuto brodino di riso, ma credo che Alice non costituisca campione bebè credibile:-).

 

La stracciatella di ieri sera è a modo mio perché con la stracciatella romana poco ha a che vedere: al posto dell’uovo il semolino a dare quell’aspetto "strapazzato". Via libera quindi per un bebè piccolo, piccolo, 7 mesi (epr via del glutine nel semolino). 

I semi di finocchio, aggiunti nell’acqua di cottura, sono un ottimo rimedio a dolori addominali e vomito, conciliano la digestione e stimolano l’appetito.
 

P.S. Per tutte le mamme che allattano: pare che le tisane a base di finocchio e anice aiutino ad aumentare la montata lattea, di sicuro ne migliorano il sapore considerato tutte le tazze bevute dalla sottoscritta e la perseveranza della pupa a rifiutare qualsiasi altra possibile bevanda:-).

 

Ingredienti

2 carote

1 cucchiaino di semi di finocchio

acqua oligominerale
40 gr di semolino
1 cucchiaino di olio EVO

1 cucchiaino di parmigiano

a piacere finocchietto selvatico per decorare

 

Procedimento

Pulite le carote, se bio potete fare a meno di sbucciarle leggermente. Tagliate a pezzi e ponete in un litro circa di acqua con i semi di finocchio (che volendo poi potete eliminare filtrando il brodo). Passate le carote al mixer (io le ho schiacciate con la forchetta, visto il formato di Alice). Rimettete in acqua sul fuoco e aggiungete il semolino a pioggia. Girate per qualche minuto, aggiungete olio e parmigiano e servite. Io ho approfittato degli ultimi segni di vita della mia coltivazione sul terrazzo per la decorazione:-).

 

 

 

 

 

Biscotti dell’Alice malata: con farina di riso e non


Non c’è niente di meglio in una giornata di novembre, piovosa, ventosa e senza nemmeno la luce autunnale tenue, tenue, che sfornare biscotti. Soprattutto con un’Alice ammalata e la sottoscritta reduce da nottata lunga, lunga, febbre alta. E’ stato così che, piazzata la pupa sullo sgabello alto della cucina, ho diviso l’impasto e lasciato che una parte finisse tra le manine a mo’ di pongo. E per la felicità dell’aliciotta, formine come piovessero. 
Di solito comincio a sfornare biscotti da inizio dicembre e continuo sino a Natale: rigorosamente di origine austro-tedesca-svedese e di forma, bè, principalmente a stella (i miei assolutamente preferiti sono le zimtsterne).

Eccezioni? Le prime durante lo svezzamento di Alice, diciamo attorno al decimo mese, quando mi era venuta la fissa di sfornare biscotti con pupa nel marsupio perché proprio non sopportavo i similbiscotti svezzamento-bebè (ogni mamma ha le sue fisse, no?).
E poi quando capisco che all’ora del tè sì, ho proprio voglia di biscotto homemade (tipo due, tre volte l’anno) e mi ci metto di pazienza ad impastare e pasticciare:-).

L’esperienza di oggi è stata fantastica: l’impasto dei biscotti batte il pongo durante e dopo, che l’impasto pare più semplice da maneggiare, si attacca meno facilmente ai vestiti e soprattutto al seguito di debita cottura si tuffa morbido, morbido, leggero, leggero in tè, latte e simili.

Nelle due ricette ho utilizzato zucchero, direi quindi formato bebè dai 12-18 mesi in su, a meno di sostituire lo zucchero con miele o sciroppo d’acero (in questo caso 12 mesi). Tenete conto che il biscotto alla farina di riso è perfetto anche chi è a dieta no glutine: la sottoscritta si è entusiasmata del risultato così fragrante e sofficioso.

Ho sfornato due tipi di biscotti, il primo da maneggiare solo dalla sottoscritta (che poi ci dovevo fare le foto, ma in una si intravede un risultato della pupa), il secondo per far pasticciare l’aliciotta con mille formine. La mia convinzione di tutto pulito, rigoroso, non mischiamo mille cose diverse è andata a farsi benedire, ma vedere Alice con le mani in pasta, come diceva qualcuno, “non ha prezzo”.

 

 

Biscotti alla farina di riso

130 gr di farina di riso
30 gr di fecola di patate
1 uovo
2 cucchiai di zucchero
1 cucchiaino di cannella
70 gr di burro
1 cucchiaino piccolo di bicarbonato

marmellata a piacere (io ho utilizzato quella ai mirtilli, evitare con formato sotto i  24 mesi)

Procedimento

Mescolare il burro con lo zucchero fino ad ottenere un composto soffice al quale unire l’uovo sbattuto e il cucchiaino di cannella. Stemperare la farina con la fecola e il bicarbonato e aggiungere al composto. Far riposare 15-20 minuti in frigo nella pellicola. Riprendere il composto e formate dei biscotti tondi con un affossamento al centro (ci ha pensato Alice con il suo pollice) nel quale mettere la marmellata. Passare in forno caldo (175°) per 15-20 minuti.

 

Biscotti al lime

300 gr di farina per dolci
1 uovo
il succo di un lime (o limone)
la scorza di un lime
80 gr di burro
50 gr di zucchero

1 cucchiaino di cremor tartaro e ½ cucchiaino di bicarbonato (o semplicemente il cucchiaino di lievito di cui ero rimasta sprovvista)

Procedimento

Mescolare il burro e lo zucchero (con un bel cucchiaio di legno avrete il risultato migliore), quando il composto è bello soffice aggiungere il succo del lime, la scorza e l’uovo sbattuto. Unire la farina a poco a poco ed infine il lievito (o cremor tartaro). Lasciar riposare per una mezz’ora in frigorifero. Stendete l’impasto e via con le formine. Infornare a 175° per 15 minuti.

 

 

 

 

 

Panini alla zucca: Halloween…

Lo ammetto, sono tra quelli (pochi o tanti ditemelo voi) che non amano particolarmente Halloween: con i padri pellegrini mi sento più legata per il piatto del ringraziamento (e presto lo scoprirete) piuttosto che per Jack-ò-Lantern o fantasmi e spiriti (bè giusto le streghe mi sono simpatiche). L’unica cosa che veramente mi piace di Halloween è la zucca.

Non quella grossa, grossa, arancione, bella sì da vedere ma in cucina utile zero, ma la mantovana o la rugosa verde scuro, arancio acceso, polpa dolce, divina da mangiare:-).
Ecco che, in barba alla tradizione d’oltreoceano, ho accantonato ragnetti e fantasmi dolci per sfornare un superclassico dell’infanzia di Mr B: il pane alla zucca della nonna ‘Sunta. E con questo direi che la settimana pane in omaggio al World Bread Day a cui non ho partecipato è bella che archiviata.

La ricetta me la sono un po’ rivisitata, il pane sono diventati panini piccoli, piccoli che potessero stare nella manina di Alice ed essere divorati con pochi morsi. Cosa regolarmente successa fino a quando ho detto basta, che di panini per Mr B. per la sera non ne rimanevano che tanti resti morsicati:-)
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Nei panini ho aggiunto noci e semi di zucca, purtroppo questi ultimi li ho trovati all’ultimo momento solo bianchi e salati, mai più, che quelli verdi e naturali che di solito utilizzo sono un’altra cosa.

Il formato bebè? Bè se togliete noci, semi e qualche cucchiaita di latte che ci ho aggiunto io, potete tranquillamente utilizzarli già dopo qualche mese dall’inizio dello svezzamento, al posto del solito pezzettino di pane da pasticciare del panettiere. E poi pane e panini homemade col profumino che si spande per tutte le stanze (e alla sottoscritta sulla zazzera di capelli) sono una delle soddisfazioni maggiori in cucina.
Provate, magari col bebè a fianco che sbircia impasto e lievitazione! E poi: panino o scherzetto?

 

Ingredienti

400 gr di farina Manitoba

200 gr di farina normale 00

8 gr di lievito di birra fresco (meno della metà di un panetto)

500 gr di polpa di zucca cotta (io l’ho fatta al vapore)

semi di zucca (ricordate verdi e non salati!)

una manciata abbondante di noci

3 cucchiaiate di latte (si può farne a meno)

1 cucchiaino di zucchero o miele

sale

acqua

 

Procedimento

La sera prima preparate il lievitino (vi aiuta ad usare meno lievito ed evitare quel saporino chimico tanto fastidioso se non siete provvisti di pasta madre). Sciolgliete il lievito in un cucchiaio di latte e uno di acqua tiepida con i cucchiaino di zucchero (o miele). Mischiate 150 di manitoba e 50 di farina normale con il lievito sciolto e circa 70 gr di acqua. Lasciate girare il robot (o le vostre mani) per una decina di minuti. Prendete l’impasto e ponetelo in frigo (o fuori se la temperatura è bassa) per una decina di ore. La mattina riprendete l’impasto aggiungete la farina rimasta , la zucca, un pizzico di sale e impastate. A seconda del necessario aggiungete un paio di cucchiai di latte e acqua (dipende un po’ dalla vostra polpa di zucca più o meno umida e bagnata).  Io ho ottenuto un impasto che si staccava dal gancio del mio Mr Aid, però bello morbido. Coprite e ponete ancora a lievitare per un paio d’ore al caldo.
Quando l’impasto sarà più che raddoppiato, formate dei panini, in alcuni potete inserire noci, in altri semi di zucca (ma volendo anche altro, tipo semi o castagne cotte o persino gocce di cioccolata, vedete un po’ in base anche al formato del vostro bebè, ad esempio niente cioccolata almeno fin dopo i due anni, alcuni manuali dicono fino a tre!). Pennellate i panini con latte e decorate con semi, noci, etc… Ponete in forno caldo a 200° per venti minuti, poi abbassate a 180° per altri 10 minuti e finite a 170° per gli ultimi 10 minuti.

Cime di rapa in vellutata

Premessa: cime di rapa e broccoli sono uno degli ingredienti "cult" della cucina di mia nonna, debitamente accoppiati a orecchiette o linguine, conditi con olio (tanto), peperoncino, acciughe (come piovessero) e aglio (troppo). Alice, causa formato, non è ancora un’adepta della ricetta della nonna bis (di cui fu vittima a suo tempo anche Mr B.), d’altraparte sta testando innumerevoli rivisitazioni. Alleggerite, si intende.

 

Ecco che, in preda alla mia mania di sottrarre, sperimentare e, di questa stagione, ridurre tutto a vellutata, anche le cime di rapa sono finite in scodella.

Della famiglia di cavoli e cavoletti, le cime di rapa con quella parte allungata così simile ad un mazzo di fiori, sono ricche di vitamina A e C e sali minerali. 

Temendo il gusto amarognolo ho cercato di porvi rimedio con patate e carote, anche se alla fine devo dire che comunque un pochino si sentiva e la pupa non ha gradito molto: per la prossima volta proverò ad aggiungere una patata dolce, chissà mai. D’altra parte con le cime di rapa è proprio questo il bello, altrimenti se si annulla l’amarognolo che gusto c’è? 
In barba alla tradizione di olio, acciughe & co. ci ho tuffato dentro cubetti di tofu, che più sano  e leggero non si può. 

 

La ricetta è formato 12 mesi per via delle cime di rapa (e aglio), di certo non è congeniale per inizio svezzamento (in questo caso, meglio andare di zucca vista la stagione e il formato bebè).

 

Ingredienti (per tre)

150 gr di cime di rapa
1 patata piccola
1 carota
1 spicchio d’aglio
olio EVO
100 gr di tofu

Procedimento

Tagliate le verdure a pezzetti e mettetele in pentola con un cucchiaio di olio e lo spicchio d’aglio (che poi eliminerete). Girate e aggiungete un litro d’acqua. Portate a cottura, passate al mixer e servite con cubetti di tofu (che eventualmente potete passare in padella con olio Evo e gomasio).