Del nido e di quanto è bello

L’idea del nido mi ha sempre affascinato, e tranquillizzato. Quando ero bambina era legata al primo libro di lettura scolastica (sapete no, quelli che durano per un intero anno), si chiamava Cipì e il mio personaggio preferito era indubbiamente Passerì. Si trattava di un racconto estremamente poetico, forse era per questo che a sette anni ne andavo matta.

Poi c’è stata la storia del nido e del pettirosso, e del non vivere invano: erano passati, uhm, direi quasi quindici anni, e ai tempi (ma ancora oggi) ero letteralmente "addicted" di una poetessa americana, Emily Dickinson. 

E oggi c’è il nido, quello che sento un po’ mio, dove i cattivi umori, le malinconie sanno smorzarsi con un mezzo sorriso. Ecco questo per me è il nido. Che, col Cucchiaino, si è colorato di primavera e ha preso la forma di spaghetti bianchi, bianchi, lunghi, lunghi.

In questi giorni, dove pare che la mia energia sia stata completamente esaurita dalla primavera (ma allora è vera la storia che si racconta? non ho forze, beh sarà la primavera, scusa fantastica), sono andata a bastian contrario col tempo atmosferico. Cosa, sottolineo, che mi succede molto raramente: se splende il sole è quasi certo che sia, non dico felice, ma quasi. 

E invece no. Sono andata lenta, e ho avuto voglia di nido:-).

E’ nata così la ricetta: creare un simil nido che fosse colorato, come il sorriso della primavera.

Il tutto, inutile dire, ha divertito la pupa che, a piene mani, ha sfilato e risfilato, quello che la forchetta aveva pazientemente arrotolato.

La ricetta è in un mood orientale, cominciando dagli spaghetti di riso e dalla salsa di soia (da introdurre solo dopo i 12-18 mesi).
A far da base straccetti di pollo e lattuga all’orientale, si appoggia il nido e ci si mettono baccelli e carotine.

Per i bambini dai 24 mesi e i nostalgici del nido:-).

 

Ingredienti (per tre)

200 gr circa di filetto di pollo

120 gr di spaghetti di riso

1 cucchiaino di salsa di soia

piselli freschi

1 carota

olio EVO

semi di sesamo

1 cipollotto

 

Procedimento
Lavate le verdure, cuocete i piselli e la carota per 15 minuti in acqua. Scolate e tagliate la carota a pezzettini. 
In una padella stufate il cipollotto a fette sottili con un paio di cucchiai di olio d’oliva, aggiungete il filetto di pollo tagliato a striscioline sottili e passato in poca farina arricchita con semi di sesamo, unite anche la lattuga affettata a striscioline, mescolate, insaporite con un cucchiaino di salsa di soia e un pizzico di sale, spegnete.
Tuffate gli spaghetti di riso in acqua calda (non serve bollirla), leggermenta salata, mescolate e scolate dopo qualche minuto (facendo attenzione che non scuocino o incollino troppo).
Scolate la pasta, condite con un cucchiaino di olio, i piselli e taccole.
Sul piatto disponete il pollo e la lattuga, come fosse la base del vostro nido. Disponete sopra gli spaghetti a nido e servite. In alternativa potete friggere gli spaghetti in olio bollente, passandoli prima in una pastella fatta con un paio di cucchiai di farina di riso, sale e acqua frizzante ghiacciata (per bebè dopo i 24 mesi!).

 

 

 

Pesce d’Aprile, a fool day:-)

Non sono mai stata un’appassionata di pesci d’aprile. Credo che il massimo sia stato attaccare a qualche compagno della scuola un grosso pesce di carta dietro la schiena. Poi ho ignorato il primo d’Aprile fino a qualche giorno fa quando, chissà perché, mi è presa l’idea di questi biscotti e ho cercato le origini degli scherzi. Bene, mi sono appassionata alla tradizione soprattutto di tipo anglosassone che chiama il primo di aprile il giorno degli sciocchi ma anche dei pazzerelli, per l’appunto April’s fool day. Dato che l’umore della settimana era proprio out, mi sono data ai pesci.
Dopotutto, secondo la storia, anche Cleopatra era una grande mattacchiona e pare sia stata addirittura lei a dare inizio ai giochi, facendo appendere alla lenza di Antonio un grosso pesce finto ricoperto di pelle di coccodrillo. Io mi sono accontentata di molto meno:-).

 

La teoria che ha riscontrato il mio maggior gradimento è quella che collega il primo d’Aprile al solstizio di primavera: abbandonato il grigiore dell’inverno i pagani si lasciavano andare a scherzi e buffonerie varie (beati loro!). Non male però anche la storia di Cleopatra e della sua lenza che ha gabbato il bell’Antonio.
Che si tratti di solstizio di primavera o antico inizio d’anno (rimpiazzato poi dal primo gennaio, pare più dai cristiani meno dai mattacchioni) l’idea è di divertirsi e prendere le cose in maniera molto, molto leggera (cosa che a volte pare quasi "insostenibile" a qualcuno, compresa la sottoscritta:-)).
Che sia Pesce d’Aprile, Poisson d’Avril o April’s fool day, che inizi a mezzanotte e termini a mezzogiorno (come in Inghilterra) o ci si goda tutta la giornata come da noi, poco importa:-).
Ho deciso quindi di darmi al pesce lasciando da parte molta "pesantezza", qualche nube e giocando all’effetto stupore per la pupa.
Ho preparato i biscotti con il mio cavaliere, beh Mr B. Dopo una decina di telefonate alla ricerca della forma di pesce e l’elenco da parte dei chiamati di "leprotti, uova, rondini e pulcini, più un rimasuglio di alberi e stelle", ho deciso di fare da sola a casa.
Si dà il caso però che non abbia una mano ferma e nemmeno eccelsa nel disegno: ci ha pensato Lui, fermo, strafermo nell’incisione (deve essere l’abitudine:-)) e il gioco gli ha preso, è proprio questo il caso, la mano.
Perché accontentarsi di una sola tipologia di pesce? Mi sono ritrovata con pesce pagliaccio, pesce rosso, delfino e pure un’alice in onore della pupa di casa. 
Io poi mi sono divertita a pasticciare con le matite colorate (alimentari, si intende), glassa e persino petali di fiori (sempre commestibili,  che ho comprato qualche giorno fa).
Inutile dire che la pupa tornata dall’asilo ha conquistato l’acquario che era ancora in fase di scatto fotografico della sottoscritta.
L’effetto? Pesce d’Aprile (anzi pesci, che ognuno sceglie quello che più gli aggrada) un po’ vintage, della serie "C’era una volta un pesce, un po’ hippie, in una boccia nel mondo lontano, lontano".
La ricetta? Di quelle stupidissime per i biscotti da fare coi bambini, tanto che non è nulla di inventato ma trae ispirazione da una ricetta della Nigella divina.
Io ho solo fatto una piccola divagazione sulla farina (mescolando la farina bianca con quella di riso) e un’aggiunta di scorza di limone e vaniglia liquida. Oltre, of course, a diminuire burro e zucchero:-).
 
Ingredienti (per una ventina di pesci o simili)
150 gr di farina 00
50 gr di farina di riso
1 uovo
50-60 gr di zucchero
80 gr di burro
scorza di limone bio
1/2 cucchiaino di vaniglia liquida o un pizzico di quella in polvere
(eventuale matite colorate alimentari, o glassa fatta con zucchero a velo, acqua e limone, o petali di fiori, o altre decorazioni che vi vengono in mente)
 
Procedimento
Mescolate l’uovo con lo zucchero, unite la farina (o farine) setacciate, la scorza di limone, la vaniglia e il burro. Mescolate e impastate fino a ottenere una palla morbida e profumata. Avvolgete nella pellicola e lasciate riposare in frigo per 30 minuti circa. Riprendete l’impasto e stendetelo: intagliate i vostri pesci con o senza formine. Se siete di quelli "senza", disegnate prima i pesci con uno stuzzicadenti, quindi servitevi di un coltello affilato per intagliare. Potete anche pensare di farci un forellino in alto, caso mai voleste appendere il pesce dietro a qualche malcapitato:-). Girate la forma ottenuta su carta da forno. Cuocete in forno caldo a 180° per 10 minuti circa.
Una volta pronti decorate!

 

Vellutata inverno-primavera

E ‘stata una strana settimana. Di quelle dove ti senti sospesa, a mezz’aria, e ti pare di concludere poco, poco. Il lavoro è sembrato quasi rallentato e se non fosse per il sabato lavorativo (sigh) ho la netta sensazione di aver avuto un sacco, sacchissimo di tempo per come dico io, "pirlonare". Ci sono stati i panini, i giri al parco con la pupa dopo l’asilo (ma quanta gente c’è???) e persino, oggi, la decisione "vado a prendere informazioni perché devo, ma proprio devo, fare un qualche tipo di sport".

Io credo sia tutta colpa della primavera e del sole di questa settimana, è facile sentirsi un pochino ubriachi:-). Ieri ho trovato pure un’oretta per farmi un giro per il mercato e curiosare tra le verdure di stagione.

Alcune sono finite in questa zuppetta ben passata per la sera.

Sulle bancarelle del "verdurario" impazzavano due stagioni: carciofi e fragole, puntarelle e taccole, e poi ancora cavoli, broccoli e pere. E tu lì a decidere se sei ancora dell’umore broccolesco oppure vuoi già emigrare verso le puntarelle (non vi capita lo stesso fra cappotto e trench leggero, leggero). Io sono passata alle puntarelle. Che tra parentesi a-d-o-r-o.  
Lo so, non sono molto da pupo, ma ieri sera le ho preparate fresche, fresche, perché l’idea era da martedì che mi passava in testa. Ecco martedì ho mangiato le prime puntarelle, con amici, in un ristorante giapponese (ve lo consiglio se passate  Milano, beh è più una sushiteca) condite con una salsina agrodolce alla soia e ho pensato che avevo una maledettissima voglia di farle a casa, alla romana.

Detto fatto. Solo che quando prepari le puntarelle, le pulisci, le lasci a ghiacciarsi quell’ora in acqua fredda, strafredda, e poi le fai macerare nella salsina all’acciuga ti avanzano due cose: il tempo e l’esterno delle puntarelle, ossia la cicoria vera e propria. Ed è un peccato buttarla.

Bene è nata la vellutata inverno-primavera perché dentro ci sono finite oltre alle foglie di cicoria, mezza pera e due zucchine novelle.

Naturalmente questa è una ricetta formato pupo, e pure di quelli piccoli. Alice da parte sua ha assaggiato pure due puntarelle, ma credo più per il divertimento di afferrare le estremità ricciolute, dopo debito bagno ghiacciato, che per il sapore (direi poco da pupo:-)).

 

Ho aggiunto a passato pronto una manciata di anelli al miglio, giusto per dare una nota croccante, fare la caccia di Pollicino e disegnare nel mezzo, occhi e sorriso di mozzarella

 

Ingredienti (per tre)

foglie di cicoria (nel caso non foste adepti delle puntarelle, potete sostituire con foglie di spinaci)

1/2 pera

2-3 zucchine

olio EVO

anelli di miglio o altri cereali

1 mozzarella fiordilatte

(eventuale sale, pepe per mamma&papà)
qualche fettina di cipolla
parmigiano reggiano

 

Procedimento

Lavate le verdure. Stufate la cipolla con due cucchiaini di olio, aggiungete le zucchine e la pera tagliate a pezzi, le foglie di cicoria. Coprite con un litro e mezzo circa di acqua. Lasciate cuocere per 20-25 minuti. Passate tutto con un cucchiaino di olio e parmigiano, servite la porzione del bambino con qualche anellino di miglio (o un cracker senza sale sbriciolato se vi viene più comodo come disponibilità) e qualche pezzettino piccolo di mozzarella. Aggiungete invece per mamma&papà sale e pepe (ed eventuale scorzetta di zenzero se vi piace).

E’ primavera. Svegliatevi … panini!

E’ facile innamorarsi della primavera. C’è una sorta di ebbrezza come se veramente tutto fosse pronto a vivere, rinascere, come se tutta questa vita potesse sconfiggere con un soffio la morte accanto. E’ lo stesso che provi guardando un bambino che ti corre intorno, tanto più se è il tuo: non ti senti più come quel pesce nella boccia, confinato, limitato, ma con un piede nel futuro, anche quello che non conoscerai.

Credo sia per questo che per me la primavera è una festa, uno di quei giorni dell’anno che mi appunto nella mente. E anche io, stamattina, avrei gridato come quella bimba che ho sentito fino in casa: "E’ primavera, oggi!". Per festeggiare ho preso i vasi e ci ho fatto il pane.

Dopotutto marzo è il mese dei pazzerelli e io un po’ pazza lo sono sempre stata.

La genesi. Ossia come è nata l’idea.

Bene, di sana pianta per la pupa durante uno dei lunghi tragitti sudafricani alla richiesta "Mamma, mi racconti una storia". (e io ho il vizio stramaledetto di inventare tutto al momento e poi di inguaiarmi in giri stranissimi:-))

C’era un vaso di terracotta che avrebbe tanto voluto essere colorato, la Primavera lo accontentò. Soffiò sui fiori, sparse i semi e il vaso si colorò di violetto, rosso e giallo. E da quel dì fu felice perché anche se arrivava l’inverno lui sapeva che sarebbe rinato, di nuovo il 21 a primavera.

Dal vaso colorato al vaso paninaro il passo è stato brevissimo ( e mi sono appassionata al genere, quindi preparatevi:-))

 

I vasi di terracotta. Ovvero se un Cucchiaino va al vivaio.

"Buongiorno, cerco dei vasi, di varie misure, preferibilmente mini". Cucchiaino speranzoso.

"Guardi là ne abbiamo di due tipi, perfetti per le semine di primavera".

"Uhm, beh io dovrei infornarli. Sa giusto un po’ di impasto di pane, 200° non ventilato…". Cucchiaino imbarazzato.

"Deve essere il periodo, fa brutti scherzi…". Vivaista senza pietà.

"Lei non sa quindi se posso osare i 200°?". Cucchiaino ostinato.

"Il prossimo, prego". Vivaista liquidatore.

 

Il consiglio.  Segna il posto a tavola.

Questa l’ho pensata una volta che ho ammirato i vasetti panettosi: perché non prepararne porzioni monodose con tanto di nome per i prossimi pic-nic o cene in terrazza o aperitivi o feste o quello che volete voi?

Per la pupa e…

… Mr B e la sottoscritta.

 

E oggi 21 di primavera mi pare giusto festeggiare, benché di primavera qui attorno pare esserne rimasta ben poca. Eppure la magia di questi panini, il profumo per casa, la gioia di sbocconcellare partendo dalla cima mi hanno trasmesso una gioia che ha il sapore delle cose lontane dell’infanzia. 

Buona primavera a tutti!

 

piesse: nel mio procedimento ho preparato il lievitino alla sera, giusto per non dovermi preoccupare di seguire più lievitazioni il giorno dopo. Naturalmente potete anche decidere di cominciare dal mattino e arrivare all’"infornamento" a metà pomeriggio.

piesse 2.: ho abbinato alla farina manitoba farina al kamut, ecco potete ovviamente sostituire con farina 00.

Formato? Dai 9 ma anche prima per piccoli morsi di assaggio!

 

Ingredienti

300 gr di farina manitoba

150 gr di farina di kamut

12 gr di lievito di birra fresco (circa mezzo panetto)

1 cucchiaino di zucchero

sale

circa 150-200 ml di acqua (potete in parte sostituirla con un paio di cucchiai di latte, ricordate solo dopo i 12 mesi)

1 cucchiaio di parmigiano e 1 cucchiaino di pecorino

punte di asparagi

fave scottate in acqua
olio

 

Procedimento

Sciogliete circa 7 gr di lievito di birra in una tazzina di acqua tiepida con un cucchiaino di zucchero, lasciate riposare per qualche minuto, quindi mescolate insieme a 100 gr di farina manitoba e un paio di cucchiai di acqua tiepida. Mettete a lievitare per diverse ore, anche l’intera notte (in luogo fresco). Riprendete la palla lievitata, sciogliete il resto del lievito in acqua tiepida con mezzo cucchiaino di zucchero, fate fermentare per qualche minuto, quindi impastate con il resto della farina. Aggiungete dell’acqua tiepida (dove avrete fatto sciogliere un cucchiaino di sale) e il parmigiano, fate impastare nella planetaria fino a quando l’impasto si compatta intorno al gancio. Rimettete a lievitare in luogo caldo (ad esempio il forno a 35°) per due ore. 

Infarinate i vasetti di terracotta, prendete l’impasto lievitato e ricavate delle piccole porzioni tonde. Posizionate l’impasto nei vasi: cercate di appoggiare la palla occupando metà vaso (in lievitazione e cottura occuperà tutto lo spazio a disposizione). Nella parte alta mettete delle fave, al centro un gambo con la punta di asparago (che poi coprirete con carta domopack, in maniera che non bruci). Spennellate con poco olio d’oliva mescolate ad un cucchiaino di latte e lasciate lievitare al calduccio per un’altra oretta.

Riscaldate il forno a 200°, spennellate nuovamente il pane di olio e latte se si è asciugato e fate cuocere per 25-30 minuti circa.

N.B. I vasi sono da riutilizzare, indi per qui pulite con pazienza rigorosamente a mano (no, la lavastoviglie proprio no) e senza detersivo!

Bobotie. B-o-b-o-t-i-e. Il destino in un nome

Per me è naturalmente impossibile tornare da un viaggio e non rifare ricette appena conosciute. Capita sempre, a volte diventa una fissazione (e si mangia greco o tirolese per una settimana), mai però un piatto mi ha appassionato come il Bobotie. Sì, nel senso di interesse storico, culturale, oltre che di gusto stesso, perché capire il Bobotie (credo simbolo della cucina sudafricana come il braai o il biltong)  è un po’ come scorrere gli ultimi 300 anni di storia del paese. A qualcuno sembrerà giusto una riedizione speziata della moussaka ellenica, beh sbagliato che in questa sorta di "pie" ci hanno lavorato olandesi, malesi, africani e persino gli inglesi hanno dato qualche suggerimento. Solo a pensarci farei questo piatto un giorno sì e uno no:-)

In Sudafrica l’ho sperimentato la prima volta per caso. Il nome, b-o-b-o-t-i-e, letto in menù mi ha immediatamente incuriosito, dopotutto c’è il destino in un nome, no? E a uno così non si può resistere:-). 

Mi è arrivato una sorta di "pie" dolcemente speziato senza però sfoglia o altro, ma solo una crosticina frittatosa sopra. L’ho aperto e si è aperto un mondo: foglie di limone, curry dolce, coriandolo, peperoncino a pezzetti, uvetta e un sughetto che amalgamava la carne di manzo tritata all’interno. E per chi ama i gusti forti, della chutney per accompagnare.

Da lì in poi è stata una ricerca continua del santo graal, fino ad approdare agli spring rolls (in esterno proprio come gli involtini primavera cinesi) con sorpresa, ossia ripieni di bobotie. Al posto della solita salsina agrodolce "chinese style", chutney (in quel caso era all’albicocca, super!).

 

Fin qui il piatto. Ma poi c’è la storia, ossia come ha avuto inizio il bobotie.

Oltre 300 anni fa le navi olandesi facevano tappa a Cape Town, di ritorno dall’Asia, prima di tornare in Europa. A poco a poco però cominciarono a fermarsi e costruire. E nel fermarsi e costruire lasciavano parte delle spezie trasportate da Java, poi gli schiavi, malesiani, a cucinare per loro. 

Dall’influenza fra i "kerriekerrie" asiatici, la cucina nativa sudafricana e quella dei "bianchi europei" è venuto fuori il piatto simbolo di questo paese. 

Per anni, con la dominazione inglese e poi le leggi dell’apartheid, il bobotie è stato cancellato dai menù  e cucinato di nascosto, a casa o nelle tavole calde malesiane di Città del Capo. 

Oggi, invece è orgogliosamente presente in molti menù e non può mancare nei ristoranti che fanno cucina sudafricana.

E’ come se questo tortino riuscisse a riassumere popoli così diversi, e a rappresentare in maniera unica una nazione multicoloured.
Una dichiarazione di intenti, riuscita, più che una ricetta.

Ok, non è esattamente un piatto da pupi (e infatti lì Alice l’ha proprio ignorato) però è perfetto per il Cucchiaino di mamma&papà e beh, con il bobotie a modo mio (senza peri, peri o come diciamo noi piccante), si può raccontare di una nave che solcava oceani per portare l’"oro speziato"… la mia di pupa, qui a casa, si è convinta all’assaggio:-).

piesse: that’s bobotie visto dal forno, wow!

 

Ingredienti (per tre)

400 gr di carne tritata di vitello e manzo

una manciata di uvetta

1 cucchiaio di marmellata di albicocche

1 cucchiaino di curry dolce

1 chiodo di garofano

1 pizzico di zenzero in polvere

(eventuale coriandolo e curcuma)

1 spicchio di aglio

1 cipollotto

foglie di limone (o alloro, come ho fatto io)

1 uovo

1 bicchiere di latte

1 fetta di pane bianco secco

1/2 cucchiaino di zucchero

1 cucchiaino scarso di sale
olio d’oliva
fette di limone bio

 

 

Procedimento

Bagnate il pane con mezzo bicchiere di latte. In una casseruola fate imbiondire il cipollotto a fette sottili e l’aglio con il curry, lo zenzero, il chiodo di garofano e due o tre foglie di alloro. Aggiungete la carne, mescolate, unite sale, zucchero, marmellata, uvetta. Schiacciate il pane e aggiungete anche questo alla carne. Sbattete l’uovo con due o tre cucchiai di latte (eventualmente potete rendere il tutto più denso con uno o due cucchiai di maizena o semplice farina). Riempite una pirofila da forno con la carne, posizionate ai lati due fettine di limone, coprite con il composto di uovo. Finite con una foglia di alloro sulla superficie e passate in forno a 180° per 30 minuti circa.

Pancake del martedì grasso (o quasi)

Ha riaperto la cucina e pure il blog. Dopo due settimane e più è stato come dare una bella scrollata a polvere e ragnatele, una sensazione strana, considerato che non facevo una lontananza da rete e connessioni così lunga da un bel pezzo . Ammetto di sentirmi ancora sospesa, una parte della testa qui e gli occhi che vedono ancora tutt’altro. E ieri guidare verso Milano, giornata grigia, coda variabile e pensare che soli due giorni prima avevo un giovane leone di fianco (e il nostro, beh, era l’unico veicolo o quasi nel raggio di chilometri) è stato un pochetto "destabilizzante".
Della serie uhm, non so chi sono e dove devo andare:-). 

Unico punto fermo di questi giorni? Il carnevale!

A qualcuno sembrerò matta, ma con una pupa all’asilo è tutto un "ci vuole un costume, facciamo una maschera, soffiamo a pieni polmoni sui quattro tubi di stelle filanti e cospargiamoci di coriandoli". Beh, non ero pronta perché pensavo che Carnevale fosse già bello che passato.

Ed è stato così che alla lista dei "to do" di questa settimana (a proposito, non sono ancora venuta a capo delle 2000 foto fatte, ma prometto di raccontare e mostrare quanto prima) si è aggiunta la "missione Carnevale" che detta così fa ridere ma mica è poi uno scherzo. Per di più ho pensato che a questo punto sarebbe simpatico calarmi nella festa pure io e mi sta frullando l’idea di giusto una mascherina e un parruccone per la sottoscritta:-). Ma forse anche no.

 

Intanto dovendo riaprire la cucina e appunto essendo in tema Carnevale, ho ripensato al "Pancake Day" scoperto l’anno scorso durante i due mesi a Londra. Una sorta di "grande abbuffata della frittella" ma in versione anglosassone: quindi pancakes e tanto sciroppo d’acero.

L’idea è nata negli Stati Uniti (ma va?) dove si corre con la padella in mano (no, non è uno scherzo).
E nella padella che ci sta? Il pancake che va girato almeno tre volte se vuoi avere una chance di vincere. E come mai? Tutta colpa di una donna che si era attardata in cucina all’ora della messa e aveva pensato bene di andarci finendo di preparare i pancakes per strada: un giro qua, una preghiera là e via. 

 

Pure io vado di fretta in questi giorni, però no, ancora non mi sono cimentata alla corsa con padella e frittella (però potrei farlo giusto a Carnevale, dove pure i pazzi sono sdoganati:-)). 

 

Il pancake è una sorta di frittatina dolce, io ci ho aggiunto una mela grattuggiata a julienne e cannella. 

Potete anche optare per la cottura in forno per un risultato più leggero adatto ai pupi più piccoli (dai 15 mesi in poi).

Ingredienti (per una decina di pancake)

1 uovo

90 gr di farina 00 (o 50 di farina 00 e 40 di altra farina, esempio integrale o kamut)

1 cucchiaio scarso di zucchero di canna

1 pizzico di lievito per dolci

1/2 bicchiere di latte e due cucchiai di yogurt naturale 

1 pizzico di cannella

2/3 spicchi di mela renetta, sbucciata e grattuggiata a julienne
scorzetta di limone bio

un pezzetto di burro

sciroppo d’acero o di agave

(eventuale manciata di uvetta, che fa frittella all’italiana:-)) 

Procedimento

Stempera la farina con il lievito, lo zucchero e la cannella. Aggiungi l’uovo, il latte e lo yogurt. Mescola e unisci la mela grattuggiata e la scorza di limone. Lascia riposare per venti minuti. Prendi una padella , fai sciogliere un pezzetto di burro e versa un cucchiaio di composto. Appena comincia a rapprendersi e fare bollicine gira dall’altra parte e porta a cottura. Servi caldi con sciroppo d’acero. Puoi anche cuocere in forno: basta versare il composto in una terrina ricoperta da carta da forno e cuocere a 170° per circa venti minuti.