Un fiorfiore di pasta: fideua a modo nostro

La “fideua” mi ricorda la primavera a Barcellona e il mese trascorso lì per lavoro di Lui. 
Settimane che mi richiamano il terrazzino sopra i tetti della nostra casa a Gracia, le vie e le piazze da paesino del nostro quartiere, le lunghe camminate con le bambine, i mercati multicolor e l’atmosfera piena di energia di una città mediterranea e cosmopolita. 
La ricetta, ecco, doveva far parte del capitolo “I giramondo” de La Forchettina (a proposito i testi li ho scritti proprio nel periodo barcellonese). Poi è saltata per problemi di foliazione. Come dire avevo creato e scritto troppo, non ci stava. 

Anche se paella e fideua non sono ricette catalane, a Barcellona sono diffuse e anche noi, nel nostro peregrinare per taperie, non abbiamo potuto perderci l’assaggio.

La fideua è nata grazie al genio di un pescatore valenciano, che trovandosi senza riso, in mare aperto, propose al resto della ciurma la variazione con la pasta. Dopotutto, la sottoscritta è un’appassionata di pasta risottata e, alla fine, questa è una pasta risottata:-)

Avevo letto della ricetta e ovviamente non ho potuto fare a meno di sperimentarla in uno dei ristoranti specializzati in paelle&co (in fattispecie qui: El Glop (http://tavernaelglop.com)).
I sottili spaghettini (o capelli d’angelo o “fideua” in valenciano) hanno conquistato le pupe più della classica paella di riso. 

Per la ricetta ho utilizzato gli spaghetti della linea Fiorfiore Coop, da spezzare con pazienza a pezzetti di un centimetro e mezzo circa. E qui ho messo al lavoro l’Aliciotta. 
Nella nostra fideua ho aggiunto più verdure e meno pesce e sostituito il brodo vegetale con quello di pesce per una questione puramente di comodità e sapore più delicato.  
Potete anche preparare la ricetta con ulteriori variazioni: sostituire il pesce con la carne, oppure optare un mix o solo verdure.
piesse: gli spaghettini così piccoli e sottili sono perfetti anche per i più piccoli, Lea docet:-). Nel caso di pupi attorno all’anno evitate i gamberi e aggiugete della polpa di pesce bianco (sogliola, gallinella, scorfano…).
Ingredienti (per 4)
350 g di spaghettini Fiorfiore Coop spezzati
2 peperoni rossi
300 g di piselli
300 g di salsa di pomodoro passata
1 cipollotto
2 spicchi d’aglio
1 decina di pistilli o una bustina di zafferano
400 g di calamari ad anelli
4-5 scampi o 400 g di code di gamberi freschi
prezzemolo (o basilico)
limone
sale
brodo vegetale (circa 400-500 ml totali)
 
Lavate i peperoni e tagliateli a piccoli quadrati. 
Mescolate i pistilli di zafferano (o la polvere) in una tazzina di brodo caldo, lasciate riposare per qualche minuto.
Prendete una padella molto larga e con il fondo spesso: vi servirà per cuocere tutti gli ingredienti, poco alla volta. 
Fate scaldare un paio di cucchiai di olio. Versate gli spaghettini spezzati e fateli tostare per qualche minuto. Toglieteli e metteteli da parte.
Nella stessa padella saltate gli scampi (o i gamberi) con un cucchiaio di olio per qualche minuto. Fate lo stesso con i calamari e teneteli in caldo, insieme ai gamberi.
Ora le verdure: fate stufare il cipollotto affettato finemente e lo spicchio di aglio con un cucchiaio di olio, aggiungete i peperoni e i piselli, lasciate cuocere per dieci minuti. Unite la salsa di pomodoro e un paio di mestoli di brodo. Versate gli spaghettini disponendoli nella padella a formare uno strato uniforme, aggiungete la tazza di brodo con lo zafferano e ulteriore brodo fino a coprire per bene. 
Cuocete per qualche minuto, senza mescolare, facendo consumare il brodo. Aggiungete gamberi e calamari e portate a cottura. Servite con il prezzemolo (o il basilico) tritato e il limone tagliato a spicchi.
 

 

Barcellona. Perché già la amo.

E’ una città bellissima. Veramente. Che diventa magnifica, abbagliante quando c’è il sole. Cielo blu, senza una nuvola. Una città che ti costringe a voltarti in su per non perdere nulla. E a goderti, a passo lento, i quartieri, i vicoli, i giri di tapas e sangria.

Una città che alza la testa orgogliosa a ogni balcone. Fiera ed energica.

Una città che ti mette voglia di camminare.
Siamo arrivati a Barcellona da una settimana e già mi pare di essere lontano, completamente immersa in un mondo nuovo, eccitante. Cose da guardare, toccare, annusare. Nuovi ritmi, sapori e impegni. Sono in movimento e sono felice. Ne avevo bisogno. 

Sono passati setti giorni e ci stiamo orientando. Le prime visite del fine settimane (sotto la pioggia), il primo giorno di asilo di Alice (sotto la pioggia, sigh) e il primo raggio di sole, tre giorni fa. 

Ho preso le misure con questa casa di passaggio: una cucina ridotta all’essenziale ( dle tipo che se vi dico due pentole due, sono proprio due, lol!), un retro con lavatrice sul balcone (che a guardare dal quinto piano in giù mi viene male, ogni volta), un terrazzino inondato di luce (direi la parte migliore!), dal quale contemplare i tetti e il Tibidado. 

A voi, il retro:-)… notate la rete in basso? Beh se perdo un paio di calzini stesi so dove andare a cercarli.

 

Il lato bello, bello. E i miei acquisti di stamattina:-)

Il parquet interno scricchiola poco aderente al pavimento, ma non alla maniera londinese, tanto che ieri il vecchietto di sotto ci ha suonato perché Alice e Lea disturbavano la sua siesta (alle 5 del pomeriggio…).

Adoro il nostro quartiere. Siamo a Gracia, una zona tranquilla e residenziale, anima di tutti i focolai rivoluzionari catalani. Se Barcellona è Catalogna prima di essere Spagna, Gracia è Gracia prima di essere Barcellona. 

Vicina alle manifestazioni di una città che il primo maggio ha fatto sentire la sua voce. 

Ci si perde fra le sue piazze, i negozietti di ogni genere e locali. Basta fare due passi per passara dai tipici ristoranti catalani e spagnoli a specialità da tutto il mondo: indiane, cinesi, giapponesi, thai, fusion, italiane, argentine…

Aggiungeteci il Mercat de la Llibertat proprio a due passi e capirete perché sono già innamorata.

Mi mancava questa energia. Barcellona è una città europea, in crisi come tante, ma non ha perso la sua vitalità. Il suo cosmopolitismo. La sua fierazza. Facile sentirsi affascinati, soprattutto arrivando da un paese dove tanto di questo pare essere svanito negli ultimi mesi, anni…

Al mattino usciamo presto. Di solito io, Alice e Lea. Prendiamo la metro, una linea, cambio, la seconda. Le leoncina nel marsupio, perché purtroppo anche qui, ad eccezione di pochi ascensori, per lo più in metro mamme e passeggini hanno vita dura. Però mi piace. 

Riconoscere dopo qualche giorno i percorsi, il via vai di facce e lingue da ogni parte del mondo, i musicisti che si alternano nelle stesse postazioni.

L’asilo di Alice è il tipico asilo per stranieri: un miscuglio di nazionalità che si incontrano grazie all’inglese o al tedesco. Il primo impatto è stato caotico, informale. E ovviamente così poco italiano. Escono, tutti i giorni o quasi. Oggi, sono stati al mare, in spiaggia. Una camminata di bimbi in fila a due, senza troppi problemi. Le mani sporche di sabbia e i capelli che sanno di salsedine.

Io lavoro, mentre Alice è all’asilo e Lea gironzola col passeggino con la nostra super fatina italiana (alias baby sitter, grazie ad Alessandra che me l’ha fatta conoscere:-)). Appunti sparsi, idee del prossimo libro che devono diventare in queste settimane i sei capitoli che lo formeranno. 

Però abbiamo anche fatto alla moda dei Barcellonesi. Siamo usciti tra sabato e domenica e le sere in cui Lui non torna dopo le dieci…

Perdonatemi ma di foto ne ho scattate poche. Non è semplice con le due pupe al seguito. E soprattutto se ti porti la Canon, ti fai bastare l’obiettivo basic…

Per la gioia di Alice (e lavoro della sottoscritta) siamo stati all’Acquario, al museo Marittimo e al Museo delle Cere.

Il meglio però è stato domenica. Siamo saliti con la funicolare a Montjuic, la montagna degli ebrei, punto panoramico sull’intera città fino alla zona del porto. Da lì siamo scesi passando tra i viali dei giardini, sino alla Fondazione Mirò.

E allo stadio olimpico, dove la sottoscritta pensava giocasse il Barça, una vera e propria fede più che una squadra di calcio. Grazie a Luca di aver corretto la mia ignoranza, e pensare che Lui mi ha detto ora che mentre eravamo lì mi stavo giusto dicendo che lo stadio non è utilizzato (e appunto non ci sono nemmeno le porte:-))). Chiedo venia!

Da qui ci siamo spostati verso il centro, arrivando al Barrio Gotico. Che al momento, dopo Gracia, è il mio posto del cuore. Vicoli e vicoli, stretti, dove la lune gioca a sprazzi tra le finestre e i balconi.

Trasformando ogni cosa, rendendo speciale ogni angolo. Persino i più banali.

 

 

Balconi e finestre, panni candidi e bandiere arancio acceso.

 e stella su fondo blu.

 

E la mia cucina? Per ora sta tutta nel prossimo libro (in gran parte già fotografato:-)) e negli assaggi on the road. Da segnalare le mie tapas, per ora del cuore, a "La Pepita" e la fideua (paella a base di cortissimi spaghettini) a L’Arrosseria Xativa. 

 

Piesse: volete partecipare anche voi al prossimo libro de Il Cucchiaino? Forza papà o mamme per i papà spedite le vostre ricette. Basta essere semplici, non per forza chef, ma proporre qualcosa che amate fare coi vostri bambini. 

Vi aspetto!!!

Le polpette alle lenticchie di Miss Lea

Dalla frequenza con cui aggiorno il Cucchiaino parrebbe che la sottoscritta non cucini nulla o quasi. Invece, eccetto quei giorni in cui lavoro su altro ed emigro in città, sono totalmente reclusa nella cucina di casa (in attesa fervida che fra qualche mese abbia maggior spazio vitale in quella nuova!).

Tra ricette-video e ricette-foto (linguaggio quasi cifrato dei pasticciamenti attuali con Miss Cia). Delle prime potete vedere qui il numero zero (ecco, la prima di una serie lunga 40 puntate:-)), e prometto di parlarvene presto con una chicca girata da Miss Cia, delle seconde spero esca un nuovo "figlio" da coccolare entro Natale:-)).

Nel frattempo, tra cene combinate con avanzi sconclusionati della giornata e l’avvicinarsi del primo compleanno della leoncina di casa (manca una settimana! e sono nel panico totale), ogni tanto capita che da un hamburger veggie per qualcun altro escano delle fantastiche polpettine per la Miss di casa.

Poi, ovvio, piacciono anche al resto dei componenti della famiglia, soprattutto intingolate in salsine al profumo di cumino e yogurt (vedi l’Aliciotta) e ne rimangono quasi nulla per la pappa del giorno dopo.

Ultimamente sto producendo tantissime tipologie di polpette di svariato genere, a volte totalmente veggie altre con pesce in bastoncini o combinazioni di verdure di stagione. Buonissime quelle alla zucca e formaggio (in versione adulta con ‘nduja) o ai broccoli e cavolfiore. Leggere quelle ai legumi, in primis alle lenticchie. 

Sto facendo anche un uso smodato delle patate dolci, la stagione è favorevole e danno un tocco morbido e vellutato sia nelle pappe di Lea sia in contrasto con sale, pepe e rosmarino come chips al forno. Tanto, in questo caso, da rifarle nel giro di due giorni (con la benedizione di Lui).

 

Lea poi si sta trafsormando in una piccola gourmet affamata e deliziata da ogni tipo di assaggio. Fantastico vederla scoprire ogni cosa!

Per le polpettine di Lea ho combinato 200 g di lenticchie (sia decorticate sia nere siciliane),  stufate con cipollotto, aglio e semi di finocchio, 1 patata dolce 1 patata bianca, cucinate al vapore e quindi passate nello schiacciapatate.

Ho mescolato per bene il tutto aiutandomi con 30 g circa di farina, ho ammorbidito con un paio di cucchiai di yogurt greco e ho formato le polpettine. Le ho passate in un mix di farina fioretto e semi misti, quindi le ho appoggiate su carta da forno e bagnate con un filo di olio extravergine d’oliva. Infine le ho cucinate in forno (girandole due o tre volte) per 15 minuti.

A parte ho preparato una salsina a base di yogurt greco, mescolando quest’ultimo con un cucchiaino di olio extravergine d’oliva, un cucchiaino di succod i limone e un cucchiaino di semi di cumino.

Perfette per l’ora dell’aperitivo sia nostra sia della pupetta che ha molto gradito pasticciare e mangiucchiare a mano libera!

 

 

 

Spaghetti spaziali e cavoli rapa

Potrei dire del tempo che corre troppo veloce (ma è vero, mica è una scusa) o dei troppi impegni arrivati tutti insieme (bene, mai lamentarsi del troppo lavoro:-)), oppure di qualche giorno sull’isola giusto per ricordarsi che alla fine anche se gli anni passano vale sempre la pena festeggiare. Potrei dire di tanto ma alla fine quando qualche minuto fa ho aperto il blog, rimandando la pausa pranzo, ho pensato che proprio, ma proprio non si poteva più guardare un post che brindava all’anno vecchio e a quello nuovo.

Quindi scrivo. Veloce, giusto per non perdere traccia dei nostri pasticciamenti nella vita che va più rapida ormai dei miei pensieri:-).

Parliamo di cavoli, di rape e di una ricetta da fare a quattro mani (che Alice si è divertita rendendosi utile alla causa familiare "metti il piatto in tavola":-)).

L’idea di partenza non è mia. Mesi fa avevo visto una foto dove il solito wustel veniva reinventato in una veste creativa: tagliato a fettine e infilzato con gli spaghetti. A prova di bambino, di quelli duri e puri che la fame non sanno bene cosa sia. 

Noi di wustel ne consumiamo pochi. Per Alice è un piatto che si collega con i monti, dell’Alto Adige soprattutto. 

Qauclhe settimana fa però andavo di fretta: nel frigorifero avevo ancora dei wustel e dei cavoli rapa acquistati a inizio dicembre durante un weekend a Zurigo, a trovare zii e cuginetti. Mi è venuta in mente quella foto. E ho messo Alice al lavoro. Un modo per stare insieme mentre preparavo la cena. Mamma e figlia (ormai sempre più brava, devo ammetterlo).

Ho tagliato i wustel a tocchetti e Alice ha spezzato degli spaghettini e li ha infilati nelle fette: parevano degli oggetti spaziali.

Dal primo esperimento ne sono nati altri (bisogno di dirlo?:-)) con tocchetti di prosciutto cotto tirolese e persino salmone (vedete qui). Il tutto mai semplicemente bollito ma inserito in basi di verdura passata. 

Col wustel, visto il contesto molto "germanico" ho abbinato dei cavoli rapa (in tedesco li chiamano Kohlrabi) acquistati al mercato Viaduckt di Zurigo, posto da segnarsi se siete da quelle parti: direi molto "svizzero" e interessante soprattutto per la location (un vero e proprio viadotto ferroviario) più che per il mercato stesso (ecco niente di paragonabile al Borough di Londra:-).

 

 

La ricetta.

Per smorzare il gusto da rapa ci ho aggiunto metà mela e una patata e ho utilizzato due o tre cucchiai di vellutata per Lea (10 mesi). Ottimo!

Ingredienti (per 3+ un bebè)

3 cavoli rapa

1 patata

1/2 mela

cipollotto

2 wustel tipo wiener o una fetta di prosciutto cotto tirolese (o Praga) tagliato a un cm di altezza

una manciata di spaghettini (circa 50 g)

olio extravergine d’oliva

sale, cumino

 

Procedimento

Pelate il cavolo rapa e la patata, sbucciate la mela. Tagliate tutto a tocchetti, lasciate stufare un cipollotto affettato sottilmente con un cucchiaio di olio extravergine e unite le verdure e la mela. Rabboccate con acqua tiepida e lasciate cuocere lentamente fino a quando risulteranno morbide. Passate al mixer. A questo punto io ho tolto un mestolo per Lea e ho aggiustato il resto con sale e un cucchiaio di cumino. 

Con Alice ho preparato gli spaghetti. Ho tagliato i wustel a tocchetti e li ho fatti saltare in padella per un minuto con un cucchiaio di olio. Li ho quindi ripresi, fatti raffreddare per qualche minuto. Abbiamo spezzato gli spaghettini (lunghezza di circa 3-4 cm) e li abbiamo infilati nei pezzi di wustel. 

Ho fatto cuocere gli spaghetti nella vellutata di rapa e srevite ben calda. 

Streghe, fulmini e scherzetti. Halloween!

Lo confesso, per me di solito Halloween significa zucca, zucca e ancora zucca, magari preparata con un copricapo da streghetta. E al giorno giusto questa giurin giuretta arriverà, anche perché ho un repertorio di zucche da far invidia al miglior banco "verdurifero". Però quest’anno, complice un lavoro per qualcun altro, ci ho provato gusto e ho sfoderato il repertorio di fantasmi, ragnatele e ossa. Divertente e un po’ trash:-) E dato che le ricette si sono accumulate e la notte spaventosa si avvicina (da giorni sono perseguitata da Alice che mi spiega che all’asilo stanno preparandosi per Halloween…), mi pare cosa buona e giusta condividere. Caso mai voleste cimentarvi pure voi. 

Che notte tempestosa sarebbe senza sangue di drago? Pare fortifichi e renda invincibili, consigliato a chi come me è in astinenza di sonno (sì, mi ricorderanno come una che varebbe voluto dormire ma poco potè, poverina:-)).

 

Halloween. Sangue di drago.

Ingredienti

1 cestino di fragole

1 banana

3 arance rosse

 

2 albumi

100 g di zucchero a velo

qualche goccia di succo di limone

caramelle di cioccolato colorate (vedi smarties:-))

 

Procedimento

Montate gli albumi a temperatura ambiente in una terrina a velocità media con due gocce di succo di limone, quando cominciano a gonfiarsi aumentate la velocità, senza smettere di sbattere incorporate lo zucchero a velo. Quando sarà incorporato del tutto, avrete la meringa liscia e brillante: ora prendete della carta da forno e con una sac à poche formate delle piccole meringhe. Cuocete in forno a 90°-100° per un’ora e mezza circa.

Frullate le fragole con la banana e il succo delle arance. Servite il beverone con una meringa decorata con un occhietto colorato.

Halloween. Ovvero la notte degli spiriti.

Fantasmi, fantasmi e ancora fantasmi. La ricetta è adatta pure per Miss Lea, visto che ho sostituito il latte con semplice yogurt bianco. Al posto delle solite patate io ho utilizzato un mix fra quelle tradizionali e quelle americane dolci. 

E ho posizionato i fantasmini su una vellutata di zucca (tanto per cambiare:-))

Per chi amasse il soggetto consiglio i fantasmini anche dell’Halloween che è stato. 

 

Ingredienti

2 patate gialle

1 patata americana

1 cucchiaio di Parmigiano Reggiano
1 cucchiaio di ricotta
2-3 cucchiai di yogurt naturale

1 cucchiaino di olio EVO

una manciata di lenticchie nere o beluga (ma anche quelle tradizionali vanno benissimo!) cotte

aneto, cumino

 

Procedimento

Pelate le patate e cuocetele nel cestello a vapore con una foglia di alloro. Passate le patate allo schiacciapatate e mscolate con la ricotta, il parmigiano e lo yogurt. Profumate eventualmente con un pizzico di aneto. Inserite il composto in una sac à poche e ricavate dei piccoli mucchietti simili a fantasmini da appoggiare su carta da forno. Passate in forno a 175° per 10 minuti. Servite con una vellutata di zucca:-)

 

E nella vellutata cosa volete intingolare? Ossa, ossa e ancora ossa. Ovvio focacciose. Niente ricetta qui, semplicemente munitevi di pasta di pane ben lievitata e formate delle ossa, spennelate con una salamoia di olio, acqua, sale e rosmarino e cuocete in forno!

My hamburger: elogio alla lentezza

Credo sia scritto nei miei geni l’essere costantemente in movimento. Non sono mai riuscita a stare ferma. Ricordo, da piccola, i pomeriggi all’asilo quando la maestra faceva buio nella stanza e si sistemavano le copertine per terra. Era il momento della nanna: ore che mi parevano interminabili e, per me, una vera perdita di tempo. Avrei preferito correre, giocare o colorare. L’irrequietezza mi ha accompagnato negli anni, costante e tenuta a bada con difficoltà. Adoro essere in un aereoporto, le ruote del trolley che vanno veloci e il pensiero di andare. Amo pensare a tre cose contemporaneamente, mentre ascolto Lui che me ne racconta una alla volta. Mi mette euforia ogni nuovo progetto. Ho sempre faticato a rallentare, sedermi e pazientare. La lentezza è sempre stata un abito poco confacente al mio spirito. Questo non significa che non l’apprezzi. Ho praticato yoga per anni per domare la velocità e obbligarmi ad andare lenta. 

Se c’è però un luogo e un momento in cui mi riesce il movimento lento è la cucina. O meglio non il cucinare ma il mangiare. 

Ammetto di non apprezzare il fastfood, perché mi piace scegliere con cura gli ingredienti, sentire e scoprire i sapori e vivere la preparazione. Tutto ciò è diventato ancora più accentuato con l’arrivo di Alice. Con gusti per il momento non proprio da fastfood:-)

Della serie la pizza sì, sì, ma fatta a regola d’arte, possibilmente a casa impastando insieme.  Gli spaghetti sì, sì, ma con pomodorino e cipollotto. 

E l’hamburger sì, ma poco fast. Con Alice ho scoperto tutta una serie di salsine alternative, visto che la pupa non ama maionese&co. 

Sono nate così la gialla, la verde e la bianca. E una serie di versioni di hamburger. Questa di oggi è una ma ce ne sono molte altre:-).

Non capita sempre di fare i panini fatti in casa per accompagnare l’hamburger (soprattutto in questo periodo dove il tempo non avanza mai) però se vi riesce il risultato è molto gustoso! Da mangiare, rigorosamente, con movimento lento!

Per l’hamburger Lui aveva comprato un paio di anni fa un vero aggeggio da professionisti. L’avevo guardato con sufficienza, ammetto di aver sbagliato. Funziona e l’effetto è da hamburger American style. Perfetto sia nella versione carne, sia in quella pesce che in quella veggie. E il colpo secco devo dire che è alquanto liberatorio nelle giornate più difficili.

Per l’hamburger di carne solitamente mi faccio preparare un mix di carne tritata grossa dal macellaio, in questo caso due terzi di manzo e un terzo di tacchino. 

Mescolo con un paio di cucchiai di albume, cipollotto affettato finissimo, pizzico di sale e qualche goccia di salsa Worcester. 

Per le salse invece schiero yogurt greco, avocado, mais e una patata bollita. Perfette per intingolare e accompagnare i panini. Le preferite di Alice? salsa allo yogurt e guacamole rivisitata.

Le ricette. I Panini.

piesse: io ho fatto un esprimento aromatizzando con semi di anice, cumino e finocchio. Buonooo!

Ingredienti

300 g di farina manitoba

200 g di farina ai cereali mista

300 ml di latte

1 uovo e 1 tuorlo

40 g di burro

1 cucchiaino di zucchero

1 cucchiaio di sale

sesamo

1 panetto di lievito di birra fresco o una bustina 

semi di cumino, finocchio e anice

 

Procedimento

Sciogliere il lievito in poco latte tiepido con l’aggiunta di un cucchiaino di zucchero.

Stemperare insieme le due farine, unire il burro, il sale e amalgamare. Aggiungere il lievito e l’uovo, impastare aggiungendo il latte. Dovete ottnere un impasto mobido ma compatto. Lasciate lievitare per un’oretta. Riprendete quindi, formate tanti piccoli panetti da posizionare su carta da forno. 

Rimettete a lievitare per un’altra ora. 

Spennellate la superficie con del tuorlo sbattutto con un cucchiaio di latte, cospargete di semi di sesamo e cuocete in forno a 200° per i primi dieci minuti, quindi abbassate a 185° per altri 10-15 minuti.

 

L’hamburger.

Ingredienti (per 3-4)

300 g di carne trita di manzo

100 g di carne trita di tacchino

1 albume scarso

fettine di cipollotto

pizzico di sale

(eventuale salsa Worcester)

Procedimento

Mescolate insieme le due carni insieme all’albume e al cipollotto. Aggiustate di sale. Formate gli hambuerg con le mani oppoure riempite l’apposito aggeggio con l’impasto di carne. Schacciate per bene e ricavate l’hamburger. Riscaldate una piastra unta con poco olio. Quando è rovente mettete l’hambuger, lasciate andare per qualche minuto, quindi girate e grigliate dall’altra parte. Finite di cuocere spostando l’hamburger sui lati della piastra, dove è meno rovente.

 

Le salse.

Ingredienti

1 avocado

una scatola di mais dolce

2 barattoli di yogurt greco

succo di lime

olio EVO

1 patata bollita e schiacciata

pizzico di sale

coriandolo

 

Procedimento

Mescolate lo yogurt con un cucchiaio di olio, qualche goccia di lime e un pizzico di sale.

Pulite l’avocado, schiacciatelo a forchetta oppure frullate delicatamente con un cucchiaio di olio, un paio di cucchiaini di lime, un pizzico di sale. Unite qualche foglia di coriandolo.

Frullate il mais con la patata, lasciando da parte qualche chicco. Aggiungete lo yogurt, un pizzico di sale e un pizzico di curry dolce. Servite con qualche chicco intero.

 

E ora? Via col panino!