Hummus di piselli

La passione per l’hummus c’è ormai da più di un anno, quando durante l’inverno a Londra, una sera abbiamo portato Alice al ristorante libanese. Al di là del fatto che poi per qualche tempo quando accennavamo alla parola ristorante e cena fuori per lei c’era l’equazione immediata con "libanese" (e questo vi spiega chiaramente quanto le era piaciuto!), l’occasione le fece scoprire il classico hummus di ceci. Naturale, io l‘avevo già proposto a casa, ma lì chissà perché la conquistò. L’altro giorno con una manciata considerevole di piselli freschi già belli che sgranati avanzati da questa zuppa fredda, mi è venuta l’idea di sperimentare l’hummus in verde. Tra l’altro cremina perfetta da spalmare sul tocchetto di pane, per i pupi più piccoli. A farle da cappello ci ho messo un pomodorino giallo, raccolto nell’orto del nonno. 

L’hummus è una di quelle ricette superclassiche della cucina mediorientale, nel senso che lo trovi nella cucina libanese ma anche greca o israeliana, personalmente lo adoro con la pita calda, il tipico pane arabo oppure infilato nel panino con i falafel. Ha il vantaggio di essere a base di legumi e quindi perfetto per un pranzo o cena completi, se unito a verdure e carboidrati. 

Non necessita di cotture (se non una sbollentata ai piselli, che io ho fatto al vapore) e quindi ideale per queste giornate da cena fuori da preparare con minimo sforzo. Se possibile preferite i piselli freschi, almeno per una volta, visto che sono di stagione e il risultato è nettamente migliore. 

Se non avete grande pazienza con la sgranatura, allenate un pupo e presto lo farà lui per voi:-).

 

Per i bambini, basta alleggerire di paprika, cumino, e sarà un piacere per loro intingolare dentro pezzetti di pane o verdure crude (una sorta di pinzimonio "etnico":-)). 

E’ la prima volta che tento la variazione in verde e devo dire che era buona quanto la versione classica. Giusto perché ci piace il colore, ci ho aggiunto i pomodori: gialli. 

Sono frutto di un paio di piantine che abbiamo piantato nell’orto del nonno dell’aliciotta, il raccolto devo dire è magro (nel senso che non sono ancora riuscita a ricavarne a sufficienza per affrontare un sugo per uno:-)) e le piantine, osservate ieri, sono un pochino deboluccie rispetto a quelle di pomodorini pachino e datterini. Va beh, comunque la manciata racconta è finita sulle nostre bruschette in verde. 

 

Come si fa la ricetta?

Sgranate circa 500 gr di piselli freschi, fate cuocere al vapore (o bollite in acqua non salata) per 10 minuti circa. Scolate e se avete pazienza eliminate la pellicina esterna (l’hummus vi verrà più vellutato e morbido e soprattutto se è per un bebè è molto meglio), quindi posizionate nel frullatore "faccio tutto io" piselli, un cucchiaino di tahina (nel caso vi manchi, sostituite con semi di sesamo, ma non è la stessa cosa…), olio EVO, pizzico di sale, fettina di aglio e cipollotto,  due foglie di menta (che io adoro coi piselli). E poi iniziate a spalmare!

 

Rosso ciliegia. Le clafoutis aux cerises che sa di frangipane

C’era una volta una bambina che amava guardare dalla finestra, soprattutto in primavera quando il grosso ciliegio si riempiva di fiori bianchi che si trasformavano in un attimo in frutti rossi. Nella cesta, durante la raccolta, cercava i frutti gemelli, quelli capaci di rimanere attaccati allo stesso picciolo. E una volta trovati, venivano appoggiati alle orecchie solo per farli traballare. Per anni

aveva dimenticato la danza dei frutti rossi fino a quando arrivò un’altra bambina, appassionata di rossi e noccioli. E il gioco ricominciò.

Alzi la mano chi non ha mai giocato con le ciliegie. Sarà per quell’albero che avevano i miei quando ero piccola ho sempre amato quei fiori bianchi e poi i frutti più come "adornaorecchio" che come golosità estiva.
Anzi, a dirvela tutta non sono mai stata appassionata di ciliegie. A differenza di fragole, lamponi, mirtilli e anguria. Una delle ragione, e qui riderete, è che mia madre mi ha instaurato una accesa diffidenza nel mangiarne a piene mani se non dopo l’apertura a metà, e ancora oggi le guardo un pochetto in ansia. E mangiare le ciliegie aprendole proprio non ci sta:-).

Quest’anno però la passione per tutto ciò che è rosso ha contagiato anche le ciliegie. Ecco, non capisco ma sto facendo collezione di rosso: dalle scarpe al vestito estivo alle fragole alle, beh, ciliegie. E stamattina ci ho pure pasticciato con gli effetti fotografici dell’i-Pad e, non pensavo mai di dirlo, ma da un certo punto di vista è talmente immediato da farti dimenticare diaframma, obiettivo e Canon:-). Tempo per il tutto? 1 minuto.


Tornando alla "red passion" Alice segue, che ancor di più dell’anno passato e di quello ancora precedente, pare essere impazzita per tutto ciò che è frutta. Impazzita significa proprio impazzita, basti pensare che il bento box (e qui dovrei aprire un capitolo, ma ci farò prima o poi un post) pomeridiano vanta due livelli riempiti da quantità considerevoli di frutti di stagione. Gli altri guardano e tu dici: "Uhm, sì, beh, ama la frutta…".
Ecco, la stagione. Quest’anno ha inteso stagione e mi domanda, quando arrivano le fragole, quando il melone e quando l’anguria.

Domenica, invitate da Mr B. al mare (lui in realtà era lì per lavoro:-)), sulla via di casa ho comprato le ciliegie. Non erano nostrane, che eravamo in Toscana e le ciliegie erano di Vignola, però divine:-).

Era una vita, che sulla mia lista di "quello che voglio assolutamente fare" c’era la parola "clafoutis", uno di quei dolci francesi che si fanno veramente in dieci minuti, dieci. Poi siccome è anche da tempo che mi saltella nella mente il frangipane (pronunciate lentamente la parola e ditemi se non ne siete anche voi già appassionati), ma dopotutto il clafoutis vantava la precedenza, ho deciso la mia piccola modifica. 

Le ciliegie sono state passate in padella con un concentrato speciale di vaniglia: arriva dall’isola di Saint. Marteen, un regalo di un’amica da un luogo dove con Mr B. abbiamo trascorso l’ultima vacanza senza la pupa.

E il latte tradizionale della ricetta è stato sostituito da latte di mandorla, giusto un ricordo del frangipane vero.

Dato poi che le ciliegie erano veramente tante, ho recuperato del succo di sambuco, acquistato in Alto Adige ormai un anno fa, e allungandolo con poca acqua ho riempito il porta cubetti di ghiaccio, mettendoci poi al centro una ciliegia. Diciamo ciliegia sotto zero o quasi. Alice si è divertita a ciucciarle mentre scivolavano tra le sue dita. Secondo me, un’ottima idea da tuffare nei prossimi aperitivi, che ne dite?

 

Infine la ricetta del clafoutis, che naturalmente potete interpretare con la frutta che preferite (ma anche la verdura, in versione salata, e qui prometto esperimento), anche se la ricetta superclassica è proprio quella con le ciliegie. Tra l’altro un modo per proporre ai più piccoli la frutta in versione dolce (potete eventualmente provare anche con albicocche e mele per i pupi dai 12 mesi, cercando di limitare il più possibile lo zucchero).

Et voilà, Madames et Monsieurs le clafoutis aux cerises!

 

Ingredienti

Una ventina di ciliegie

2 uova

60 gr di zucchero di canna (io ne ho messo meno rispetto alla ricetta classica)

1/2 tazza di latte di mandorla (divagazione della sottoscritta)

50 gr di farina

vaniglia

granella di mandorle
scorzetta di limone  (idem, divagazione)
burro per la pirofila (o carta da forno)

 

Procedimento

Lavate le ciliegie (potete aprirle e togliere il nocciolo, soprattutto se il bambino è piccolo, io le ho volute lasciare intere come nella ricetta tradizionale), passatele in padella un minuto con un cucchiaio di zucchero e un cucchiaino di vaniglia liquida. Sbattete le uova lungamente con lo zucchero (devono venirvi ben montate, che è una torta non una frittata al forno:-)), aggiungete il latte di mandorla, la farina e la scorzetta di limone. 

Disponete le ciliegie in piccole tegliette monodose o in una pirofila imburrata, riempite quindi con il composto. Spolverate con mandorle a granella e quindi infornate per 30 minuti circa a 180°.

 

Del nido e di quanto è bello

L’idea del nido mi ha sempre affascinato, e tranquillizzato. Quando ero bambina era legata al primo libro di lettura scolastica (sapete no, quelli che durano per un intero anno), si chiamava Cipì e il mio personaggio preferito era indubbiamente Passerì. Si trattava di un racconto estremamente poetico, forse era per questo che a sette anni ne andavo matta.

Poi c’è stata la storia del nido e del pettirosso, e del non vivere invano: erano passati, uhm, direi quasi quindici anni, e ai tempi (ma ancora oggi) ero letteralmente "addicted" di una poetessa americana, Emily Dickinson. 

E oggi c’è il nido, quello che sento un po’ mio, dove i cattivi umori, le malinconie sanno smorzarsi con un mezzo sorriso. Ecco questo per me è il nido. Che, col Cucchiaino, si è colorato di primavera e ha preso la forma di spaghetti bianchi, bianchi, lunghi, lunghi.

In questi giorni, dove pare che la mia energia sia stata completamente esaurita dalla primavera (ma allora è vera la storia che si racconta? non ho forze, beh sarà la primavera, scusa fantastica), sono andata a bastian contrario col tempo atmosferico. Cosa, sottolineo, che mi succede molto raramente: se splende il sole è quasi certo che sia, non dico felice, ma quasi. 

E invece no. Sono andata lenta, e ho avuto voglia di nido:-).

E’ nata così la ricetta: creare un simil nido che fosse colorato, come il sorriso della primavera.

Il tutto, inutile dire, ha divertito la pupa che, a piene mani, ha sfilato e risfilato, quello che la forchetta aveva pazientemente arrotolato.

La ricetta è in un mood orientale, cominciando dagli spaghetti di riso e dalla salsa di soia (da introdurre solo dopo i 12-18 mesi).
A far da base straccetti di pollo e lattuga all’orientale, si appoggia il nido e ci si mettono baccelli e carotine.

Per i bambini dai 24 mesi e i nostalgici del nido:-).

 

Ingredienti (per tre)

200 gr circa di filetto di pollo

120 gr di spaghetti di riso

1 cucchiaino di salsa di soia

piselli freschi

1 carota

olio EVO

semi di sesamo

1 cipollotto

 

Procedimento
Lavate le verdure, cuocete i piselli e la carota per 15 minuti in acqua. Scolate e tagliate la carota a pezzettini. 
In una padella stufate il cipollotto a fette sottili con un paio di cucchiai di olio d’oliva, aggiungete il filetto di pollo tagliato a striscioline sottili e passato in poca farina arricchita con semi di sesamo, unite anche la lattuga affettata a striscioline, mescolate, insaporite con un cucchiaino di salsa di soia e un pizzico di sale, spegnete.
Tuffate gli spaghetti di riso in acqua calda (non serve bollirla), leggermenta salata, mescolate e scolate dopo qualche minuto (facendo attenzione che non scuocino o incollino troppo).
Scolate la pasta, condite con un cucchiaino di olio, i piselli e taccole.
Sul piatto disponete il pollo e la lattuga, come fosse la base del vostro nido. Disponete sopra gli spaghetti a nido e servite. In alternativa potete friggere gli spaghetti in olio bollente, passandoli prima in una pastella fatta con un paio di cucchiai di farina di riso, sale e acqua frizzante ghiacciata (per bebè dopo i 24 mesi!).

 

 

 

Bobotie. B-o-b-o-t-i-e. Il destino in un nome

Per me è naturalmente impossibile tornare da un viaggio e non rifare ricette appena conosciute. Capita sempre, a volte diventa una fissazione (e si mangia greco o tirolese per una settimana), mai però un piatto mi ha appassionato come il Bobotie. Sì, nel senso di interesse storico, culturale, oltre che di gusto stesso, perché capire il Bobotie (credo simbolo della cucina sudafricana come il braai o il biltong)  è un po’ come scorrere gli ultimi 300 anni di storia del paese. A qualcuno sembrerà giusto una riedizione speziata della moussaka ellenica, beh sbagliato che in questa sorta di "pie" ci hanno lavorato olandesi, malesi, africani e persino gli inglesi hanno dato qualche suggerimento. Solo a pensarci farei questo piatto un giorno sì e uno no:-)

In Sudafrica l’ho sperimentato la prima volta per caso. Il nome, b-o-b-o-t-i-e, letto in menù mi ha immediatamente incuriosito, dopotutto c’è il destino in un nome, no? E a uno così non si può resistere:-). 

Mi è arrivato una sorta di "pie" dolcemente speziato senza però sfoglia o altro, ma solo una crosticina frittatosa sopra. L’ho aperto e si è aperto un mondo: foglie di limone, curry dolce, coriandolo, peperoncino a pezzetti, uvetta e un sughetto che amalgamava la carne di manzo tritata all’interno. E per chi ama i gusti forti, della chutney per accompagnare.

Da lì in poi è stata una ricerca continua del santo graal, fino ad approdare agli spring rolls (in esterno proprio come gli involtini primavera cinesi) con sorpresa, ossia ripieni di bobotie. Al posto della solita salsina agrodolce "chinese style", chutney (in quel caso era all’albicocca, super!).

 

Fin qui il piatto. Ma poi c’è la storia, ossia come ha avuto inizio il bobotie.

Oltre 300 anni fa le navi olandesi facevano tappa a Cape Town, di ritorno dall’Asia, prima di tornare in Europa. A poco a poco però cominciarono a fermarsi e costruire. E nel fermarsi e costruire lasciavano parte delle spezie trasportate da Java, poi gli schiavi, malesiani, a cucinare per loro. 

Dall’influenza fra i "kerriekerrie" asiatici, la cucina nativa sudafricana e quella dei "bianchi europei" è venuto fuori il piatto simbolo di questo paese. 

Per anni, con la dominazione inglese e poi le leggi dell’apartheid, il bobotie è stato cancellato dai menù  e cucinato di nascosto, a casa o nelle tavole calde malesiane di Città del Capo. 

Oggi, invece è orgogliosamente presente in molti menù e non può mancare nei ristoranti che fanno cucina sudafricana.

E’ come se questo tortino riuscisse a riassumere popoli così diversi, e a rappresentare in maniera unica una nazione multicoloured.
Una dichiarazione di intenti, riuscita, più che una ricetta.

Ok, non è esattamente un piatto da pupi (e infatti lì Alice l’ha proprio ignorato) però è perfetto per il Cucchiaino di mamma&papà e beh, con il bobotie a modo mio (senza peri, peri o come diciamo noi piccante), si può raccontare di una nave che solcava oceani per portare l’"oro speziato"… la mia di pupa, qui a casa, si è convinta all’assaggio:-).

piesse: that’s bobotie visto dal forno, wow!

 

Ingredienti (per tre)

400 gr di carne tritata di vitello e manzo

una manciata di uvetta

1 cucchiaio di marmellata di albicocche

1 cucchiaino di curry dolce

1 chiodo di garofano

1 pizzico di zenzero in polvere

(eventuale coriandolo e curcuma)

1 spicchio di aglio

1 cipollotto

foglie di limone (o alloro, come ho fatto io)

1 uovo

1 bicchiere di latte

1 fetta di pane bianco secco

1/2 cucchiaino di zucchero

1 cucchiaino scarso di sale
olio d’oliva
fette di limone bio

 

 

Procedimento

Bagnate il pane con mezzo bicchiere di latte. In una casseruola fate imbiondire il cipollotto a fette sottili e l’aglio con il curry, lo zenzero, il chiodo di garofano e due o tre foglie di alloro. Aggiungete la carne, mescolate, unite sale, zucchero, marmellata, uvetta. Schiacciate il pane e aggiungete anche questo alla carne. Sbattete l’uovo con due o tre cucchiai di latte (eventualmente potete rendere il tutto più denso con uno o due cucchiai di maizena o semplice farina). Riempite una pirofila da forno con la carne, posizionate ai lati due fettine di limone, coprite con il composto di uovo. Finite con una foglia di alloro sulla superficie e passate in forno a 180° per 30 minuti circa.

Pancake del martedì grasso (o quasi)

Ha riaperto la cucina e pure il blog. Dopo due settimane e più è stato come dare una bella scrollata a polvere e ragnatele, una sensazione strana, considerato che non facevo una lontananza da rete e connessioni così lunga da un bel pezzo . Ammetto di sentirmi ancora sospesa, una parte della testa qui e gli occhi che vedono ancora tutt’altro. E ieri guidare verso Milano, giornata grigia, coda variabile e pensare che soli due giorni prima avevo un giovane leone di fianco (e il nostro, beh, era l’unico veicolo o quasi nel raggio di chilometri) è stato un pochetto "destabilizzante".
Della serie uhm, non so chi sono e dove devo andare:-). 

Unico punto fermo di questi giorni? Il carnevale!

A qualcuno sembrerò matta, ma con una pupa all’asilo è tutto un "ci vuole un costume, facciamo una maschera, soffiamo a pieni polmoni sui quattro tubi di stelle filanti e cospargiamoci di coriandoli". Beh, non ero pronta perché pensavo che Carnevale fosse già bello che passato.

Ed è stato così che alla lista dei "to do" di questa settimana (a proposito, non sono ancora venuta a capo delle 2000 foto fatte, ma prometto di raccontare e mostrare quanto prima) si è aggiunta la "missione Carnevale" che detta così fa ridere ma mica è poi uno scherzo. Per di più ho pensato che a questo punto sarebbe simpatico calarmi nella festa pure io e mi sta frullando l’idea di giusto una mascherina e un parruccone per la sottoscritta:-). Ma forse anche no.

 

Intanto dovendo riaprire la cucina e appunto essendo in tema Carnevale, ho ripensato al "Pancake Day" scoperto l’anno scorso durante i due mesi a Londra. Una sorta di "grande abbuffata della frittella" ma in versione anglosassone: quindi pancakes e tanto sciroppo d’acero.

L’idea è nata negli Stati Uniti (ma va?) dove si corre con la padella in mano (no, non è uno scherzo).
E nella padella che ci sta? Il pancake che va girato almeno tre volte se vuoi avere una chance di vincere. E come mai? Tutta colpa di una donna che si era attardata in cucina all’ora della messa e aveva pensato bene di andarci finendo di preparare i pancakes per strada: un giro qua, una preghiera là e via. 

 

Pure io vado di fretta in questi giorni, però no, ancora non mi sono cimentata alla corsa con padella e frittella (però potrei farlo giusto a Carnevale, dove pure i pazzi sono sdoganati:-)). 

 

Il pancake è una sorta di frittatina dolce, io ci ho aggiunto una mela grattuggiata a julienne e cannella. 

Potete anche optare per la cottura in forno per un risultato più leggero adatto ai pupi più piccoli (dai 15 mesi in poi).

Ingredienti (per una decina di pancake)

1 uovo

90 gr di farina 00 (o 50 di farina 00 e 40 di altra farina, esempio integrale o kamut)

1 cucchiaio scarso di zucchero di canna

1 pizzico di lievito per dolci

1/2 bicchiere di latte e due cucchiai di yogurt naturale 

1 pizzico di cannella

2/3 spicchi di mela renetta, sbucciata e grattuggiata a julienne
scorzetta di limone bio

un pezzetto di burro

sciroppo d’acero o di agave

(eventuale manciata di uvetta, che fa frittella all’italiana:-)) 

Procedimento

Stempera la farina con il lievito, lo zucchero e la cannella. Aggiungi l’uovo, il latte e lo yogurt. Mescola e unisci la mela grattuggiata e la scorza di limone. Lascia riposare per venti minuti. Prendi una padella , fai sciogliere un pezzetto di burro e versa un cucchiaio di composto. Appena comincia a rapprendersi e fare bollicine gira dall’altra parte e porta a cottura. Servi caldi con sciroppo d’acero. Puoi anche cuocere in forno: basta versare il composto in una terrina ricoperta da carta da forno e cuocere a 170° per circa venti minuti.

 

 

 

 

Pancakes alla moda di molti:-)

Per questa ricetta mi è venuto in soccorso un vero plotone di chef, cuoche e dee, oltre, of course, alla cucina americana in breakfast style. L’idea, mi spiace per chi di uva non ne può proprio più, era di preparare i supertradizionali pancakes con la rifinitura di chicchi d’uva. Poi il gioco mi ha preso la mano. Ho cominciato a farci un sacco di giri attorno, a sbirciare nelle cucine di altri (ad esempio le dee Nigella e Donna Hay) e a voler fare a modo anche un po’ mio.  E dopotutto fare i pancakes dolci che divertimento c’è? Ecco allora che ho scelto la versione salata e al posto dello sciroppo d’acero ci ho piazzato dell’italianissimo miele di castagno. Come dire ho fatto un gran miscuglio di tradizioni, stili eccetera, eccetera.

 

Questo è un periodo in cui ho una vera e propria fissa per gli impasti con farine alternative (il più riuscito versus Alice trattasi di focaccia con farina di ceci, che non è farinata ma per l’appunto focaccia).  E pure i pancakes per buona pace del popolo a stelle e strisce non sono passati indenni: la sottoscritta ha decretato kamut. E farina di kamut è stata usata.

 

Confesso che la pupa non pare avere una grande predilezione per il pancake, non è andata matta per la versione dolce, preparata tempo fa, non sembra aver avuto gran successo quella salata, almeno fino a quando non ci ho aggiunto del formaggio fresco sopra. Per il momento crepes e blinis battono 1 a 0 pancakes.

E voi cosa preferite? Bè, magari siete del partito "french toast": la sottoscritta lo adora da una colazione in Provenza di anni e anni fa, anche se pare che di francese abbia giusto l’aggettivo del nome, non l’origine, ma io ai tempi mica lo sapevo:-).  

Torniamo al pancake: in realtà per i pupi può essere una simpatica digressione sul tema uova e dintorni, alternativa a frittate, omelette e crepes. 

La versione dolce si può arricchire di frutta fresca, quella salata di verdure, prosciutto o uva, come abbiamo fatto noi:-).

Il formato? 18-24.  La versione salata, accompagnata da verdura, costituisce piatto completo:-).

piesse: si ringraziano Nigella e Donna per la divagazione alla ricotta:-)

Ingredienti (per una 20 di pancakes)

100 gr di farina di kamut

70 gr di farina bianca

2 uova (albumi e tuorlo separato)

100 gr di ricotta

200 ml di latticello ( o 100 latte+100 yogurt naturale)

un pizzico di sale

una manciata di uva nera

miele di castagno

1 cucchiaino di lievito istantaneo

 

Procedimento
Mescolate la farina con un pizzico di sale, il lievito, i tuorli, la ricotta e il latticello (latte+yogurt). Aggiungete gli albumi montati a neve delicatamente. Fate risposare qualche minuto, unite gli acini di uva. Riscaldate una padella antiaderente unta con poco burro. Mettete un cucchiaio abbondante di impasto e cuocete prima da una parte poi dall’altra. Se volete potete tagliare poi i pancakes con una formina (ma anche no:-)) e servire con miele di castagno e altro formaggio (tipo latteria gratteggiato).