La vellutata di zucca e le sue varianti

E’ senza dubbio tra le due o tre verdure autunno/inverno che preferisco. Questo significa di conseguenza che la cucino o la uso come ingrediente una volta su tre e che i miei conquilini (Lui, la pupa e la Miss piccola) se la trovano nel piatto con maggior frequenza rispetto a tutta la collezione verdurifera di stagione. 

Come mai? Perché ha un colore che riconcilia l’umore, una consistenza e sapore morbidi e confortanti come devono essere i cibi in questo periodo. Ha la capacità di riconciliarmi con il grigio, il freddo e la fatica di fine giornata.

Definitivamente, amo la zucca. E quest’anno, complice lo svezzamento di Lea, ho un repertorio da invidia.

All’inizio sono arrivate le zucche dal Veneto. Verdi di scorza, sapore dolce e colore deciso. E’ una tradizione che non manca mai, grazie al nonno.

Poi la sottoscritta si è messa in mente di rintracciare le zucche hokkaido, colore arancione "Halloween" e vago retrogusto di castagna. Dopo assidua ricerca, del tutto infruttuosa, sono state rintracciate presso un’azienda agricola di zona. Che me le ha procurate:-).

La provvidenza però conosce vie infinite. E la serie si è allungata, merito della cognata a Zurigo che ha sfoderato un repertorio infinito. Foto al super e ordine deciso in un battibaleno. Consegna di pochi giorni fa durante un rientro nel weekend di zii e cuginetti. E’ stato così che ho scoperto la Biomandarin (che ci sta in una mano) e la zucca di Halloween (da mangiare e non solo ornamentale). 

Di queste ultime due, in quanto a sapore vi dirò, per il momento ho dato fondo alla scorta di hokkaido (5 acquistate 5 finite, con brodi per Lea a volontà:-)).

La zucca è difatti perfetta per le prime pappe da svezzamento, soprattutto se si comincia da autunno (e la zucca è nel suo splendido splendore), la bocuccia fatica a passare dal latte al cucchiaino (il suo spaore dolce vince i più ostinati) e l’intestino è di quelli pigri.

E dato che la zucca la amo in mille modi (dal risotto alla pasta alla torta al soufflè) ma l’uso che al momento gestisco con più facilità è quello fast di una vellutata la ricetta è di conseguenza. Con una piccola variante da servire al cucchiaio (o cucchiaino). L’interpretazione è corale, nel senso che qui ce n’è per Lea, per Alice e pure per la sottoscritta e Lui.

La base per tutte e tre le vellutate è identica: zucca hokkaido a pezzi cotta la vapore con due patate gialle e una americana, aromatizzando l’acqua con un paio di foglie di alloro. 

La pappa di lea: 50 g di zucca, 25 g di patate e un mestolo di brodo (ho usato l’acqua di cottura a vapore). Frullato tutto e mescolato della farina di riso. Ho mantecato con un cucchiaio di olio, un cucchiaino di crescenza fresca e una spolverata di parmigiano Reggiano.

 

E per noi ed Alice? Ho fatto stufare del cipollotto affettato sottilmente con un cucchiaio di olio, ho aggiunto la zucca e le patate, mescolato e aggiunto il brodo. Ho frullato tutto, aggiustando di sale e aggiungendo qualche cucchiaio di latte (o panna fresca, io ho messa quest’ultima). 

Quindi ho preparato le polpette di polenta di mais (a dire il vero con avanzi della sera prima, fatta per il brasato). 

Ho mescolato circa 200 g di polenta cotta fredda con due cucchiai di farina, un uovo e 1 tuorlo, un paio di cucchiai di latte, due cucchiai di parmigiano e 100 g di latteria semistagionato (potete sostituire con altro formaggio, consiglio però un pochetto saporito) e della salvia sminuzzata. 

Dovete ottenere un composto dal quale poter ottenere delle polpette. Ho passato quelle di Alice in pangrattato e sesamo, le nostre invece in un mix di pangrattato e paprika. 

Parte delle polpette sono state cotte la forno altre fritte, giusto per capire cosa funzionava meglio:-) (uhm, personalmente ho preferito quelle fritte:-)).

 

Ovviamente la ricetta è perfetta per la prossima notte di spiriti e streghette. Buon Halloween:-)

 

 

Il nostro omogeneizzato fatto in casa e quello che rimane

Non ho ancora trovato il ritmo. Forse perchè ho poca pazienza, mi piace correre e non ho imparato a camminare. Al passo delle mie figlie.  Spesso mi perdo nei farò, dovrò e sarò e non vedo il momento. Eppure con Lea credo di esserne consapevole come non mai. Di come ti sorrida per poi subito fuggire. Vorrei essere capace di fermarmi e vivere più lentamente.  Come quando prepari la frutta da conservare. Giri, giri e ascolti il borbottio sul fuoco. La casa tace e ti godi la pupa che dorme. Il suo profumo, di latte. L’abbandono totale. L’impasto di frolla che accoglierà chi arriva. Felice quasi per nulla. 

Mettere in fila i vasetti, lavarli per bene, cuocere la frutta, riempire e rifare bollire ha avuto su di me un effetto confortante. 

Perché ho conservato un piccolo pezzetto di estate per Lea, da gustare in pieno autunno e mi sono concentrata su operazioni semplice mentre la mente scivolava altrove.

Ho usato pere coscia, dolci e tenere, pere cotogne (scovate sull’isola) e prugne settembrine.

Queste ultime si sono rivelate un po’ asprine in cottura: ho aggiunto allora un tocchetto di banana per addolcire insieme a un cucchiaio di succo di mela 100%.

Gli omogeneizzati di Lea sono nati così, un pomeriggio che sa di marmellata nell’aria, di sole tiepido e foglie che si staccano. 

Ho pensato ad Alice, a questi mesi in cui tanto è cambiato, al suo sorriso quando arrivo trafelata sulla porta dell’asilo, alla mia fatica di esserci come prima, di rispettare i nostri piccoli riti che lei adora. A lei che ora ha quasi gli anni che stanno su una mano.

 

Ho deciso di impastare. Una frolla veloce e leggera, a base di farina 00 e farina di riso, farcita con la mousse di frutta cucinata per Lea. Una manciata di cuoricini di lillà per conquistarla.

 

Gli omogeneizzati. E’ molto semplice farli, la frutta cuoce praticamente da sola. E se avete a disposizione le pere o mele del nonno o scovate dal contadino è un ottimo modo per proporre una merenda veloce al bebè di casa (che non sia la frutta grattugiata:-)). Ammetto di contemplare molto soddisfatta i vasetti nella dispensa.

Come si fa? Procuratevi dei vasetti mignon (giusto per massimo un paio di porzioni) con coperchi non usurati. Lavate e bollite i vasetti in acqua per sterilizzarli. 

Nel frattempo la frutta. 

Ho sciacquato semplicemente le prugne ed eliminato solo il nocciolo. Le ho messe a cuocere in una pentola dal fondo spesso tagliate a metà con un cucchiaio di succo di mela e una banana aggiunta a metà cottura (dopo l’assaggio). 

Quando hanno cominciato a sfaldarsi le ho ritirate dal fuoco e passate al passaverdura, eliminando così la buccia esterna. Ho rimesso sul fuoco per addensare ancora un po’ per una manciata di minuti e ho quindi riempito i vasetti. Chiuso ermeticamente e fatto ribollire in acqua per 30 minuti.

 

Stesso procedimento per le pere, ho solo aggiunto un micro pezzettino di stecca di vaniglia in cottura, poi eliminata.

La crostatina di Alice con l’omogeneizzato di Lea.

Ho impastato 200 g di farina 00, 100 g di farina di riso  e un pizzico di bicarbonato con 120 g di burro, ottenendo un impasto a piccoli grumi. Ho quindi unito lo zucchero, poi due uova e un tuorlo e della scorzetta di limone. 

Ho messo la palla a riposare in frigo per 30 minuti. Ho ripreso, steso, rivestendo delle piccole tartellette, bucherellato il fondo e riempito con la mousse di pera. Con l’impasto avanzato ho ricavato delle losanghe con le quali decorare la crostata. Nei buchi centrali ho aggiutno della mousse di prugna e infornato a 175° per 20-25 minuti.

 

piesse: mi fa piacere segnalarvi un’iniziativa di Unicef in collaborazione con P&G, il viaggio in Camerum di Claudia Porta, aka La casa nella prateria. Perché, anche se sono convinta che difficilmente qualcosa possa realmente cambiare, credo fermamente che questa non sia una scusa per non fare nulla. Perché in Africa mi sento, ogni volta che ci ritorno, come se fosse un po’ casa.  

 

ripiesse: a breve partirà su www.nostrofiglio.it (che ospita al momento una rubrica di ricette de Il Cucchiaino) una rubrica mia (e di Lea!) dedicata allo svezzamento. Solo per dire, seguiteci anche lì se siete anche voi alle prese con le prime pappe:-) 

La prima pappa di Lea

E’ stata una settimana di nuovi inizi che, però, assomigliano al passato. La cosa sorprendetemente buffa? Pensare di avere poco o nulla di nuovo da scoprire e invece ritrovarsi emozianata, sentirsi inadeguata e pasticciona con mille domande al seguito, e il costante pensiero "ma mica me lo ricordavo, era così o forse no?". 

Con Miss Lea sono cominciati i riti, le piccole abitudini che ora so vanno accarezzate e conservate perché fuggono fin troppo in fretta. 

Pappa compresa. Con tanti cucchiaini schierati tra i quali il suo, l’ultimo arrivato che imparerà a riconoscere, proprio come è stato per Alice. 

I primi assaggi, a dire il vero, ci sono stati qua e là durante le ultime settimane di vacanza. Qualche cucchiaino di acqua da bere (che qui il bibe proprio no, lol!), una prugna del mercato con la quale impastricciarsi tutta la faccia, il tocchetto di pane da ciucciare con noi a tavola. 

Perché Lea ci osservava curiosa, impaziente di afferrare e assaporare. E accompagnarla in questo suo viaggio di scoperta è fantastico. 

Non so ancora che cosa le piacerà, cosa detesterà, se amerà melone e yogurt e carote come Alice, se sarà come noi un’adepta del cioccolato fondente con un’antipatia costante per quello al latte, se amerà impastare e mangiucchiare uva fragola e lamponi.

So che sarà lei a dettare i suoi tempi, a me il compito di aiutarla nella scoperta con ingredienti che parlano dell’estate che sta finendo, dei colori dell’autunno o confortano ai primi freddi dell’inverno. Basta raccontare, mostrare e creare nel piatto. Mamma e figlia insieme. 

In questi giorni di fine estate hanno ricominciato a bollire sul fuoco le verdure, in brodi profumati dove carote, zucca o patate quasi si sfaldano. 

E’ tornato il seggiolone (non quello della foto, che ha più di mezzo secolo alle spalle, essendo della nonna delle pupe:-)) che ormai era stato dimenticato, ed è diventato già una presenza fissa e riconoscibile. Sono tornate le mille bavaglie, le stoviglie e la gioia di assietere a questo spettacolo meraviglioso. 

Lea ha scelto per la sua prima pappa zucca, una foglia di lattuga, zucchina, patata, farina di riso e un cucchiaino di olio EVO. Un po’ d’estate, un po’ d’inverno nel piatto. Una pappa di inizio svezzamento che parla di settembre.

Come si fa? Scegliete verdure bio se possibile, lavate per bene, pelate la patata e bollite in acqua abbondante per una buona ora e anche più. Mescolate 40 g di farina di riso con un mestolo di brodo (aiutatevi con una piccola frusta per evitare i grumi), unitevi un cucchiaino di olio a crudo e servite.

Una scodella di brodo è stata conservata in frigo per la pappa del giorno dopo, il resto debitamente congelato in mini barattolini per i giorni in cui andiamo di fretta.

Per i primi assaggi io ho evitato Parmigiano Reggiano (introdotto solo oggi) e ho lasciato da parte le verdure.

Queste ultime sono state usate in svariati modi, vedi sotto.

1) Mangiucchiate con soddisfazione dalla sorella (che ha persino chiesto se poteva assaggiare la pappa rimasta nel piatto:-))

2) Per un tortino al forno, aggiungendo uova, formaggio e prosciutto cotto (preparato, sempre con grande soddisfazione, da Alice) 

3) Per una frittata diversa dal solito, alla quale oltre alle uova è stata unita una scodella di quinoa cotta

4) Per una pastina risottata (yummi, che buona!)

5) Per la ricetta che devo fotografare domani con Miss Cia:-))

 

 

 

 

 

Frutta da spalmare, omogenizzare e intingolare

Sono settimane in cui la cucina è ridotta all’essenziale, se non fosse per rare escursioni, giusto per lavoro e non dimenticare l’a,b,c.  Certo è che, con Alice a casa, ci concediamo colazioni lunghissime. E uno degli ultimi esperimenti, tanto geniale quanto di una semplicità stupidissima è quello per lo smaltimento della frutta. Che compro, in questa stagione, in quantità alle quali ci è poi difficile stare dietro. E allora via con l’omogenizzazione spalmabile o quasi.

Nel senso che ho unito quanto facevo nei primi mesi di svezzamento della pupa a una sorta di marmellata di rapida cottura. 

Avete mai provato a preparare l’omogenizzato alla frutta homemade? Io lo facevo cuocendo la frutta, con giusto un cucchiaio di succo di mela 100% per addolcire, frullando (sì usavo il solito Mr Aid, ma se siete in possesso di un’omogenizzatore ancora meglio perché dovrebbe evitare la formazione di aria e quindi le possibile coliche, anche se al settimo mese ormai dovrebbero essere un ricordo) e, se fatti in grosse quantità, riempiendo vasetti che congelavo o facevo bollire sottovuoto (mi raccomando chiusura superermetica!). 

L’idea della frutta cotta, frullata e spalmata di questi giorni è la stessa. Cambia un pochino il contenuto: in cottura ci aggiungo zucchero o miele agli agrumi, in qualche caso aromatizzo con vaniglia o cannella, e lascio cuocere un po’ di più rispetto all’omogenizzato, in maniera da far addensare. 

Nel caso delle prugne, visto che ne avevamo in quantità (ossia troppe:-)), con Alice abbiamo riempito pure un vasetto per l’intera settimana. In questo caso ho sterilizzato in acqua bollente e pentola alta il vasetto, più per precauzione considerato che la nostra mousse marmellatosa è durata qualche giorno ed è stata conservata in frigo. 

Infine lo spiedino. Bene, abbiamo pensato alla merenda e per farla diversa dal solito, la frutta l’abbiamo infilata su stecco e intingolata nel succo di mela che abbiamo comprato qualche settimana fa in Alto Adige. 

La ricetta? Uhm, ormai già detta, considerato che è fatta di nulla o poco più. Pulite la frutta che più vi aggrada, tagliate a pezzi e cuocete lentamente (con zucchero o miele dopo l’anno) a pentola coperta. La frutta si sfalderà e diventerà polpa, lasciate addensare. Quindi frullate ed eventualmente passate al setaccio se dovete eliminare semi o altro (ad esempio se avete utilizzato lamponi o uva…).  Quindi iniziate a spalmare. Semplice, no? 
 
 

 

Questione di gusti. Facciamolo con la yogurtiera:-)

E’ arrivata in tutta la sua beltà "pure white" dotata dell’equipaggiamento occorrente a sfamare noi tre per almeno un paio di giorni. Fosse stato per me non sarebbe mai approdata in cucina, perché fare lo yogurt a casa non è mai stato nella mia lista di "questo lo devo a-s-s-o-l-u-t-a-m-e-n-t-e fare". E ho  da tempo identificato un paio di vasetti che ci piacciono e fanno il loro compito con grande facilità. Lei è arrivata grazie a Mr B., in un giorno in cui si aggirava fra le corsie del supermercato (e questo capita insieme credo tipo 4-5 volte l’anno, vacanza escluse). Ed è scattata la proposta: "La prendiamo con noi?". Strano per la sottoscritta, che alla voce acquisti registra di solito sorriso immediato, ho cercato di farlo desistere. Poi ho capitolato e lei è entrata in cucina. Voto? Ci sto ancora ragionando.

Di tutta la faccenda l’aspetto più interessante è nell’elaborazione dello yogurt base in gusti diversi, almeno per me che ci metterei in ogni vasetto un tipo differente. Hai il vantaggio di poter unire frutta cotta o a crudo, oppure di aggiungere cereali o vaniglia o cannella e persino i pezzetti di cioccolato (avanzati dalle uova di Pasqua, lol!) o il caffè (per Lui che ama ‘sta divagazione e io non capisco perché). E di far pasticciare la pupa nella creazione.

Nella realtà basta armarsi di un buon latte di base (meglio intero e fresco), di una vasetto di yogurt naturale  altrettanto buono (noi abbiamo provato sia con quello naturale bio sia con quello greco) o in alternativa di una bustina di fermenti lattici e lasciare che la Miss lavori una notte intera al calduccio.

Il risultato? Non abbiamo ancora ottenuto lo stesso yogurt ogni volta, nel senso di sapore: una volta tende all’acidino ed è quasi da bere, la volta dopo è perfetto, come piace ad Alice, acido ma non troppo, omogeneo e non liquido.

 

Last but not least l’investimento è minimo, nel senso che con poco Mr B. si è portato a casa la Miss che dovrebbe poi ripagare nel breve termine (ma queste parti prosaiche non è che facciano proprio per me:-)). 
piesse: quella sotto è una pupa non quel coniglio bianco bianco che andava sempre di fretta:-)

ripiesse: come lo fate? velocissimamente: 1 litro di latte fresco intero, 1 vasetto di yogurt naturale (o 1 bustina di fermenti lattici), + possibili divagazioni (da frutta cotta a muesli a confettura ad aggiunte di miele o sciroppo d’acero). L’età? Dai 7 mesi per lo yogurt base, divagazioni secondo calendario.

 

 

E’ primavera. Svegliatevi … panini!

E’ facile innamorarsi della primavera. C’è una sorta di ebbrezza come se veramente tutto fosse pronto a vivere, rinascere, come se tutta questa vita potesse sconfiggere con un soffio la morte accanto. E’ lo stesso che provi guardando un bambino che ti corre intorno, tanto più se è il tuo: non ti senti più come quel pesce nella boccia, confinato, limitato, ma con un piede nel futuro, anche quello che non conoscerai.

Credo sia per questo che per me la primavera è una festa, uno di quei giorni dell’anno che mi appunto nella mente. E anche io, stamattina, avrei gridato come quella bimba che ho sentito fino in casa: "E’ primavera, oggi!". Per festeggiare ho preso i vasi e ci ho fatto il pane.

Dopotutto marzo è il mese dei pazzerelli e io un po’ pazza lo sono sempre stata.

La genesi. Ossia come è nata l’idea.

Bene, di sana pianta per la pupa durante uno dei lunghi tragitti sudafricani alla richiesta "Mamma, mi racconti una storia". (e io ho il vizio stramaledetto di inventare tutto al momento e poi di inguaiarmi in giri stranissimi:-))

C’era un vaso di terracotta che avrebbe tanto voluto essere colorato, la Primavera lo accontentò. Soffiò sui fiori, sparse i semi e il vaso si colorò di violetto, rosso e giallo. E da quel dì fu felice perché anche se arrivava l’inverno lui sapeva che sarebbe rinato, di nuovo il 21 a primavera.

Dal vaso colorato al vaso paninaro il passo è stato brevissimo ( e mi sono appassionata al genere, quindi preparatevi:-))

 

I vasi di terracotta. Ovvero se un Cucchiaino va al vivaio.

"Buongiorno, cerco dei vasi, di varie misure, preferibilmente mini". Cucchiaino speranzoso.

"Guardi là ne abbiamo di due tipi, perfetti per le semine di primavera".

"Uhm, beh io dovrei infornarli. Sa giusto un po’ di impasto di pane, 200° non ventilato…". Cucchiaino imbarazzato.

"Deve essere il periodo, fa brutti scherzi…". Vivaista senza pietà.

"Lei non sa quindi se posso osare i 200°?". Cucchiaino ostinato.

"Il prossimo, prego". Vivaista liquidatore.

 

Il consiglio.  Segna il posto a tavola.

Questa l’ho pensata una volta che ho ammirato i vasetti panettosi: perché non prepararne porzioni monodose con tanto di nome per i prossimi pic-nic o cene in terrazza o aperitivi o feste o quello che volete voi?

Per la pupa e…

… Mr B e la sottoscritta.

 

E oggi 21 di primavera mi pare giusto festeggiare, benché di primavera qui attorno pare esserne rimasta ben poca. Eppure la magia di questi panini, il profumo per casa, la gioia di sbocconcellare partendo dalla cima mi hanno trasmesso una gioia che ha il sapore delle cose lontane dell’infanzia. 

Buona primavera a tutti!

 

piesse: nel mio procedimento ho preparato il lievitino alla sera, giusto per non dovermi preoccupare di seguire più lievitazioni il giorno dopo. Naturalmente potete anche decidere di cominciare dal mattino e arrivare all’"infornamento" a metà pomeriggio.

piesse 2.: ho abbinato alla farina manitoba farina al kamut, ecco potete ovviamente sostituire con farina 00.

Formato? Dai 9 ma anche prima per piccoli morsi di assaggio!

 

Ingredienti

300 gr di farina manitoba

150 gr di farina di kamut

12 gr di lievito di birra fresco (circa mezzo panetto)

1 cucchiaino di zucchero

sale

circa 150-200 ml di acqua (potete in parte sostituirla con un paio di cucchiai di latte, ricordate solo dopo i 12 mesi)

1 cucchiaio di parmigiano e 1 cucchiaino di pecorino

punte di asparagi

fave scottate in acqua
olio

 

Procedimento

Sciogliete circa 7 gr di lievito di birra in una tazzina di acqua tiepida con un cucchiaino di zucchero, lasciate riposare per qualche minuto, quindi mescolate insieme a 100 gr di farina manitoba e un paio di cucchiai di acqua tiepida. Mettete a lievitare per diverse ore, anche l’intera notte (in luogo fresco). Riprendete la palla lievitata, sciogliete il resto del lievito in acqua tiepida con mezzo cucchiaino di zucchero, fate fermentare per qualche minuto, quindi impastate con il resto della farina. Aggiungete dell’acqua tiepida (dove avrete fatto sciogliere un cucchiaino di sale) e il parmigiano, fate impastare nella planetaria fino a quando l’impasto si compatta intorno al gancio. Rimettete a lievitare in luogo caldo (ad esempio il forno a 35°) per due ore. 

Infarinate i vasetti di terracotta, prendete l’impasto lievitato e ricavate delle piccole porzioni tonde. Posizionate l’impasto nei vasi: cercate di appoggiare la palla occupando metà vaso (in lievitazione e cottura occuperà tutto lo spazio a disposizione). Nella parte alta mettete delle fave, al centro un gambo con la punta di asparago (che poi coprirete con carta domopack, in maniera che non bruci). Spennellate con poco olio d’oliva mescolate ad un cucchiaino di latte e lasciate lievitare al calduccio per un’altra oretta.

Riscaldate il forno a 200°, spennellate nuovamente il pane di olio e latte se si è asciugato e fate cuocere per 25-30 minuti circa.

N.B. I vasi sono da riutilizzare, indi per qui pulite con pazienza rigorosamente a mano (no, la lavastoviglie proprio no) e senza detersivo!