Di stelle alpine e fiori di campo. Arrivederci a settembre…

Luglio è passato veloce, tra le prime vacanze e i bagliori di estate assoluta. I giorni sono corsi, come ormai sanno fare mio malgrado. Tra le mani le prime manciate di ricordi, quelli della montagna, che odorano ancora di fiori di campo mentre nelle orecchie ho, ora, la voce forte e calda delle cicale. Davanti settimane sull’isola tra i primi “bagni” della pupa piccola e le nuotate di quella più grande, ormai in stile libero:-).

Come non mai, tra i sentieri, in montagna, fiori e fiori e ancora fiori. Il profumo dell’erba, verde smeraldo, punteggiata da viola, gialli e bianchi. Da ammirare e cogliere. E far mazzetto e sistemare fra i capelli. Per la gioia delle bambine.
Quest’anno abbiamo vissuto un’intera settimana in quota, in una casa nei prati, affacciata sulle montagne dell’Alta Val Badia, di fronte la cime del Sassongher.  Con noi amici, per la gioia di Alice in compagnia di una delle amiche del cuore. Come dire, tutto più semplice perché due bambine=gioco= annullamento= – 2 (o quasi:-)). 
 
Ci siamo dati un taccuino di marcia a misura di pupi, quelli a piedi e quelli nello zaino, sulle spalle. E nonostante i capricci del tempo, abbiamo potuto segnare diverse croci sui sentieri che volevamo percorrere. Fino ad arrivare oltre i 2000 metri.
Paesaggi che riconciliano con gli animi più irrequieti, lontani dalla folla. Serate così fresche che a volte non pensi nemmeno possa essere anche lì estate. La soddisfazione di far fatica, gambe in spalla, ognuno con il suo peso più o meno maggiore, la scorta di acqua e qualcosa da mangiare sul plaid disteso sull’erba. Ed enormi poltrone, che sanno di legno, sulle quali alzare gambe e occhi al cielo, e contemplare cime in ogni punto.
Tutto sa di aria, che entra nella testa, nelle orecchie, negli occhi. Chiara, leggera e dolce. 
Sono ritmi che nulla hanno a che vedere con quelli del mare, dove sono ora e la quantità di gente sulla spiaggia, vicino al mio asciugamano aumenta in maniera esponenziale al crescere dei giorni sul calendario.
 
Come al solito, a stupirmi, là la quantità di attività proposte per i più piccoli: sentieri didattici dove raccogliere timbri attraverso il riconoscimento di impronte di animali, malghe nelle quali i bambini di città capiscono che il latte non lo produce l’omino del banco frigo e si stupiscono della facilità di produzione di panna e burro, fermate in alta quota dove non mancano mai giochi all’aperto o pennarelli per colorare se la pioggia arriva improvvisa. 
Poi si ritorna all’aperto, con i verdi che sono ancora più verdi.
Il ladino, a inframmezzare le lingue nazionali, italiano e tedesco. E cene, in posti tanto belli e d’atmosfera quanto cordiali con le famiglie.
Tra tutti segnatevi L’Murin Osteria, gemella della Stua de Michil de l’Hotel La Perla: noi ci siamo andati per cena con 4 bambine, arrivati c’erano già pennarelli e fogli per disegnare e occupare l’attesa dei piatti, in un ambiente da favola e una cucina, informale e di una manciata di proposte, di chiara appartenenza all’altro ristorante stellato dell’albergo. E ci siamo sentiti completamente a nostro agio, nonostante la confusione che ci abbiamo portato.
A proposito qui ho fatto merenda (anzi abbiamo, visto che Alice lo ha adorato:-)) uno degli strudel migliori della mia vita, rigorosamente di stagione, ripieno di albicocche con una morbida pasta sucrè. 
 
Con gli anni mi sto accorgendo che sto sviluppando una passione sempre più accentuata per la montagna d’estate e il mare d’inverno, sarà mai che sto invecchiando o sviluppando un’intolleranza via via maggiore alla folla?:-) 
 
La ricetta di oggi è in perfetto spirito del post, come dire sconsigliata a chi si trova ad altitudini poco sopra il livello del mare o nella calura della città. In questo caso, archiviate e mettete da parte per i primi freddi autunnali. Ne vale la pena!
Da accompagnare con Weizen per i grandi e birra dei piccoli per i pupi (ovvero succo di mele 100%)
 
piesse: arrivederci a settembre! (mi pare un po’ di essere ritornata ali tempi della scuola con queste vacanze lunghe, lunghe quest’anno!)
 
Ingredienti (per 5-6)
500 g di pasta colorata (io ho usato il formato stelle alpine, so cute:-))
 2 patate grosse
2 mele
1 cipollotto
150 g di formaggio tipo latteria saporito
150 g di speck cotto (assomiglia a un prosciutto cotto affumicato ma poco affumicato e più dolce, perfetto per i più piccoli, in alternativa usate prosciutto cotto)

qualche cucchiaio di latte o panna fresca e brodo vegetale
olio EVO

burro (magari di malga:-))
sale, rosmarino

 
 

Procedimento
Pelate le patate e sbucciate le mele. Grattugiate tutto a julienne, affettate il cipollotto e fatelo dorare in una grossa padella con un cucchiaio abbondante di olio. Aggiungete patate e mele, mescolate, profumate con il rosmarino e bagnate con brodo vegetale se si asciuga troppo. Portate a cottura, aggiustate di sale. Mantecate il condimento con latte o panna e una bella noce di burro. Ora bollite la pasta, e passatela al dente in padella. Servite con una buona grattugiata di formaggio a scaglie. 


Per info sull’Alta Val Badia
www.altabadia.org

La grandine nel bosco

Mi sono ricordata l’altra sera, a due giorni dalla partenza di oggi. Erano rimaste dimenticati foto e racconto della montagna di un mese fa. Quattro giorni sparso che, dopo le ultime settimane di un’estate talmente strana per la sottoscritta che passerà a memoria familiare, mi pare ormai un lontanissimo ricordo. Talmente lontano che dire preciso è ormai impossibile, risulta più semplice raccogliere un’impressione sola, quella che, a quanto sembra, è rimasta vivida anche per la pupa.  Ossia di "quella fata che imparava a liberarsi delle tristezza". 

Tradotto per tutti: "Come ti trasformo la passeggiata nel bosco (e convinco la pupa a camminare e camminare)". 

 

"La nostra fata non sapeva quello che tutte le fate conoscono da sempre. Bisogna saper liberarsi dalla tristezza per poter ridere di nuovo e correre sulla scia delle farfalle. Passò giorni e giorni a vagare da sola e più passava il tempo più aumentava il grigio e scomparivano i colori. Stanca, passò le finestre bordate di verde, seguì la traccia lasciata dalle radici di una grande quercia e camminò.

Accarezzò con la punta delle dita l’acqua che cadeva dalla fonte, tic-toc, fino a quando arrivò al punto giusto. Era come essere arrivata a casa.

Lì erano passati i folletti, si intravedevano le tracce ambrate e collose sulla corteccia del tronco: lei non lo sapeva, ma i piccoli abitanti del bosco arrivavano in cima appoggiando punta dopo punta. 

Si fermò e si sedette. C’era una farfalla dai colori simili a una coccinella.

Era quasi sera. E lei finalmente pianse. Lacrima dopo lacrima, e ogni volta che una lacrima cadeva a terra si trasformava in una piccola nocciola di ghiaccio, simili a perle trasparenti che un folletto avrebbe anche potuto infilare su fili di erba. La fata capì e finalmente sorrise: un sorriso pieno che sciolse il nodo che l’aveva tenta legata. Si riposò e il giorno dopo se ne andò: salutò le sue lacrime di ghiaccio, sapendo che ora avrebbe trovata casa ovunque". 

Uhm, liberamente tratto da una passeggiata nel bosco dopo la tempesta notturna in quel di Luson, Alto Adige.

 A prova di verità: albicocche e mele, fiori e farfalle e l’immancabile cartello pocco italiano molto svizzero:-).

 

Per chi volesse ripercorrere il sentiero delle nocciole di ghiaccio: 
http://www.luesen.com/main.php?page=news_it

e un posto molto kidsfriendly (considerando che l’Alto Adige lo è già di sua natura):
Hotel Luesnerhof 

 

piesse: come già detto, oggi si parte, in giro per Bretagna e Normandia e poi sull’isola (sì, finalmente le nostre vacanze:-)).

Il posto delle fragoline

Capita di sbagliare sentiero. Cerchi la cascata, armato di cartina (e ultima tecnologia, vedi “il non possiamo perderci” di Mr B.) e ti ritrovi in faccia la tua infanzia (noi) mentre la pupa sviluppa una nuova passione: quella per le fragoline, di bosco, piccole e dal sapore che è profumo.

E’ stato così che è iniziata la nostra prima giornata a 1200 metri, lontani dalla folla, in un posto, Drei Kirchen (Tre Chiese) che pare avesse stregato pure uno che per irrequietezza non è che fosse molto lontano dalla sottoscritta (il caro Sigmund).

 

Ci si arriva abbandonando il proprio mezzo e salendo sopra Barbiano (siamo proprio vicino a Bolzano) dove per l’appunto si trovano tre chiese (ette) una attaccata all’altra. Basta farsi consegnare tre vecchie chiavi pesanti (secondo me devono aver aperto anche qualche porta dalle parti di Biancaneve e Pollicino) e si entra. E poi ti spingi poco più in là: il bianco del bucato a far da cornice ai monti e la culla di legno che dondola da secoli. 

Tutti intorno montagne e distese verdi da ritrovarci la propria testa.

Sì, perché con gli anni ho sviluppato un’autentica ammirazione per questi posti e la loro capacità di riconciliarti con un sacco di cose.
Ad esempio con le temperature più miti o la memoria di quando eri anche tu bambino e ti appassionavi per pezzate, pony e cavallini e bè quelle fragoline. Che, nel caso, mi hanno salvato perché al lamento di pupi dallo zaino ho risposto con la raccolta. E di fragolina in fragolina alla cascata (quella superiore) di Barbiano ci siamo arrivati.


Vi consiglio la salita e poi la discesa così come un rapido giro a Chiusa (anche se personalmente ho preferito Vipiteno vista il giorno dopo) comprensivo di Biergarten ( e birra dei piccoli, alias 100% Apfelsaft, succcooo di mellla).

Dall’isolamento di DreiKirchen ci siamo cimentati in un passo: quello di Pennes che collega Vipiteno con una delle valli più incantate dell’Alto Adige (o almeno a me arrivando ha fatto quest’impressione).

In Val Sarentino si può anche arrivare attraverso una lunga serie di gallerie da Bolzano, ma a parer mio dal Passo Pennes è tutta un’altra cosa. Vai sù, sù, fai tappa in una baita dove bevi latticello fresco e magari “aperitivizzi” con speck e formaggio al taglio (che ti offrono dal tavolo vicino, bè a me e pupi, Mr B. è rimasto senza) e poi riscendi in una mare di rododendri, mucche e masi (ben 541) che paiono usciti da qualche secolo fa.

Boschi dappertutto che, se ti cimenti in una passeggiata (ad esempio risalendo dal laghetto di Valdurna lungo il torrente), senti nell’aria: qui è il regno del pino mugo. E io credo di essere diventata, almeno per qualche tempo la sua sacerdotessa (fino alla prossima passione da volubile ragazza). L’ho annusato, ho devotamente collezionato l’essenza, mi sono letteralmente innamorata di un burro al pino mugo che ho spalmato e spalmato, l’ho assaggiato in versione iced.
Peccato che come sacerdotessa non sono riuscita a strappare i segreti per consumare il rito a casa (della serie se qualcuno sa come preparare del burro al pino mugo, verde e profumato come fosse fatto di aghi, me lo dica!).

 

In Va Sarentino vi assicuro che è impossibile, ma realmente impossibile non trovare pace (pure per me): lo sguardo si apre al verde verso ogni direzione, i prati sono di un verde che io pensavo esistere solo in qualche vecchia favola, e bè qua e là incontri dei personaggi che ti portano indietro e indietro nel tempo ( e se punti la macchina si girano contenti verso il tuo obiettivo…). 

Compresi degli omini di pietra (o “Stoanerne Mandlen”) in cima ad un colle sopra Sarentino dove le streghe si ritrovavano a far baldoria. Se passate di qui fate come noi, salite in cima, la vista è spettacolare, c’è una varietà di mucche da far perdere la testa al pupo e poi fate tappa alla malga a mezza strada per latte fresco, canederli e strudel.

A proposito di cibarie (siamo o no su un foodblog anche se per pupi?) tra le specialità, oltre alle interpretazioni al pino mugo, abbiamo assaggiato brodo e Sprizl (sostanzialmnte pane al grano saraceno fritto) al Messnerhof: ci siamo andati per caso sbirciando I posti che parteciapvano alla rassegna gastronomica Val Sarentino ed è stato una piacevole scoperta (pupi ha ripiegato per la trota di torrente). Ad ognuno poi il suo estratto: sambuco per Mr B., menta pura per la pupetta e lampone per la sottoscritta.

 

Consigli in ordine sparso.

A Barbiano ammirate il panorama dal Bad DreiKirchen: noi ( Mr B. et moi) siamo riusciti nell’impresa di goderci un dopo cena con pupi dormiente alle 21.30 o’ clock. L’evento è stato annegato in un Gewurtztraminer e grappa al cirmolo.

Se come me amate le erbe approfittate di questi posti: sono persino riuscita a trovare del timo limonato secco, direi che la soddisfazione è senza prezzo:-).

 

Zaino ( e pupo in spalla) salite dal lago di Valdurna, la passeggiata tra masi di legno, piccole baite diroccate e torrenti è da incanto. Se vi riesce fate come me e pupi: piedi nudi sull’erba e poi via nell’acqua —-, “che fredddo”.

 

Infine, se siete dei food addicted e avete un pupo curioso, che ha superato almeno i 18 mesi spingetevi per una sera fino al BadSchoergau, prenotate un tavolo nella stube (magari la stessa sera in cui c’è una partita importante, tipo la finale mondiale e quindi tutti sono rimasti a casa) e godetevi una delle cene migliori di questi ultimi mesi. Qui credo che l’aliciotta passerà alla storia per la capacità di accapparrarsi il piatto altrui, mentre la sottoscritta si spalmava l’ennesimo mini panino fatto in casa di burro verde, verde al profumo di bosco…

Per tutto il resto rimando a www.sarntal.com e www.barbiano.org, per gli scettici lascio la parola a Sigmund (che alla fine mi sembra un gran saggio): "Mi avvolgeva un senso di ritemprante solitudine, impreziosita da monti, boschi, fiori, acque, castelli e monasteri, senz’anima viva intorno … la sera, poi, la cena è stata deliziosa".

Si scioglie la neve, al mare.

Non ho ancora deciso. Se preferisco la fondue di pesce in montagna o lo scavo del riccio, a gara con la vecchia, maddalenina doc. Di sicuro ne ha mangiati più di me, di ricci. Intendiamoci un po’ pazzerella lo sono sempre stata. Si è aggiunto il caso a sballottarmi dall’ultima neve di montagna al primo mal di terra, quello che mi prende sull’isola dell’isola. Aggiungeteci dei giorni di corsa, un mezzo lavoro nuovo in più, quello di routine aumentato e la passione che mi ha portato al Salone (quello del mobile) pur non avendone il tempo:-).
Che ne è uscito? Un post un po’ in ritardo, Miss Cia che viste le foto della neve ha commentato "Me ne vuoi proprio parlare?" e io che in questo momento sono divisa fra una casa non ancora finita dove le porte chieste bianche tendono al "marron" e il resto degli impegni che non torna.
La cucina, quella di casetta, oggi non funzia, che ve lo devo dire? 

Ho bisogno di respirare un attimo, solo un attimo, con quella "Stille" che questi posti hanno (di montagna e non di isola).  E siccome al di là di cucina, ricette, e bla, bla, bla, ci sarà qualcuno che come me ha bisogno di ‘sta benedetta "Stille" o "calma, o silenzio, o chiarezza" come volete definirla, ho deciso che è cosa buona e giusta condividere. 

Dieci giorni fa sono rimasta affascinata dal lento sciogliersi della neve tra montagna e laghi, giusto una manciata di chilometri dopo il Maloja e mi son detta che sarebbe stato bello assistere al progressivo arrendersi del ghiaccio e alla riconquista delle acque. Andata e ritorno. 

Ho pensato che questa cosa c’entrasse tanto, ma proprio tanto con la primavera, il suo arrivo, e il naturale scorrere delle stagioni.  Di solito viviamo di assoluti: o il mare, caldo, sfacciato ed estivo, o la montagna, la neve totale e assoluta. E invece ci sono le vie di mezzo, quelle che non ci avevi pensato, ma possono anche piacerti. 

Nelle vie di mezzo ci sono pochi assoluti che non cambiano: l’isola di Chaviolas (c’è chi ha passato anni a fotografarla), il sentiero della Val di Fex che porta sino a Mount Selvas e la panchina sotto i larici di uno che a pensare ci passava tanto, troppo, tempo.

O cambiando scenario (che dopotutto ora sono qui), il profumo dei pini di Caprera, il traghetto avanti e indietro e il vento, di solito dispari (ed è iniziato solo oggi!).

 

E’ stato così che il post informativo si è trasformato giusto un po’: niente dove, come e perché. Sarà per la prossima volta, considerato che non potendo sedermi a guardare le nevi sciogliersi, ho già promesso all’aliciotta di ritornare. Là dove ora c’è ancora ghiaccio ci andremo con quelle buffe barchette a remi, a far spola da un lago all’altro.