Barrette ai cereali? Fast&easy

Non sono stata rapita e, aihmè, non mi sono neppure allontanata molto da casa. Ho cucinato poco, lavorato poco (uhm, e c’è una lista di to do che mi mette in ansia!), accumulato lavatrici, dimenticato quelle due o tre cose fondamentali e starnutito parecchio tra inalazioni in coppia (Lea&io) e aeresol solitari. Ho capito che mi manca l’estate, il mare e il cielo blu. Ma il tempo non pare pensarla come la sottoscritta. Oggi è lunedì (iniziato di corsaaa), piove e io ho bisogno di dormire (ma va?). In questo momento però è pace assoluta, c’è solo una musica leggera nell’aria (questo brano di Satie, che io amo e Lea parrebbe anche). Adoro quando io e la pupetta siamo a casa sole. Lei è una neonata relax, io una mamma poco relax ma che aspirerebbe a diventarlo. 

A proposito di cucina, tanto facile da sembrare un gioco, oggi è tempo di barrette.

Personalmente mi piacciono molto cereali e frutta secca (noci e nocciole, in primis), che tra l’altro ho scoperto particolarmente indicati durante l’allattamento per il loro contenuto di ferro (noci) e calcio. E da tempo volevo sperimentare le barrette home made

L’occasione è nata qualche settimana fa dalla proposta di Imaginarium (azienda che in realtà produce soprattutto giochi per i più piccoli) di testare un loro prodotto che, a vederlo, pare più un giocattolo (per l’appunto) ma a usarlo è perfetto anche in cucina. Ovviamente ho coinvolto Alice (che non ama le barrette, a essere sinceri e nemmeno la frutta secca, per lei ad esempio lo yogurt è e deve essere sempre all white).

Le barrette le ho mangiate tutte io ma la preparazione l’ha divertita, soprattutto nello "schiacciamento" degli ingredienti. 

Naturalmente mi sono armata di una grande quantità di ingredienti possibili: dal riso soffiato ai frutti rossi esseccati a un paio di mieli a noci, nocciole, mandorle&co, goccie di cioccolato fondente. Ho schierato tutto in ciotoline e Alice ci ha tuffato allegramente le mani. Per legare il tutto noi abbiamo usato succo di mela e yogurt.

Ovviamente in mancanza dell’aggeggio potete usare comodamente il forno, porzionando gli ingredienti col cucchiaio o inserendo in stampini rettangolari e bassi appositi oppure mettendo tutto l’impasto in uno stampo rettangolare e, a cottura avvenuta, tagliare a pezzi con un coltello (io voterei per questa soluzione, veramente fast&easy). Inutile dire che è un ottimo rimedio alla merenda quotidiana o allo snack da portarsi in giro. 

 

Come è mio solito, ho elaborato le mie personalissime ricette, nonostante all’interno ce ne fossero una decina. 

La mia preferita è a base di riso soffiato, miele agli agrumi, mix di noci e nocciole e frutti rossi. Poco olio di semi e un’aggiunta di yogurt (pure questo home made:-)). 

Piesse: comodo per chi va di corsa, ha improvvisi langurini e vuole sedarli in maniera poco pericolosa:-)

 

Le quantità? Sono andata a occhio, ammetto, comunque: mescolate circa 100 g di cereali misti o riso soffiato con un cucchiaio o due di frutta secca a pezzetti e un cucchiaio di frutti rossi. Aggiungete un cucchiaio abbondante di miele (agli agrumi, ma anche al tiglio o millefiori, comunque delicato), uno o due cucchiai di yogurt e un cucchiaio di olio di semi delicato. 

Inserite tutto nell’apposito aggeggio seguendo le istruzioni oppure foderate uno stampo con carta da forno, riempite con l’impasto (circa 1,5 cm di altezza) e trasferite in forno per 20-25 minuti a 175°. Lasciate riposare qualche minuto e poi tagliate a rettangoli dando forma di barretta. Conservatele (se non ve le mangiate prima come ho fatto io) in una scatola di chiusa.

 

 

 

 

 

 

 

Tagliolini alla carruba con ragù d’anatra

L’idea era di utlizzarla per i prossimi gelati home made, considerate le sue ottime proprietà addensanti che la rendono l’ingrediente segreto di gelati&co. Poi ho cominciato a leggere in rete e a elaborare sperimentazioni. Ok, gran parte sono ancora nella mia mente, perché il tempo in questo periodo è v-e-r-a-m-e-n-t-e p-o-c-o, scandito lettera per lettera, sì, sì. Sono ferma alla prima: tagliolini alla farina di carrube con ragù d’anatra. Pensata per chi come me è in debito di ferro, vitamine etc. etc… , ma perfetta anche per chi vuole presentare una ricetta nuova, nuova per il pranzo di domenica. Beh, è Pasqua, no?

L’interesse per "e ora che mangio" è arrivato il giorno della dimissione mio e della pupetta, quando il medico, gran sorriso, mi ha detto: "La vedo in gran forma, ma mi dia retta fegato e milza, milza e fegato nelle prossime settimane". Faccia scettica mia al suo "Non le piacciono?". E beh, anche no. La milza non l’ho presa in considerazione "manco" per scherzo,  per me rimane una di quelle cose che nominavo da piccola quando correvo troppo forte, e tale credo rimarrà. Lui mi ha convinto per l’assaggio del fegato, sfoderando una ricetta di famiglia: fegato alla veneta, con "tantissimeee cipolle". Non so Lea, ma io ho abbandonato alla prima volta pur adorando la zuppa di cipolle, sì, sì.

Ho deciso però di aumentare la presenza di carne e così è finita che i tagliolini, che in un altro momento avrei condito diversamente (ecco proovateli con un ragù di funghi, devono essere ottimi:-)), si sono sposati con un ragù di anatra. Ricca di ferro,  considerato che rientra fra le carni rosse. 

Al contempo sono rientrate dosi massiccie di lenticchie rosse decorticate, perché lo spauracchio "coliche, pianti, canta e cammina" vissuto con Alice è ancora vicino, vicino. 

 

La farina di carrube è stata una gran bella scoperta: al di là di vantare proprietà astringenti (da usare quindi anche in caso di diarrea nei bambini), è un prodigioso riminalizzante, perfetto quindi in cure ricostituenti o in caso di spossatezza. Vedi puerpere "allattanti":-).

La prossima sperimentazione sarà di sicuro dolce, proprio come fosse cacao.

Ammetto di aver approfittato della presenza di due aiutanti, amanti della preparazione della pasta homemade, per realizzare la ricetta. Io ho fatto l’impasto, Lui e Alice hanno tirato fuori 500 g di tagliolini scuri, scuri.

Della serie questa è un’idea da imitare se anche voi avete qualcuno di volenteroso al vostro fianco e in questo momento siete messe come la sottoscritta.

La ricetta. Ovviamente non è solo per puerpere e pranzi pasquali:-)

piesse: la regola imporrebbe 1 uovo per ogni 100 g di farina, io ne ho usato uno in meno, di solito infatti diminuisco sempre la quantità di uova, per avere una pasta più leggera.

 

Ingredienti

La pasta.

400 g di farina di grano duro

100 g di farina di carrube

4 uova

acqua, sale

 

Il ragù

400 g di petto d’anatra tritato medio

3 carote

1 gambo di sedano verde

1 cipollotto

1 spicchio di aglio

olio EVO

sale

rametto aromatico di rosmarino, timo e salvia, 1 chiodo di garofano

1 cucchiaio di maizena amalgamata in mezzo bicchiere di brodo vegetale (o latte).

 

Procedimento

Su una spianatoia versate a fontana le due farine mescolate insieme, create un buco al centro e sgusciate dentro le uova.  Aggiustate con un pizico di sale, eventuale goccio di acqua e impastate a mano. Lasciate riposare l’impasto avvolta in un canovaccio per una mezz’ora, quindi ricavate le sfoglie con l’apposita macchina o col mattarello e quindi i tagliolini.

Il ragù. Fate stufare il cipollotto affettato sottilmente con lo spicchio d’aglio e le erbe aromatiche (che alla fine toglierete) e il chiodo di garofano. Aggiungete le carote e il sedano a dadini piccoli, quindi la carne.  Mescolate, rabboccate con del brodo vegetale (circa un mestolo o due) e fate cuocere a fuoco dolce. Salate. Verso fine cottura addensate il ragù con la maizena. 

Bollite i tagliolini in acqua salata dove avrete aggiunto un cucchiaio di olio (così da evitare che la pasta appiccichi). Scolate e condite con il ragù, una spolverata di parmigiano e un rametto di rosmarino fresco.

 

 

 

 

 

 

Lea, la mia seconda primavera

E’ arrivata una settimana fa puntuale come la sottoscritta non è mai riuscita a essere in tutta la sua vita (salvo rare e dovute eccezioni). Inaspettatamente, che neanche due giorni prima mi avevano rimandato con la mia pancia al monitoraggio da cominciare subito dopo il termine. Lea ha deciso altrimenti e ha scelto un giorno che piaccia più o meno, sia simbolo di diritti da rivendicare o differenze da celebrare, o semplicemente una tradizione ormai inflazionata, come i cioccolatini e i fiori il 14 febbraio, è di per sé speciale. L’8 marzo, col suo giallo che pare voler già fare uno scatto veloce per arrivare al 21, e dire "è primavera". Perché, come mi ha scritto un’amica mesi fa, una bambina è sempre sinonimo di primavera. E Lea, per me è come fosse uan seconda primavera, uno di quei regali che non ti aspetti perché pensavi di avere avuto tutto, di essere ben al di là del confine di poter tanto emozionarti per altro. Bene, mi sbagliavo. Questi mesi mi hanno insegnato tanto, e all’arrivo mi hanno fatto vedere le cose come completamente diverse, facendomi sentire una vera ingenua. La cosa stupefacente? Guardate il disegno sopra, bene questa è Lea, tratteggiata pochi giorni prima della nascita quando ho spiegato a Miss Cia (grazie!) l’idea che ho inseguito per mesi di questa pupa: una leoncina fatta di acqua e aria. Il nome, Lea, a guardarla ora pare portarsi dietro il suo destino, che vedo chiaro e tiepido come una giornata di primavera. 

piesse: grazie a tutti, amici virtuali e non, per i tantissimi auguri!

Crema di carote e spaghetti Asian style

Ormai manca una manciata di giorni e solo a pensarci mi pare quasi impossibile, non fosse per ‘sta panza, poco virtuale, che assomiglia a un siluro o una finta anguria, di quelle grosse, quasi messa lì. Ognuno, ovvio, dice la sua, c’è chi continua a insistere sull’impossibilità che sia femmina. E’ una "panza da masculo", come se la forma denotasse il sesso. Bò, qui siamo sicuri e speriamo che la signorina sia solo una di quelle abbastanza puntuali, che non si lasciano attendere per giorni e giorni. Leggende a parte, la sottoscritta, uscita dal tunnel raffreddore, beneficia dell’aria "so di primavera" e vanta energie che non sospettava di avere. Oltre a una voglia di spezie e spezie, e cibo etnico o che abbia la prerogativa di ricordare mondi poco vicini. Sarà che il trolley è fermo al chiodo e qui il viaggio si fa giusto in cucina.

E’ nata così questa crema che avrebbe potuto beneficiare di una nota Asian più accentuata se il mio coriandolo non avesse deciso di stramazzare definitivamente e abbandonarmi prima dell’arrivo di nuove forze. Beh, comunque sfiziosa è sfiziosa, con quegli spaghetti di soia, simili a nidi, fritti (sì definitivamente fritti) in olio bollente, croccanti e morbidi dentro e intingolati nella crema al profumo di zenzero fresco, decorata con una noce di latte di cocco.

Niente comfort food, ma colore, colore, e ancora colore e profumi per andare lontani, non fosse altro se non in punta di bacchetta.

Ovvio, per chi ha necessità, la crema può essere sdoppiata e diligentemente diventare una vellutata cremosa, a base di carote, poco succo di arancia e una patata, per il bebè. 

La ricetta? Di quelle veloci ma d’effetto, grazie al tocco degli spaghetti di soia, insaporiti con salsa di soia, mirin, zenzero, cipollotto e capaci di nascondere, simil ostriche, delle piccole favette all’interno.

Per tre: 500 g di carote bio, succo di un’arancia, zenzero fresco, cipollotto, olio evo, latte di cocco, 3 nidi di spaghetti di soia, 1 cucchiaio abbondante di salsa di soia, 1 cucchiaino di mirin, fave, olio di sesamo o girasole per friggere, sale, coriandolo (se lo avete, io ho usato timo limonato, nulla a che vedere con il primo, ma a me piace e questo avevo)

 

Fate appassire il cipollotto a fettine sottili in olio evo, aggiungete le carote a pezzi e rabboccate con acqua tiepida. Portate a cottura, aggiungete il succo di un’arancia, abbondante zenzero grattugiato, frullate e aggiustate di sale. 

Nel frattempo mettete a bagno gli spaghetti di soia in poca acqua per 5-10 minuti. Scolate, conditeli con la salsa di soia, il mirin, del cipollotto a fettine sottilissime, ancra dello zenzero, formate dei piccoli nidi e infilate all’interno delle fave. Friggete in olio bollente, per pochi minuti, girando prima da un lato e poi dall’altro. Servite la crema di carota con una noce di latte di cocco, foglioline di coriandolo (o timo limonato, come la sottoscritta) e i nidi belli croccanti da intingolare. Yummi!

I fagioli con l’occhietto

Lo so, qui si rischia non solo di latitare ma anche di diventare monotoni. Però non posso farci nulla: voglia di preparazioni lunghe poca, poca, anche se dopo il rito della pizza settimanale, sta diventando un’abitudine quella del dolce fatto insieme alla pupa (che pretende di solito ci sia il lato "ora decoro" e quindi è un fiorire di muffin&cupcakes:-)). 

Bene, quindi ancora zuppa, rigorosamente a base di legumi, di sicuro uno degli ingredienti che utilizzo più spesso ultimamente, considerata la scarsità di ferro e proteine che mi perseguita. Poi trovo che si facciano veramente quasi da soli: ok, dovete ricordarvi dell’ammollo, vanno lasciati cuocere quell’ora e più, ma alla fine voi non dovete fare quasi nulla. E l’ammollo di per sè è quasi un’operazione confortante con quel consumarsi dell’acqua lento, lento. Infine questi sono fagioli, con l’occhietto come dice Alice.

O almeno io le ho raccontato questa storia, un paio di mesi fa, quando ne avevo comprata una confezione durante i giorni di vacanza sull’isola. Il racconto era nato di sana pianta in una serata di capricci. Non ricordo nemmeno bene come filasse, però aveva avuto il suo magico effetto: zuppa finita e i fagioli ribattezzati "con l’occhietto". 

Da lì ho preso a usarli, invece dei soliti borlotti o cannellini. Mi piace vedere come occhieggiano dal piatto:-).

Nelle zuppe di legumi ho l’abitudine di unire più varietà: ceci, piselli spezzati, fagioli, cannellini o fagioli azuki, una mancita di lenticchie rosse verso la fine e finire il tutto con un cereale, che sia pasta, orzo o farro o riso… Così l’effetto proteico dovrebbe essere garantito:-). L’assimilazione del ferro rispetto alla carne è più bassa e lenta, lo so, ma preferisco intervallare, insieme a tante verdure fresche e limitare al minimo (ok, quasi allo zero) gli integratori (ma solo a me mettono nausea???).

 

In questo caso però, ho utilizzato solo i fagioli con l’occhietto, e unito una generosa porzione di zucca, giusto perché mi piaceva l’effetto cromatico.

E contrariamente al solito, ci ho messo pure una pasta di quelle grosse, per via della forma, parevano tanti sorrisi!

L’effetto è stato più da minestra quasi asciutta che da zuppa, delizioso e completato dall’unico superstite "aromatico" del mio terrazzo, rosmarino (cresce proprio facile, che qui di bagnare ci siamo praticamente dimenticati).

Ovvio, la minestra o zuppa o simile è perfetta per i pancioni, grazie alla generosa quantità di legumi unita a pasta, ma anche per i più piccoli, regolatevi col formato di pasta a seconda dei denti!

Come si fa? Per tre circa: 200 g di fagioli con l’occhio, 300 g di zucca, 1 patata piccola, 1 cipollotto, 1 spicchio di aglio, Olio EVO, 100 g circa di pasta a piacere (i miei si chiamno radiatori:-)), rosmarino, Parmigiano Reggiano, eventuale 1 cm di alga kombu per l’ammollo (rende più morbidi e digeribili i legumi) e sale/pepe (per adulti)

Mettete in ammollo i fagioli per una notte (io ci aggiungo l’aga kombu). Quindi fate appassire un cipollotto a fettine sottili e uno spicchio di aglio in una pentola con un cucchiaio di olio e un rametto di rosmarino. Unite i fagioli e mescolate, rabboccate con acqua tiepida. Dopo una ventina di minuti aggiungete la zucca e patata tagliate a tocchetti piccoli, se l’acqua si è consumata troppo aggiungetene altra.  Quando le verdure e i legumi saranno morbidi unite la pasta e cuocete insieme (fate sempre attenzione di avere abbastanza brodo…). Servite con una spolverata di parmigiano e un rametto fresco di rosmarino.

 

Spiedini alla moda libanese e simil crumble

Ecco la seconda puntata. O meglio il resto del menù (quello abbinato alle linguine "lemon style"), che poi la scelta sta a voi: consumare tutto insieme o dividere fra pranzo e cena (uhm, io consiglierei più in questo senso, ma si sa la fame in gravidanza recita a soggetto). 

Oggi quindi due ricette, pensate per la sottoscritta e la pupa che ormai fatica a tirare calci, dato il poco spazio di manovra, ma apprezzate anche da altri soggetti di casa (Alice letteralmente adora gli spiedini alla libanese). 

Ho leggermente cambiato la ricetta originale, sostituito il pollo con il tacchino e unito il tutto a una pirofila di carciofi e patate passati in forno. E nel frattempo preparato il crumble, che si fa praticamente da solo:-) ed è leggerissimo (della serie mai dimenticare il comandamento "limita i dolci, mi raccomando").

Anche qui non manca la famiglia degli agrumi,  caso mai qualcuno avesse avuto qualche dubbio…

La prima ricetta. Ovvero il libanese e la sora Lella.

Per gli spiedini alla libanese, la preparazione iniziale e il tempo di riposo in compagnia di limone, yogurt, aglio e spezie sono fondamentali. E anche di una facilità estrema. Perché si prende la carne a cubotti si infila il tutto in un sacchettino da surgelati e si abbandona per un’ora o due. Per poi infilare la carne negli spiedini e di solito cuocere alla griglia. 

Invece del solito pollo ho usato il petto di tacchino. Non è tra le mie carni preferite, e solitamente la ignoro senza grossi ripensamenti, però mi è capitato di leggere un trafiletto sul Corriere Salute sulle sue incredibili proprietà: alto contenuto proteico, di sali minerali e ferro e dato che la sottoscritta non vanta in questo momento delle analisi del sangue invidiabili, beh ci ho provato. Con risultato apprezzabile (grazie al libanese style:-)).

Altra piccola deviazione, niente griglia e passaggio in forno su letto di carciofi, pure questi un vero concentrato di ferro, sali minerali (potassio e magnesio) a basso contenuto calorico. Pare che i carciofi siano un toccasana per il gentilsesso, chi l’avrebbe mai detto? 

Qundi munita di carciofi e tacchino ho creato il connubio fra Libano e la signora Lella:-).

Ricetta.

Ingredienti (per 3)

500 g di petto di tacchino

4-6 cuori di carciofi

3 patate

1 limone

 yogurt greco

aglio

cipollotto

cumino, menta

1 arancia

sale, olio EVO

 

Procedimento

Tagliate la carne a cubotti e mettete a marinare in un sacchetto tipo quelli per i surgelati con un barattolo di yogurt greco, uno spicchio di aglio, fetteine di cipollotto, un cucchiaino di cumino, sale, menta e abbondante succo di limone. Sbatette il sacchetto in maniera che il tutto si amalgami.

I carciofi. Ricavate solo le parti più tenere centrali (mi raccomando, togliete, togliete, togliete altrimenti vi ritroverete a masticare e masticare e masticare), tagliate a fettine e mettete a bagno in acqua acidulta con limone (per evitare che scurisca e si ossidi) e del succo di arancia (questa è una mia personalissima aggiunta:-)).

Pelate le patate e tagliate a tocchetti. Riempite una pirofila con i carciofi e le patate, condite con sale, olio e unite uno spicchio di aglio, bagnate con poca acqua e coprite con coperchio o carta argentata, sigillando. Passate in fornoa  cuore per una buona mezz’ora a 175°. Verso fine cottura togliete la carta o il coperchio e posizionate sopra gli spiedini girandoli di tanto in tanto (si cuoceranno in 15 minuti circa). Servite!

 

La seconda ricetta. Similcrumble leggero, leggero.

L’idea è veramente semplice. Prendete mele e pere, che più di stagione non si può, tagliate a tocchetti e bagnate con succo di arancia e limone. Addolcite con zucchero di canna e un bel cucchiaio di sciroppo d’acero, aromatizzate con un mix di spezie (cannella, chiodi di garofano, anice, zenzero…) e trasferite in piccole cocottine monoporzioni. Sbriciolate sopra un composto di amaretti (o altri biscotti, ad esempio allo zenzero) e nocciole tritate e trasferite in forno, coprendo con carta argentata, per 15-20 minuti. Verso fine cottura togliete la copertura. Servite con una crema allo yogurt bianco, mandarino e pizzico di vaniglia.