Il nastro rosa che voglio ricordare

Quella di oggi per me è una pappa (e sì perché il formato è proprio bebè) molto speciale. Con il color rosa (o quasi) partecipo alla giornata di prevenzione al tumore al seno organizzata dalla Lilt. Un nastro rosa che ha per me (e la mia famiglia) tanti significati dopo quella che è stata un’estate con tante nuvole. Giusto per dirvi che l’adesione è molto, molto personale e sarebbe stato impossibile oggi non fare parte di questa iniziativa e non colorare anche Il Cucchiaino di un rosa partecipato. 

La ricetta? Anche gli ingredienti sono stati scelti con poca razionalità: ci sono dei ricordi lì e un filo che ti lega a chi ti è stato caro. 

 

La cosa pazzesca di tutta la faccenda è come li ho comprati sabato. E bè sì, non avrei mai pensato di poter in territorio nazionale ritrovare pastinache, cavolo rosso e barbabietole sporche di terra in maniera così semplice.
Ci è stata una scoperta, non mia ma di un’amica (grazie Giulia!) di un gruppo di agricoltori della nostra zona che coltivano bio: questi hanno tutta una serie di prodotti di solito introvabili che al momento sono stati meglio persino di quel  benedetto cappotto in saldo (che ancora oggi è un vanto di shopping illuminato):-). 

Allora, prometto racconto più dettagliato e soprattutto ricette con le loro meraviglie. Per il momento l’aspetto che mi ha definitivamente conquistata è questo cesto (lo vedete, no?) con il quale ti accompagnano in campi e orti a scegliere la tua verdura. E io ho spuntato pure un gambo di rabarbaro (questo pare se lo tengano solo per loro…). 

Per tornare agli ingredienti, ho scoperto che la barbabietola rossa al di là di ferro, magnesio, calcio e potassio, è ricca anche di vitamina C, acido folico (che ai pupi garantisce un ottimo sviluppo) e Bataine ed è un buon aiuto nella prevenzione dei tumori. Direi quindi che il mio filo mi ha indicato un ingredienti che è un nastro rosa da ricordare…

Per tutto il resto vi rimando alla Lilt, sono molto più bravi e preparati di me per dirvi di quanto i nastri rosa possano a volte cambiare le cose.

 

Formato? 7-8 mesi.

Ingredienti (per tre)

2 barbabietole rosse fresche

1 pastinache

1 patata piccola

2-3 foglie di cavolo rosso (dopo l’anno)

1 cucchiaino di olio EVO

1 cucchiaino di crescenza

1 cucchiaio di yogurt

 

Per Mamma&papà

sale, panna acida e erba cipollina fresca

 

Procedimento

Facile, facile. Pulite le verdure accuratamente (soprattutto le mie che erano stracolme di terra!). Tagliate a pezzi e mettete a bollire in acqua. fino a quando sono morbide. Una volta pronte frullate o passate tutto con parte dell’acqua di cottura e lo yogurt. Aggiungete un cucchiaino di olio EVO e servite con un cucchiaio di crescenza sopra. Per la versione per mamma&papà salate, pepate, servite con panna acida che decora e erba cipollina tagliata fine.

 

Buon Compleanno, Alice!

 

Non so ancora come sarà la giornata oggi. Di certo è vero che la sto aspettando ormai da settimane, molto più del mio di compleanno, quando ero bambina. Perché questo è stato un anno speciale, un anno in cui la pupa mi ha definitivamente e irrevocabilmente conquistata. E’ stata la parola, quella che ha preso la strada delle frasi, dei periodi, dei ricordi che cominciano ad essere revocati con un "ieri" come passato generico (che può valere per sei mesi, un giorno e magari pure un anno o quasi). La parola non più casuale o a spizzichi e storpiature ha trasformato il nostro "innamoramento" da colpo di fulmine iniziale e un sacco di faticaccia, notti insonni e "ma chi me l’ha fatto fa’", in una storia d’amore di quelle da cui non ti vuoi liberare mai più. Leggera, morbida, profumata e impalpabile, giusto come una pavlova. 

 

Oggi sarà una giornata di lunedì, l’asilo, il lavoro, una festa, piccola, piccola,  diversa dall’anno scorso, quando ci siamo trovati in una domenica d’autunno in giardino. Eppure non vedo l’ora. Che arrivi stamattina: il primo sorriso di Alice, la colazione veloce e poi di corsa asilo e saluto. E io che dico per prima "Buon Compleanno, Alice". 

Gli anni, tre, pare abbiano cominciato a correre: prova ne è quel lettino che oggi sarà rimpiazzato da un letto da pupo grande formato (uno dei regali per l’aliciotta). La cosa sorprendente? Credo sia lo stupore con cui guardo mia figlia, e mi paia ancor più speciale di prima.

A qualcuno sembrerà "rimbambimento da mamma", giuro e spergiuro che non è così. Dopotutto io ci sono ancora, lì coi miei sogni, la mia irrequietudine, la voglia di spazi tutti miei, quella valigia sempre pronta per partire. E poi c’è tutta una parte in più che vedo e amo nella pupa. Parte di me, di quello che sono ed ero da bambina: la riconosco, la ricordo e per una volta non mi mette più nostalgia. Poi c’è lei, con la sua unicità tra tante somiglianze. Ed è stata la parola a rendere tutto evidente, non che non ci fosse stato prima, semplicemente ora lo accarezzi e vorresti durasse proprio per sempre:-).

La cucina? Oggi, sì ormai è mezzanotte suonata per me che scrivo, la sottoscritta correrà (perché maledizione è lunedì) per preparare giusto la pasta ai pomodorini che ha richiesto la festeggiata e qualcosa per sfamare il resto dei presenti:-). 

E la torta? Pavlova rivisitata, ma poco, poco. Sì per questo compleanno dopo aver meditato su torte più rustiche e frollose, aver ripensato ad un anno fa, ho capitolato all’idea della nuvola bianca, spruzzata di viola mirtilli. Mi ha ricordato noi, questo anno, e la mia pupa, oggi. 

 

Dopo aver studiato sul sito ufficiale degli "aussie", ho creato stando sulle orme della ballerina e del suo chef, ma alleggerendo di zucchero e reinterpretando mucho la chantilly (vedi il cucchiaino di yogurt, che la pupa adoraaaa che se mi becca uno chef mi uccide all’istante:-)). Per il resto, nulla da inventare.

Formato? Bè qui siamo ormai sui tre anni!

Ingredienti (per 8-9)

5 albumi

200 gr scarsi di zucchero a velo

1 cucchiaino di aceto bianco

1 cucchiaino di cremor tartaro (o amido di mais, in tante ricette australiane si trova anche questo, il primo ha il vantaggio di far gonfiare gli albumi)

 

Per la crema "chantilly" rivisitata

1/2 l di latte

2 cucchiai di maizena

polvere o estratto di vaniglia (1/2 cucchiaino)

2-3 cucchiai di zucchero

1 cucchiaio di yogurt

200 ml di panna fresca

 

300-400 gr di mirtilli

 

Procedimento

Sbattete gli albumi (a temperatura ambiente) con le fruste a velocità massima, aggiungete a poco a poco lo zucchero a velo, l’aceto e il cremor tartaro. A questo punto riscaldate il forno a 120°, foderate di carta da forno una teglia o la placca e versate a cucchiaiate la meringa (con una sac à poche ho fatto in modo che i bordi risultassero più alti rispetto al centro). 

Fate cuocere per due/tre ore: la meringa dovrà semplicemente asciugarsi, e rispetto al solito dovrà rimanere per la pavlova croccante fuori e morbida dentro. 

La crema. Considerate che la base (senza tuorli) è una sorta di besciamella dolce. Quindi stemperate nel latte freddo zucchero e maizena, mettete sul fuoco e girate dolcemente unendo anche la vaniglia. Continuate a mescolare fino a quando si addenserà. Spegnete e lasciate raffreddare. Nel frattempo montate la panna (fredda di frigo). Unite parte della panna (circa la metà) alla crema insieme al cucchiaio di yogurt. 

 

La coulisse di mirtilli. In un pentolino fate cuocere poco meno della metà dei mirtilli con un cucchiaio di zucchero, fino a quando si sfalderanno. Spegnete, fate raffreddare e passate al colino. 

E finalmente ci siete! Assemblamento:-). Riempite il centro della meringa con la crema, posizionate sopra i mirtilli e con il resto della panna nella sache a poche decorate la parte sopra e i bordi. Fate colare delle gocce di coulisse sopra la panna e servite. Attenti al dito: il pupo ci prova sempre all’arrembaggio di panna e mirtilli!

 

 

 

Di biscotti saraceni, partenze e cappellini scacciapioggia

C’era una volta un biscotto che sperava di essere proprio un cappellino, di quelli buffi da mettere sotto la pioggia. Bè lui, impastato a farina grossa di grano saraceno e riso, proprio ci sperava. Incappò nella pupa, quella che si alza in alto, alto, si infarina che pare un pupazzo di neve e con la vocina reclama il proprio bottino. Giusto un pezzettino per far da sola, altrimenti che gusto c’è? Fortuna volle che appena sfornato e gobbosetto (qualcuno era stato poco attento a cucire bene il sopra e il sotto) arrivò la pioggia e alla fine un cappello è cappello e quando non ci si vuol bagnare anche un biscotto non è poi tanto male. E l’uccellino stupito? Che voi avete mai visto qualcuno uscire con copricapo biscottoso?

 Di tutte le ricette messe insieme col cesto d’uva (e stavolta è propria finita!) questa mi ha dato le soddisfazioni maggiori. Ok, non è stato assalto al primo morso come la focaccia (che buona!!), non mi sono sentita molto "proustiana" come col sugo all’uva, ma ho creato veramente di sana pianta mia e ho diviso l’impasto con la pupa (e il cappellino ancora ne risente:-)).  E c’è ancora mia nonna che scuote la testa e mi chiede come "cavolo faccio a cucinare con l’aliciotta": bè la nonna bis non è notoriamente conosciuta per la sua pazienza dai tempi in cui fece sparire sotto il naso di uno zio il piatto dove stava ancora mangiando mucho (troppo) lentamente per lei:-). 

La pupa da parte sua ha vissuto il biscotto copricapo come un successo culinario da ricordare: ne sa qualcosa Mr B. che è stato costretto a "cibarsene" tra l’aperitivo e la cena. 

La sottoscritta è lieta di comunicare che chiude così la sagra dell’uva e giusto, giusto per una settimana la cucina (pure a ottobre qualcuno se ne va on the road). Della serie torno subito ma anche no:-).

Che cosa aspettarsi nel frattempo? Personalmente che il mare sia di quelli autunnali: poca gente, spiaggia deserta, dune, sagre e miniere e un sacco di fotografie da fare che magari poi ve lo racconto.

Voi? Bè spero facciate i biscotti buoni quanto i nostri (e sì, buoni lo erano) magari dalle forme più nobili che mica può sempre piovere!

piesse: dimenticavo l’impasto è di quelli senza glutine, solo farina di grano saraceno e di riso, io per quello che riguarda il primo tipo ne ho utilizzata una a grana non finissima che ha fornito ai biscotti un gusto tutto particolare. 

Formato? 18-24 mesi (che c’è tanto zucchero e burro:-))

 

Ingredienti

130 gr di farina di grano saraceno

170 gr di farina di riso

1 uovo + 1 tuorlo

100 gr di zucchero di canna

scorzetta di limone

un pizzico di cannella

90 gr di burro

un cucchiaino di lievito

uva in chicchi (o mosto d’uva)

ricotta

 

Procedimento

Montare il burro sbattendo con la frusta, aggiungere lo zucchero e quindi l’uovo e il tuorlo, la scorza di limone e la cannella. Unire a pioggia le farine, quindi il lievito. Finire di impastare a mano, avvolgere nella pellicola e riporre in frigo per un’oretta. Riprendere l’impasto e stendere. Dovete ricavare con una forma di taglio biscotti tonda la parte sotto e quella sopra. All’interno io ho riempito con ricotta macchiata con mosto d’uva o con ricotta e chicchi d’uva a metà. Infornate a 175° per 10-15 minuti: i biscotti saranno pronti quando dorati ma morbidi. 

 

 

Pancakes alla moda di molti:-)

Per questa ricetta mi è venuto in soccorso un vero plotone di chef, cuoche e dee, oltre, of course, alla cucina americana in breakfast style. L’idea, mi spiace per chi di uva non ne può proprio più, era di preparare i supertradizionali pancakes con la rifinitura di chicchi d’uva. Poi il gioco mi ha preso la mano. Ho cominciato a farci un sacco di giri attorno, a sbirciare nelle cucine di altri (ad esempio le dee Nigella e Donna Hay) e a voler fare a modo anche un po’ mio.  E dopotutto fare i pancakes dolci che divertimento c’è? Ecco allora che ho scelto la versione salata e al posto dello sciroppo d’acero ci ho piazzato dell’italianissimo miele di castagno. Come dire ho fatto un gran miscuglio di tradizioni, stili eccetera, eccetera.

 

Questo è un periodo in cui ho una vera e propria fissa per gli impasti con farine alternative (il più riuscito versus Alice trattasi di focaccia con farina di ceci, che non è farinata ma per l’appunto focaccia).  E pure i pancakes per buona pace del popolo a stelle e strisce non sono passati indenni: la sottoscritta ha decretato kamut. E farina di kamut è stata usata.

 

Confesso che la pupa non pare avere una grande predilezione per il pancake, non è andata matta per la versione dolce, preparata tempo fa, non sembra aver avuto gran successo quella salata, almeno fino a quando non ci ho aggiunto del formaggio fresco sopra. Per il momento crepes e blinis battono 1 a 0 pancakes.

E voi cosa preferite? Bè, magari siete del partito "french toast": la sottoscritta lo adora da una colazione in Provenza di anni e anni fa, anche se pare che di francese abbia giusto l’aggettivo del nome, non l’origine, ma io ai tempi mica lo sapevo:-).  

Torniamo al pancake: in realtà per i pupi può essere una simpatica digressione sul tema uova e dintorni, alternativa a frittate, omelette e crepes. 

La versione dolce si può arricchire di frutta fresca, quella salata di verdure, prosciutto o uva, come abbiamo fatto noi:-).

Il formato? 18-24.  La versione salata, accompagnata da verdura, costituisce piatto completo:-).

piesse: si ringraziano Nigella e Donna per la divagazione alla ricotta:-)

Ingredienti (per una 20 di pancakes)

100 gr di farina di kamut

70 gr di farina bianca

2 uova (albumi e tuorlo separato)

100 gr di ricotta

200 ml di latticello ( o 100 latte+100 yogurt naturale)

un pizzico di sale

una manciata di uva nera

miele di castagno

1 cucchiaino di lievito istantaneo

 

Procedimento
Mescolate la farina con un pizzico di sale, il lievito, i tuorli, la ricotta e il latticello (latte+yogurt). Aggiungete gli albumi montati a neve delicatamente. Fate risposare qualche minuto, unite gli acini di uva. Riscaldate una padella antiaderente unta con poco burro. Mettete un cucchiaio abbondante di impasto e cuocete prima da una parte poi dall’altra. Se volete potete tagliare poi i pancakes con una formina (ma anche no:-)) e servire con miele di castagno e altro formaggio (tipo latteria gratteggiato).

 

 

 

 

Se è autunno chiedetelo all’estate.

E’ stato così che ho scoperto che se l’autunno inizia per l’appunto il 23 settembre è tutta colpa dell’estate. Le stagioni, spiega la geografia astronomica, hanno una durata diversa (e io che ero convinta durassero tutte allo stesso modo, beata ignoranza). Invece è proprio come i mesi: la conoscete quella canzoncina tormentone che tutti ne han 31 e solo quel poveraccio di febbraio ne ha 28 ( e a volte 29)? Bene mi chiedo perché non l’abbiano fatta anche per le stagioni visto che c’era la fregatura.

Quindi ieri era il primo giorno di autunno e io che sono ancora nella fase uva (passerà prima o poi) ci ho fatto il filetto di maiale.

 

Qualche giorno fa qualcuno mi ha detto che aveva cercato sul blog una serie di ricette verdura/frutta perché i suoi pupi proprio non ne volevano sapere dei suddetti. "E sai sul Cucchiaino, c’è grande abbondanza di ricette senza carne…". Bè sì, ho pensato, però qualche volta la carne pupa, pupone e la sottoscritta la mangiano:-). Ecco un esempio.

 

Partiamo dalla premessa. Personalmente non amo particolarmente la carne di maiale (e che non si era capito?:-)), e sarà per questo, sarà per l’"indole cucineresca" di solito, quando la faccio, cerco sempre di giocare al "camuffamento" (ebbene sì…). Ossia l’abbino a mele, prugne o albicocche secche, bacche di ginepro, un paio di chiodi (di garofano) e trito di erbe aromatiche. Il risultato? Bè, buono. 

Avevo l’uva, avevo un filetto di maiale intero (acquistato in una gita in montagna) e come orami sappiamo tutti, ma proprio tutti, è autunno.

Mi sono divertita a farci una specie di stufatino più per mamma&papà che per pupo bebè. 

Ho lavato l’uva, ho eliminato i semi, ho tagliato il filetto a piccoli pezzi, ho fatto rosolare in un cucchiaino d’olio in casseruola la carne con trito di erbe, un paio di bacche di ginepro e chiodo di garofano, mezzo cipollotto tagliato sottile, uno spicchietto d’aglio, ho aggiunto l’uva (nera e bianca), ho bagnato con brodo vegetale (o acqua tiepida) e cotto a fuoco lento per un’oretta. Ho giusto aggiunto un pizzico di sale.

Infine ho servito con una manciata di cous cous a testa.

 

Come detto questa è ricetta più da Cucchiaino di mamma&papà oppure per formato "duenne", basta tagliare a piccoli pezzettini la carne e non esagerare con le spezie.

Le dosi (per tre)? circa 400 gr di filetto di maiale, una ventina di acini di uva (fra nera, rosè se l’avete e bianca), bacche di ginepro, chiodi di garofano, mazzetto aromatico (rosmarino, salvia…), 1/2 cipollotto, 1 spicchio di aglio, un paio di cucchiaini di olio EVO, sale, circa 120 gr di cous cous bollito (come indicazioni sulla confezione).

piesse: ma lo sapete voi che ieri, in tutta la terra, il giorno ha avuto la stessa durata della notte? Ah, sì, bè, ciao, ciao:-)

 

 

 

Focaccia dolce all’uva: sa di autunno

 

Sa di autunno, basta fare un morso, affondare i denti, e perdersi. Deve essere calda, magari appena sfornata, con quel croccante proprio dell’essere focaccia, ma dolce, che proprio non te lo aspetti. Risultato? Provate a guardare le foto. 

Questa è Alice, ora 16.30, giusto rientrata dall’asilo. Direi passione al primo morso:-). Confesso che condivido. Non ho mai apprezzato le focacce dolci acquistate un paio di volte dal panettiere. Mi sono sempre parse un ibrido, poco, poco convincente. E invece questa all’uva l’ho trovata "a-d-o-r-a-b-i-l-e". 

Questo è il secondo esperimento con l’uva della cesta. In realtà niente di nuovo perché con la ricetta, di origini toscane, si sono cimentati parecchi. Bè, naturalmente, come mio solito ci ho messo qualche sperimentazione, con indubbio compiacimento: dopotutto la cucina è libera, democratica e se è creativa, ancor meglio. 

L’intenzione, quando l’ho fatta settimana scorsa presa dall’ebbrezza della "vendemmia", era di farne il piatto del 21, giusto per l’inizio dell’autunno (che per quanto ho scritto e magari avete inteso per me pareva già bello che arrivato). Poi ieri sono stata travolta da una serie di eventi.

Dall’aliciotta felice che per due giorni si è disperata (ma veramente disperata con grida e così via) all’arrivo all’asilo: direte, è normale, bellezza, bè la mamma si preoccupa, soprattutto se così non fu mai:-). 

Poi dalla chiacchierata fatta a Milano, ospiti di Prenatal, con Valentina di Design per Bambini, Sara di Smamma e Chiara di Machedavvero(ho letto in poche ore il suo libro "Quello che le mamma non dicono", e devo dire che da parecchio non mi facevo così tante risate, riconoscendomi, stando seduta in poltrona) e Chris Wilson (sempre di Prenatal).
Personalmente mi sono divertita parecchio,  per una volta ho parlato poco, poco o quasi (che ero lì a moderare:-)) e ho soprattutto scoperto delle persone reali, interessanti e con molte cose da dire. 

Ad un anno e poco più dalla messa on line del Cucchiaino, sono stata felice di aver più volte cambiato strada (almeno nel lavoro) perché tante cose non sarebbero altrimenti state:-).

 

La ricetta. Io ci ho fatto giusto due divagazioni: i semi di anice e l’uva schierata di tutte le fogge (dovevo pur terminare la mia cesta, no?).

Ingredienti

500 gr di farina manitoba

12 gr di lievito di birra

120 gr di zucchero di canna

600 gr di uva (fragola, bianca, nera…)

olio EVO

semi di anice

 

Procedimento

Sciogliete il lievito di birra in poca acqua tiepida con un cucchiaino di zucchero. Lasciate risposare per qualche minuto (il lievito schiumerà e crescerà). Unite il lievito alla farina con 2/3 dello zucchero, aggiungete un cucchiaio di olio e impastate aggiungendo acqua quanto basta per ottenere un impasto morbido ma compatto (se usate il robot sarà pronto quando un’unica massa di attorciglierà al gancio). Prendete la palla, mettetela in un panno umido o ancor meglio in una ciotola e lasciate lievitare in un luogo caldo (ad esempio il forno a 35°) per un paio d’ore. Riprendete l’impasto, dividetelo in due parti e stendetelo su carta da forno: prima una parte, coprite con l’uva (togliete se possibile i semini), qualche seme di anice e spolverate con lo zucchero di canna. Ora stendete l’altra parte dell’impasto e sovrapponetelo sopra, ripiegando i bordi per unirli e chiudere.  Condite la parte sopra con olio, uva, zucchero e semi di anice. Posizionate in forno a lievitare per un’altra mezz’ora. Quindi cuocete a 210° per venti minuti circa.