Tigelle nere a Capodanno

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Chissà come mai festeggiamo la fine dell’anno e l’inizio di quello nuovo con tanta manifesta spensieratezza. Forse è utto un rito che ci siamo costruiti per non pensare: al tempo che passa, al bilancio dei mesi che abbiamo attraversato,  alle nuove volate a montagne russe che verranno. Si sta sospesi, in una bolla, e tutto appare possibile.

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Pan dei morti

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E’ incredibile come le cose più scontate se ne stiano buone buone lì ad aspettare di essere scoperte. Alle volte si tratta di guardarle come fosse la prima volta (e in questo i bambini aiutano parecchio), altre di fermarsi e lasciarsi coinvolgere. Alle volte si tratta di scoperte preziose, altre di una semplice ricetta.

I pan dei morti (o ossa dei morti) a casa nostra sono strettamente legati a questi giorni grigi di fine ottobre. Più di tutte le preparazioni per Halloween che di anno in anno sperimentiamo: divertenti, sì, ma sempre diverse perché niente ci obbliga a ripeterle identiche e non passare oltre. Invece le ossa dei morti sono così tipicamente lombarde che non manca anno che non finiscano fra le nostre mani. La cosa più incredibile di tutto ciò è che mai, e poi mai, li ho preparati direttamente io. Li ho sempre acquistati dal nostro panettiere. Fino all’altro giorno, quando trovandomi di fronte al solito vassoio di pan dei morti Alice non mi ha chiesto se potevamo farli a casa. E così è stato. Il risultato? Talmente buoni da rifarli per ben due volte. Così speciali da farmi sorridere al pensiero del loro potere di riportarci per una notte i defunti (perché la tradizione così recita da noi).

Mi è piaciuta la semplicità degli ingredienti perché parla la lingua della mia terra, di quella dove sono nata e vivo. Un po’ come la torta paesana (ribattezzata torta dell’elfo ne La Forchettina), dove gli ingredienti paiono mettorsi in fila prendendoli dalla dispensa senza particolari procedimenti o tecniche di pasticceria. Il sapore finale deriva dalla combinazione con un paio di spezie, capace di farti ritrovare un morso dopo l’altro le stesse sensazioni dell’infanzia.

Abbiamo adottato i riti di Halloween nella sua veste più divertente e chiassosa, eppure lo spirito che c’è dietro non sta poi tanto lontano dalla nostra di tradizione. Non parlo di credo (qui ognuno al suo) quanto di quel senso di mistero, di sottile contagio fra vita e morte, luce ed ombra che ci attraversa continuamente. A volte basta una lanterna per scacciare le paure, oppure un biscotto, morbido, spolverato di bianco.

Ieri ho rifatto i pan dei morti (quelli di sabato erano stati spazzati via dai miei conquilini) e ne ho approfittato per infornare anche delle focaccine che strizzano gli occhietti per Halloween (la ricetta è la solita per la focaccia, con l’aggiunta nella salamoia di tre spicchi di aglio per tenere lontani gli spiriti cattivi:-)).

Di seguito la ricetta dei pan dei morti. Si discosta da quella tradizionale solo per la sostituzione dell’uvetta con frutti rossi disidratati e l’eliminazione di canditi e fichi secchi.

E che la notte degli spiriti sia!

Ingredienti

200 g di amaretti
200 g di savoiardi

100 g di biscotti secchi
100 g di farina 00

120 g di zucchero

4 albumi

100 g scarsi di cacao amaro

70 g di pinoli

100 g di nocciole in granella

120 g di frutti rossi disidratati (o uvetta)

100 ml di vin santo (o altro vino liquoroso)

1 cucchiaino di cannella

1/2 cucchiaino di noce moscata grattugiata
1 bustina di lievito
Come si fa
Mettete i frutti rossi (o l’uvetta) in ammollo nel vin santo. Frantumate i biscotti con un pestello: dovete ottenere un composto ben sbriciolato ma non in polvere come succederebbe con il mixer, io ho preso una grossa busta per surgelati o ho lasciato che le bambine si divertissero a pestare con i loro mattarelli.

Riempite una grossa ciotola con i biscotti sbriciolati, aggiungete la farina, lo zucchero, le spezie, il cacao e il lievito, mescolate tutto, e unite gli albumi leggermente sbattuti, i frutti rossi, il vin santo.

Girate nuovamente, unite anche le nocciole e i pinoli. Lavorate quindi a mano il composto amalgamandolo per bene.

Dovete ottenere una palla ovalizzata, appoggiatela su carta da forno leggermente infarinata e ricavate delle grosse fette di circa un cm e mezzo con un coltello.

Date una forma allungata e affusolata alle fette, aiutatevi con le mani infarinandole se necessario.

Trasferite i biscotti in forno caldo a 180° per 15-20 minuti. I pan dei morti devono risultare morbidi, per nulla croccanti, o almeno a noi piacciono così:-)

Spolverate con tanto zucchero a velo. Si conservano per giorni.

 

 

 

A proposito di polpette e di pollo


Ho sempre amato le polpette. Quando ero bambina per me le polpette erano indissolubilmente legate alla mia nonna (che a volte me le proponeva pure a merenda se capitavo da lei mentre friggeva), cariche di sapore e di tradizioni familiari che si perdevano nelle sue origini romane.
Nelle polpette di nonna ci andavano sempre le patate oltre alla carne, un’abitudine che spesso ho mantenuto anche io per renderle morbide, morbide.

Ho continuato a cucinare le polpette, sono pratiche, comode e perfette per chi come me va veloce e si vuole portare avanti. Ho cominciato a declinarle in tanti modi diversi. Veggie (a base di legumi, perfette con la salsa a base di yogurt greco), vegetariane (con le verdure di stagione e i cereali, ad esempio zucca in inverno e zucchine in estate ma anche melanzane, che adoro), di carne (nonna docet) e di pesce ( spesso le preparo a base di pesce azzurro per proporlo più facilmente ai bambini).

 

Nella categoria carne capita spesso che non le prepari più col macinato di manzo che usava regolarmente nonna ma con quello di pollo o tacchino. Più delicato e digeribile, in una dieta settimanale dove la presenza della carne è comunque ridotta.

Prendete le polpette di oggi. la base è macinato di pollo e tacchino, arricchiti di una patata schiacciata, zucchine grattugiate e impanature una diversa dall’altra che fanno la differenza di gusto ( e si prestano a diventare un "indovina che c’è dentro" a tavola): dal sesamo al papavero nero alla farina di cocco al trito di erbe alla quinoa (per un effetto croccante) e alla curcuma. 

A proposito di pollo, ieri ho scoperto una serie di cose, che in parte non conoscevo, grazie all’evento di lancio della campagna nazionale Sei verità (www.seiverita.it, il mini sito dedicato all’evento) di UnaItalia (Unione Nazionale delle filiere agroalimentari delle carni e delle uova) . Alla tavola rotonda sono intervenuti diversi esperti (dal nutrizionista al pediatra al veterinario fino alle campionesse sportive) per raccontare i dati raccolti secondo il loro campo di interesse medico e scientifico o di vita, (vedi la pallavolista mondiale Piccinini che ha parlato sia come atleta sia come mamma).

Già sapevo che la carne di pollo (ma anche di tacchino) contiene ferro e proteine al pari della carne rossa, è più magra e digeribile e sempre Made in Italy (produciamo infatti più pollo di quello che riusciamo a consumare e lo esportiamo). Sapevo che il pollo non contiene ormoni ed è allevato a terra (particolare invece sempre da verificare per le uova!). Tutte ragioni per cui è stata la carne che ho introdotto come prima in fase di svezzamento.

Non sapevo invece (e voi?) che il pollo non cresce ad antibiotici e che la carne di pollo non va lavata, abitudine in realtà che io non ho se non quando ho il pollo intero e ci preparo il brodo. Anzi bisogna fare attenzione che lavando o comunque manipolando la carne cruda di pollo i microrganismi presenti non entrino in contatto con altri cibi che andremmo a mangiare crudi (esempio le verdure) o utensili di cucina.

 

Interessante l’evento, magnifico il panorama dalla Terrazza della Triennale dove è seguito il pranzo. Milano, in questi ultimi anni, mi stupisce ogni volta per i suoi panorami in costante cambiamento.

 

 

La ricetta.

 

Ingredienti (per tante polpette)

300 g di macinato di pollo

200 g di macinato di tacchino

1 patata bollita 

scorza di limone

timo, menta, basilico

qualche fettina di cipollotto fresco

1 uovo

1 zucchina

farina di cocco

farina di riso

curcuma

semi di papavero

olio extravergine d’oliva
quinoa soffiata

 

Procedimento

Schiacciate la patata in purea e mescolatela con la carne macinata, aggiungi la scorza di limone (circa un cucchiaino scarso), il cipollotto a fettine, l’uovo leggermente sbattutto, un pizzico di sale, un paio di cucchiaini di erbe sminuzzate, la zucchina grattugiata. Forma le polpette e passale nelle diverse impanature. Una parte nella farina di cocco, una parte nella farina di riso mescolata a un cucchiaino abbondante di curcuma, un’altra ancora nei semi di papavero, un’altra ancora in un trito di erbe o di quinoa soffiata.

Appoggiale su carta da forno, bagnale con un filo di olio extravergine di oliva e cuocile in forno a 175° per une ventina di minuti, rigirandole di tanto in tanto.

 

 

Hamburger di fiori di erba cipollina e piselli

E’ stato un fine settimana intenso di una lunga settimana intensa. Bello, emoziante e divertente. Lo spettacolo di fine anno, nido e scuola, delle pupe, i laboratori che ho tenuto nei giardini di Villa Reale a Monza, benedetti da due giornate di sole e cielo azzurro estivo, e il "galà" di danza dell’Aliciotta (ma quanto vola il tempo da quando ci salutò, tre enne, dal palco, in scarpette e tutù?).

E oggi è lunedì, la mia colonna forno è morta (e sono in tredipa attesa del salvatore, anzi salvatori che il forno pesa assai, alias elettricista), la mia auto è resuscitata da un paio d’ore fa (grazie al valoroso meccanico giusto fin sotto casa in mio soccorso) e io scrivo contemplando le piante del terrazzo che mi stanno regalando immense soddisfazioni.

Ecco, sì, parliamo di loro. C’è il gelsomino, un melograno arrivato settimana scorsa (che però non fa le melegrane per il dolore dei piccoli di casa che già pensavano a dei raccolti autunnali), l’acero bianco e l’angolo "coltivo io". Chiamatelo piccolo orticello, piccolo. Tante erbe aromatiche. Un paio di piantine di pomodoro e le fragole, tanto basta per creare la magia per i miei coinquilini, taglia un metro e sotto. 

Le erbe aromatiche. Sono rinate dall’anno scorso (ecco, il coriandolo no e allora ho recuperato i semi e li abbiamo piantati), capitanate da Miss Erba Cipollina, uno spettacolo. I fiori sono belli, anzi bellissimi, come dice Lea. E profumano di erba cipollina. Ho cominciato a utilizzarli per cucinare là dove serve un tocco viola di cipolla misto a sentore vago, vago di aglio. Ad esempio nell’insalata con aggiunta di fragole, tocchetti di formaggio e semi misti.

Oppure nella frittata. Prendete gli hamburger di oggi. Ritagliati come fossero fiori, a base di uova, piselli freschi appena sbollentati e scaglie di pecorino romano. Sono finiti nei panini, con un cucchiaino di salsa allo yogurt e fili di erba cipollina. Ma si possono anche infilare in piccoli spiedini, simil lecca lecca. Semplici, veloci, facili da portare anche al pic nic e belli da vedere:-)

piesse: per la sgrantura dei piselli si ringraziano Alice+Lea, che mi sono ritrovata a casa mercoledì malate (ma la malattia è praticamente passata in un pomeriggio:-)) e hanno partecipato con soddisfazione alla preparazione.

Ingredienti (per 4)

6-8 uova (a sesonda della grandezza)

qualche fiore di erba cipollina

un tocchetto di pecorino romano

200 g di piselli freschi (o surgelati)

olio extravergine d’oliva

sale

4 panini da hamburger

yogurt greco

un cucchiaino di succo di limone

 

Come si fa

Sgranate i piselli e sbollentateli in acqua per una dceina di minuti, quindi scolateli e freddateli con acqua corrente.

Sbattete le uova con un pizzico di sale come per fare una frittata. Rivestite una pirofila rettangolare o quadrata di carta da forno, ungetela con dell’olio, versate le uova (a circa un cm di altezza), aggiungete i piselli, un paio di fiori di erba cipollina sminuzzati e delle scaglie di pecorino. Cuocete in forno per 10 minuti circa a 190°. 

Preparate intanto la salsa allo yogurt: mescolate lo yogurt con un cucchiaino di olio, un goccio di succo di limone, un pizzico di sale e due fiori di erba cipollina sminuzzati.

Ritagliate gli hamburger dalla frittata. Imbottite in panini con gli hamburger di frittata e un paio di cucchiaino di salsa allo yogurt.

 

Muffin orzo e cioccolato (nel vasetto)

M0uffin cioccorzo 01

Per me è un piccolo rito quando lavoro a casa (quindi la maggior parte della settimana, lol!). Dopo la pausa pranzo sprint, caffè d’orzo in tazza grande. Con aggiunta di un quadruccio di cioccolato fondente. Rigorosamente senza zucchero (non per motivi di dieta ma perché io le bevande, dalle tisane al caffè, le amo al naturale, senza zucchero, idem gli altri di casa).

Ecco, quindi orzo e cioccolato. Rigenerante, in quella tazza arrivata da Parigi, souvenir di Lui, durante un viaggio di lavoro.

Ho persino traviato mia mamma. Lei che ha sempre e solo bevuto caffè, ora sposa l’orzo, in tazza grande.

Come molti con bambini al seguito, dopo Pasqua abbiamo tanto cioccolato. Ormai da noi arriva solo il fondente (unico che viene gradito ed apprezzato pure dalle pupe e in micropezzetti pure dal pupo:-)), perfetto anche per essere utlizzato in cucina.

L’idea è arrivata veloce, mentre contemplavo ancora tre uova da scartare: muffin, muffin e ancora muffin, al cioccolato e… orzo!

Perfetti a colazione, un boccone dopo l’altro, am anche per la mia pausa “tazza grande”.

Reduce da un laboratorio di cucina, sabato scorso, dedicato proprio ai muffin (ma con le fragole e lo yogurt!) che ho fatto cucinare ai bambini nei vasetti di vetro, ho voluto ricreare la stessa cosa  a casa: mi piace l’idea poi di poter chiudere il vasetto e portarselo comodamente in giro per bocconcini qua e là (ad esempio a scuola per la merenda).

Potete utilizzare i vasetti di vetro un po’ grosso, tipo da confettura: non fate però come me che nella fretta ieri ho invasato in vasetti (bellissimi, ehhh) ma più larghi sotto, più stretti sopra. Ecco, tirarli fuori è stato comico:-)

Per la ricetta ho scelto un impasto leggero, a base di olio e latte di soia.

Ultimamente infatti siamo diventati consumatori appassionati di latte di sioia, di riso, di riso e mandorla, soprattutto Alice che ha testato tutte le variazioni possibili:-). Il mio preferito? Riso e mandorla!

Le quantità degli ingredienti sono a vasetto: considerate grosso modo le dimensioni di un vasetto di yogurt o un bicchiere scarso.

Ingredienti (per una decina e più di muffin)

3 uova

1 vasetto di olio di semi di mais 

1 vasetto di farina 00

1 vasetto di fecola

1 vasetto di farina di farro (o integrale)

2 vasetti scarsi di zucchero

1 tazza (o vasetto) di caffè d’orzo (con latte di soia o semplice acqua)

1 bustina scarsa di lievito per dolci

80 g di cioccolato fondente

Procedimento

Setacciate le farine e la fecola con il lievito e lo zucchero, tenete da parte.

Sciogliete un cucchiaio di orzo solubile in una tazza di latte di soia (latte o acqua) tiepido. Sbattete leggermente le uova con l’olio, amalgamate e versate il caffè d’orzo.

Tritate grossolonamente il cioccolato.

Ora unite gli ingredienti solidi a quelli liquidi mescolando con il cucchiaio per circa 12 giri. I muffin infatti non vanno mescolati troppo, dovete ottenere un impasto quasi grumoso. 

 

Riempite i vasetti leggermente unti, aggiungete in ognuno un cucchiaio di cioccolato tritato e cuocete in forno preriscaldato a 185° per 20 minuti circa. 

 

 

Elogio al riccio: il cavolo (kale) col biancomangiare

vellutata e chips di cavolo riccio

La mia può essere la scoperta del cavolo. Tutti lo usano, tutti lo vogliono e  io finora l’avevo quasi ignorato. Poi una decina di giorni fa mi sono imbattutata in una serie di nuovi cavoli: il rapone delle Murgie (prometto ricetta) e il cavolo riccio. E si sa per me ciò che è riccio è quasi di famiglia. Impossibile farne a meno.

Il cavolo riccio o “kale” come lo chiamano a New York (dove pare faccia concorrenza a bagel e hot dog) è un vero e proprio elisir di proprietà nutritive tanto da entusiasmare chef e non ed essere pure lui diventato un caso di “Cinquanta sfumature…” (di cavolo e ricette ovviamente).  Da noi è poco consumato se si eccentua il cugino (nero) per la ribollita toscana.

In attesa che Oltreoceano istituiscano anche il Kale Day (fantastici ‘sti americani) io tifo per il riccio: il suo aspetto è veramente grazioso, certo un po’ grinzoso ma la forma ripaga il tatto.

Ho cominciato a cucinarlo in diversi modi: semplicemente lavato e mondato della parte più dura del gambo e saltato con aglio, olio e scorza di limone in padella, aggiunto con le foglie più tenere tagliuzzate in insalata, croccante come fossero tante chips in forno o utilizzato come ripieno insieme a pomodorini per cestini di pasta fillo chiusi con le uova sode (che mi sono avanzate da Pasqua:-)).

La ricetta delle chips è liberamente ispirata a quel genio di Jamie Oliver: io ho unito una spolverata di gomasio, granella di mandorle e una spruzzatina di olio extravergine. Niente di più: il resto lo ha fatto il forno.

L’effetto è veramente cric croc: basta riempire tanti piccoli coni di carta colorata e voilà l’aperitivo è servito.

Ho deciso di utilizzare le chips di cavolo per accompagnare una sorta di biancomangiare salato: la base tante patate (della varietà a buccia rossa), scalogno, panna, yogurt, sale rosa con fiori eduli. E il timo limonato, quello appena arrivato sul mio terrazzo..

Semplice, veloce, green e chic, con tutto quel riccio:-)

Ingredienti (per 4)

500 g di patate

1 scalogno

olio extravergine d’oliva

brodo vegetale (circa 1,5 l)

4 cucchiai di panna fresca

2 cucchiai di yogurt naturale

timo limonato

sale

fiori eduli

300 g di cavolo riccio

gomasio

scorza di limone

granella di mandorle

 

Procedimento

Pelate le patate, sciacquate e tagliate a tocchetti. Fate appassire lo scalogno affettato finemente con un cucchiaio di olio, aggiungete le patate e un paio di rametti di timo (che poi eliminerete). Mescolate e sfumate con il brodo vegetale, aggiungete il resto, coprite e portate a cottura le patate. Quando sono pronte frullate tutto per bene, unendo la panna e lo yogurt, aggiustate di sale.

Intanto lavate per bene il cavolo riccio: eliminate la parte più dura dei gambi finali e asciugate con un panno le foglie (o nella centrifuga per insalata).

Prendete una pirofila abbastanza ampia, rivestita di carta da forno e sistemate le foglie di cavolo riccio: condite con una generosa manciata di gomasio (o sale più sesamo), una spruzzata di olio e spoverate con la granella di mandorle.

Cuocete in forno a 180° per 10-15 minuti: le foglie di cavolo dovranno diventare croccanti.

Servite la vellutata con le chips di cavolo e una leggera spolverata di sale ai fiori eduli.